La crisi terminale dell’Occidente comporterà la fine dello Stato di diritto?
- Postato il 24 ottobre 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
Lo Stato di diritto è in crisi acuta in tutto l’Occidente, che a lungo si è arrogato di esserne il principale, se non unico, promotore e difensore. Avanzano due modelli che nulla hanno a che fare con la rule of law, quello statunitense-trumpiano e quello genocida israeliano. Ma anche l’Europa fa la sua parte in questa distruzione della legalità, come dimostrato dal ruolo crescente delle lobby corruttrici, si tratti di armamenti, medicinali o altro, che fanno il bello e cattivo tempo a Bruxelles e dintorni, per non parlare dei servizi Nato e nazionali che fomentano con notizie false il clima da guerra in arrivo.
Il controllo totalitario sui media è indubbiamente un obiettivo primario per chi vuole mantenere il popolo bue nella sua condizione di ignoranza e crescente instupidimento. Anche in questo campo il metodo made in Tel Aviv dell’eliminazione fisica dei giornalisti scomodi sta facendo scuola, come dimostrato dall’attentato terroristico che ha colpito Sigfrido Ranucci. Ma ci sono metodi meno cruenti che comportano lo svilimento del diritto all’informazione, dalla concentrazione della proprietà nelle adunche mani di capitalisti dei settori più disparati, dall’immobiliare all’ospedaliero, al controllo sui social, alle multe o querele milionarie contro chi osa dire la verità.
L’altro terreno di importanza fondamentale nel quale si scatena l’offensiva dei fascisti del terzo millennio è il tentativo di neutralizzare l’indipendenza della magistratura, che in Italia, almeno dai tempi di Licio Gelli in poi, costituisce un obiettivo fondamentale dello schieramento reazionario e oggi trova il suo alfiere nel ministro Nordio, sostenuto a spada tratta dal governo delle destre e discretamente appoggiato anche dalla cosiddetta area centrista che spinge le sue propaggini ben dentro il Partito democratico.
Il referendum costituzionale che si svolgerà sulla cosiddetta separazione delle carriere, forse nella prossima primavera, costituirà l’occasione per una battaglia decisiva tra chi vuole che i giudici indipendenti continuino a costituire un baluardo insormontabile della legalità costituzionale e chi li vorrebbe invece trasformare in ossequienti e servili barboncini o chihuahua dei governi e delle classi dominanti più in generale.
Ancora qualcuno stenta a capirlo, ma la posta in gioco è di cruciale importanza perché riguarda il modello di società che si vuole attuare. O meglio, la scelta è fra chi vorrebbe consolidare definitivamente l’attuale sistema basato sullo sfruttamento del lavoro, salariato o meno, la precarizzazione, l’impoverimento ed emarginazione di settori crescenti della società, gli omicidi sul lavoro, l’evasione fiscale, la corruzione e in genere l’arbitro, anche di natura criminale, dei padroni, la guerra e il genocidio. e chi invece non si rassegna a questo ingiusto scempio. Rinvio in merito alle pregevoli riflessioni di Scarpinato ed altri.
È quindi assolutamente necessario che le organizzazioni dei lavoratori, e in special modo quelle che come Usb, Cgil e Cobas sono state protagoniste del recente sciopero generale unitario del 3 ottobre in appoggio alle Flotille e contro il genocidio, si schierino con decisione ed efficacia per il no alla separazione delle carriere che costituisce l’anticamera dell’asservimento dei giudici a lorsignori.
Tale asservimento rappresenterebbe a sua volta il seppellimento della Costituzione italiana nella congerie di leggi e leggine volte a sopprimere ogni genere di diritti, da quella scandalosa sull’irresponsabilità delle aziende a capo delle filiere dell’abbigliamento, al decreto cosiddetto insicurezza, a quella che vorrebbe reprimere l’”antisemitismo” nel senso gasparriano del termine, che equipara indebitamente al noto e deleterio fenomeno dell’odio contro gli ebrei ogni radicale legittima critica del regime israeliano fondato su apartheid e genocidio.
Come Giuristi e Avvocati per la Palestina siamo dovuti ricorrere alla Corte penale internazionale perché la Procura di Roma aveva deciso di archiviare la nostra denuncia nei confronti di autorevoli membri del governo Meloni e del complesso militare-industriale italiano per complicità nel genocidio del popolo palestinese. Un segnale certamente negativo, questa archiviazione, per un Paese che si fregia, a volte in modo abusivo, del titolo nientemeno che di “culla del diritto”. L’ossequio nei confronti dei potenti e l’affermazione di una loro sfera di impunità costituisce oggi uno dei principali ostacoli all’attuazione del progetto di società configurato dal testo costituzionale che il governo Meloni sta picconando senza vergogna ogni giorno colle parole e coi fatti.
Difendere l’indipendenza dei giudici è oggi indispensabile per garantire l’esercizio dei diritti fondamentali e intangibili che ci garantiscono la stessa Costituzione repubblicana e l’ordinamento internazionale. Occorre lo capiscano fino in fondo gli italiani e le italiane ancora non narcotizzati dai media asserviti ovvero piombati nell’abisso dello sconforto individuale e impotente.
L'articolo La crisi terminale dell’Occidente comporterà la fine dello Stato di diritto? proviene da Il Fatto Quotidiano.