L’allarme dell’Ocse: la crisi climatica costa oltre 300 miliardi di dollari all’anno
- Postato il 6 novembre 2025
- Business
- Di Forbes Italia
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Di Eleonora Fraschini
Nel Climate Action Monitor 2025, l’Ocse avverte che la risposta globale alla crisi climatica è in grave ritardo. Le emissioni hanno toccato un nuovo massimo storico e la crescita delle politiche ambientali si è quasi fermata. Il prezzo, lo scorso anno, è stato alto: in tutto il mondo si stimano 16mila morti e oltre 328 miliardi di dollari (circa 305 miliardi di euro) di danni economici dovuti a eventi meteorologici e disastri naturali legati al clima. Senza strumenti vincolanti e governance coordinate, gli obiettivi di neutralità climatica rischiano di restare sulla carta.
Fatti principali
- Nel 2023 le emissioni globali di gas serra hanno raggiunto 55 gigatonnellate di CO₂ equivalente, il livello più alto mai registrato. Nonostante gli impegni internazionali, il 2024 ha visto un aumento minimo delle politiche per il clima: appena +1% rispetto all’anno precedente, segno che la macchina della transizione si sta rallentando.
- Solo una su cinque delle emissioni mondiali coperte da obiettivi di neutralità climatica rientra oggi in leggi vincolanti. La maggioranza dei Paesi si affida a strategie o piani non obbligatori, lasciando aperta la distanza tra obiettivi e risultati.
- Il 2024 è stato uno degli anni più costosi mai registrati per eventi climatici estremi: oltre 328 miliardi di dollari (circa 305 miliardi di euro) di perdite economiche globali e circa 16 mila vittime. Danni dovuti a ondate di calore, siccità, alluvioni e incendi, che incidono su produttività, salute pubblica e stabilità finanziaria.
- Anche se tutti gli impegni al 2030 venissero rispettati, resterebbe un divario di quasi 4,6 gigatonnellate di CO₂ rispetto alla traiettoria necessaria per la neutralità climatica. Per mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5 °C, servirebbe un taglio delle emissioni globali di almeno 40% entro il 2030, ma gli impegni attuali coprono solo circa 16%.
Il contesto
Secondo l’Ocse, la corsa per contenere il riscaldamento globale si è arenata a causa di una “doppia frenata”: da un lato la crescita minima delle misure climatiche, dall’altro il divario strutturale tra promesse e realtà. Solo una frazione degli obiettivi è sancita da leggi, mentre la maggior parte resta affidata alla buona volontà dei governi.
Le perdite economiche, intanto, si concentrano su tre fronti sempre più critici. Il calore estremo pesa sulla salute pubblica e riduce la produttività del lavoro; la siccità mette sotto pressione l’agricoltura e le esportazioni alimentari; gli eventi meteorologici estremi come piogge torrenziali, alluvioni e incendi, espandono le aree vulnerabili e danneggiano infrastrutture, foreste e aree urbane. Nel complesso, la crisi climatica è ormai un fattore che incide direttamente sulla crescita, la competitività e la stabilità dei mercati.
Necessità globale
L’Ocse sottolinea che, anche centrando gli obiettivi attuali, la traiettoria mondiale resterebbe incompatibile con la neutralità climatica di metà secolo. Energia e trasporti sono ancora i principali motori delle emissioni. L’elettrificazione procede, ma troppo lentamente, i sistemi di scambio delle quote di carbonio si diffondono, ma la carbon tax e gli altri strumenti di mercato coprono ancora meno della metà delle emissioni mondiali.
Ci sono, tuttavia, segnali positivi: più investimenti in ricerca e sviluppo per le tecnologie a basse emissioni, aggiornamento dei codici edilizi, chiusura progressiva delle centrali a carbone e divieti per i motori a combustione interna in diversi Paesi europei.
Ma per l’Ocse questi progressi restano “isolati e disomogenei”: senza una governance più coordinata e strumenti legali, rischiano di annullarsi a vicenda. L’assenza di coordinamento globale e di norme vincolanti produce anche un effetto di “ambition washing”, in cui gli obiettivi diventano dichiarazioni di principio più che strategie operative. Per l’organizzazione, serve una strategia concertata fatta di standard comuni, metriche di intensità carbonica condivise e cooperazione fiscale e industriale, per evitare che i progressi di un Paese siano compensati dalle mancanze di un altro.
Prospettive
Per restare entro 1,5 °C di surriscaldamento, il pianeta dovrebbe tagliare le emissioni del 40% in cinque anni, ma gli impegni attuali non arrivano nemmeno a metà. Secondo l’Ocse, la transizione climatica non è soltanto una priorità ambientale, ma una necessità economica. Rinviare le azioni di mitigazione e adattamento comporta costi e rischi crescenti per governi, imprese e investitori, mentre un allineamento tempestivo tra obiettivi e politiche può rafforzare la stabilità macroeconomica e attrarre investimenti verso infrastrutture più resilienti e a basse emissioni.
L’articolo L’allarme dell’Ocse: la crisi climatica costa oltre 300 miliardi di dollari all’anno è tratto da Forbes Italia.