La tecnologia ripaga la scienza: così la ricerca in Ai potrà aiutare a capire la mente umana
- Postato il 28 aprile 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
Negli ultimi decenni, spesso i ricercatori hanno analizzato caratteristiche umane per simularle in sistemi artificiali, ma poi il favore è stato restituito: ricerche condotte in ambito ingegneristico hanno consentito progressi in fisiologia e in medicina. Presento qualche campione di questo fenomeno e mi interrogo sulla possibilità che anche la recente esplosione della cosiddetta Intelligenza Artificiale Generativa possa svelarci qualcosa su di noi.
Il primo esempio di questo scambio, a me noto, risale al 1960 [1]. I Bell Laboratories erano interessati a riprodurre in una macchina la stereoscopia, cioè la capacità di valutare la profondità a partire dalla coppia di immagini percepita dagli occhi. La domanda, quasi filosofica, era: servono tratti distintivi nella scena (angoli, colori, ecc.) o i dati si organizzano “dal basso”? Per dimostrare che la seconda opzione era giusta, il loro ricercatore Béla Julesz ebbe un’idea: prese un quadrato di puntini bianchi e neri distribuiti a caso; poi ne fece una copia uguale, tranne che per un quadratino centrale, che spostò di lato (vedi la figura). A prima vista, io non vedo la differenza, ma se li metto in uno stereoscopio (uno strumento per vedere in rilievo a partire da coppie di foto), o anche solo incrociando gli occhi, all’improvviso il quadratino centrale balza fuori di netto. La visione artificiale trasse vantaggio dall’esperimento, ma soprattutto si scoprì un aspetto essenziale della visione umana.
Senza una controparte artificiale, come verrebbe in mente di studiare modelli matematici sofisticati per la visione? È questo il caso di un modello algebrico-informatico per la codifica delle immagini nel cervello dei mammiferi [2]. In un altro lavoro, due studiosi bolognesi ipotizzano una particolare struttura matematica nella corteccia visiva, per giustificare la facilità e immediatezza con cui ricostruiamo oggetti parzialmente nascosti alla vista [3]. In entrambi i casi, la simulazione in sistemi artificiali è una convalida indiretta delle loro intuizioni.
Così come la visione è molto più che ricevere fotoni, anche l’udito umano è molto più che ricevere dei suoni: c’è un evoluto sistema di interpretazione in entrambi i casi. Per l’udito, questo pone dei limiti alla comprensione del parlato da parte di una macchina, ma anche all’efficacia degli impianti acustici. In [4], gli autori hanno progettato una “rete neurale profonda” per modellare l’elaborazione umana delle parole, con ricadute sulle protesi.
Tutti abbiamo visto dei video con robot umanoidi che camminano, corrono, fanno acrobazie. Ovviamente, la loro progettazione si è avvalsa della conoscenza di come gli umani fanno le stesse cose. Il favore viene restituito nella costruzione di “esoscheletri” che cambiano la vita di molti esseri umani a cui una malattia o un incidente ha tolto questa capacità [5].
Anche l’esplorazione delle reazioni umane mediante simulazioni su macchine viene da molto lontano; raccomando un vecchio, bellissimo libretto [6]. Più di recente, il progetto iCub del genovese IIT è proprio destinato, in gran parte, alla comprensione dello sviluppo infantile attraverso il suo robottino. Uno studio [7], condotto fra Genova e due università svedesi, implementa la capacità di una macchina di interpretare semplici azioni, proprio per capire quali siano i meccanismi con cui la mente umana riesce a farlo.
Come forse sapete, amo fare esperimenti, da dilettante, sulle caratteristiche pseudo-umane di ChatGPT. Esso stesso sottolinea sempre che mette insieme parole su base statistica, non per una vera comprensione. Alle volte sbaglia in modo ridicolo. Facile, allora, metterci il cuore in pace: non è intelligente. Già, ma osservate da vicino un bambino che sperimenta parole udite da poco; qualche volta sbaglia comicamente, poi le combina bene, poi lo fa in modo creativo. Chissà che ChatGPT e soci non ci aiutino a capire come fa? Magari ci aiutano anche a comprendere che cos’è (e che cosa non è) l’intelligenza. Forse, anche stavolta, simulare ci aiuterà a capire.
[1] Julesz, B. (1960). Bell. Syst. Tech. J., 39(5), 1125-1162.
[2] Olshausen, B. A., & Field, D. J. (1997). Vision Res., 37(23), 3311-3325.
[3] Citti, G., & Sarti, A. (2006). J. Math. Imaging Vision, 24, 307-326.
[4] Steinhardt, C.R. et al. (2024). arXiv:2407.20535.
[5] Calafiore, D. et al. (2021). Eur. J. Phys. Rehabil. Med., 58(1).
[6] Braitenberg, V. I veicoli pensanti, Garzanti, 1984.
[7] Nair, V. et al. (2023). IEEE Trans. Cognit. Dev. Syst., 15(4), 1981-1992.
L'articolo La tecnologia ripaga la scienza: così la ricerca in Ai potrà aiutare a capire la mente umana proviene da Il Fatto Quotidiano.