La beffa del ‘Madoff di Bolzano’: le illusioni sono l’unico prodotto che la banca distribuisce

  • Postato il 13 settembre 2025
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C’è un’immagine che rende bene la situazione: i clienti pensavano di depositare i soldi in una cassaforte blindata e invece li hanno messi in un salvadanaio di terracotta, di quelli che si spaccano con un colpo di cucchiaino. Solo che qui non si parla di spiccioli, ma di milioni spariti con la grazia di un prestigiatore da baraccone.

Il protagonista è il consulente finanziario Moreno Riello, ribattezzato con poca fantasia “il Madoff di Bolzano”. Solito schema: prometteva rendimenti, fiducia, stabilità. Ha offerto invece quello che la banca, la seconda banca del sistema per capitalizzazione, sembra specializzata nel distribuire: illusioni. Dal 2015 al 2022 ha messo in scena la solita pièce teatrale, clienti convinti di firmare investimenti solidi e in realtà imboccati in un vicolo cieco senza uscita.

Ora, mentre i risparmiatori piangono e la Procura conta i danni, l’unica certezza è che non si capisce ancora l’entità della voragine. Si parla di milioni, forse decine, forse di più. Una truffa talmente sofisticata che persino chi dovrebbe avere sotto mano i conti, i controlli, i report e le certificazioni non riesce a quantificare. O meglio, riesce a quantificare benissimo i bonus dei manager, ma quando si tratta di calcolare il buco in bilancio improvvisamente la calcolatrice smette di funzionare.

E così assistiamo all’ennesima rappresentazione tragicomica. La banca dichiara di essere parte lesa, come se fosse la casalinga di Voghera che ha comprato una pentola difettosa al mercato. Gli organi di vigilanza annunciano i soliti accertamenti, una formula che in Italia significa solo che passeranno mesi e anni senza che nulla cambi. I clienti, ovviamente, restano con in mano estratti conto che valgono meno di un gratta e vinci già raschiato.

La cosa più comica, se non fosse drammatica, è che ci troviamo davanti alla terza banca europea, quella che dovrebbe rappresentare il modello di solidità del sistema, e invece si comporta come un bagnino distratto che lascia annegare i clienti in mare aperto salvo poi presentarsi ai funerali con l’aria contrita. Nel frattempo la comunicazione ufficiale si affanna a minimizzare: “Abbiamo sporto querela, la banca è vittima”. Tradotto, non preoccupatevi, non è colpa nostra, i soldi se li è presi un altro. Peccato che l’altro fosse dentro casa loro, accreditato, stipendiato, con timbro e badge, e che i clienti abbiano firmato contratti protocollati dall’istituto stesso.

Il problema vero è che se questo colosso non è in grado di controllare un proprio consulente interno per nove anni consecutivi, allora cosa rimane ai risparmiatori? Nulla, se non l’ennesima dimostrazione che la retorica della fiducia nel sistema è la più grande fake news degli ultimi decenni. La verità, amara e ridicola, è che per le banche il cittadino va radiografato fino al codice fiscale del nonno prima di concedere un prestito da cinquemila euro, ma quando si tratta di miliardi che ballano gli stessi istituti si trasformano in ciechi volontari. La scusa è sempre pronta: non sapevamo, non potevamo immaginare, siamo parte lesa. Una litania che ormai fa concorrenza alle giaculatorie in chiesa.

E intanto i clienti, quelli che credevano di essere al sicuro affidandosi alla cassaforte del sistema, si ritrovano cornuti e mazziati: soldi spariti, tempi lunghi della giustizia, zero garanzie di recupero. Con una sola certezza: che la prossima volta che entreranno in filiale riceveranno un nuovo sorriso, un nuovo prodotto finanziario e la rassicurazione che questa volta andrà tutto bene.

Ecco la grande truffa della fiducia, il vero prodotto che la banca vende ogni giorno. Si compra a caro prezzo, si perde in un attimo e non è rimborsabile. È un titolo tossico travestito da virtù. Una frode più sottile di Riello e più devastante delle sue firme false: quella per cui le banche continuano a non rispondere mai di nulla e a presentarsi come vittime perfino quando la pistola fumante l’hanno in mano loro. E non venitemi a dire che è un caso isolato. Da sette anni su queste pagine denuncio le stesse dinamiche, gli stessi paradossi, le stesse ipocrisie di un sistema che pretende di controllare tutto del correntista e niente dei propri banchieri. Talvolta mi si dice che esagero, che generalizzo, che non bisogna creare allarmismo. Ma quando il sipario cala e scopriamo l’ennesima voragine, allora si capisce che non era allarmismo: era semplice cronaca in anticipo.

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Il Fatto Quotidiano

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