L’arte spirituale e liberatoria del secondo Novecento. Succede in una mostra a Domodossola 

Il confine tra Italia e Svizzera ha rappresentato un luogo di scambio per molti artisti, tra cui Paul Klee, Marc Chagall, Pablo Picasso, Fausto Melotti, Osvaldo Licini e Gastone Novelli, influenzando l’immaginario collettivo. Visioni che tornano vivide con Fuori dai confini della realtà. Tra Klee, Chagall e Picasso, la mostra ospitata negli spazi dei Musei civici di Palazzo San Francesco a Domodossola e visibile fino all’11 gennaio 2026. 

Curato da Antonio D’Amico, con la collaborazione di Stefano Papetti e Federico Troletti, il progetto espositivo si inserisce nella quinta edizione dell’esposizione Italo Svizzera (che si svolgerà dal 13 al 22 settembre 2025) ed esplora il Novecento fino agli Anni Sessanta, riunendo un corpus di opere di artisti che hanno contribuito a liberare l’immagine dai significati della realtà, riportandola a uno stato di purezza. 

La mostra “Fuori dai confini della realtà” a Palazzo San Francesco a Domodossola

La mostra si pone l’obiettivo di riflettere sulla nascita delle nuove forme artistiche del Novecento immerse nell’immaginifico, nella fantasia, nel sogno, con un particolare focus sulle influenze degli artisti che hanno vissuto e operato tra l’Italia e la Svizzera. Oltre a indagare le evoluzioni artistiche del passato, il progetto si propone di riflettere sul futuro e su come l’irrazionale e la liberazione dell’immagine possano continuare a influenzare la nostra visione del mondo e della cultura contemporanea.

Il dialogo tra Klee, Chagall, Picasso e Licini a Domodossola 

Nato nei pressi di Berna da padre tedesco e madre svizzera, Paul Klee rappresenta un esempio del legame tra Italia e Svizzera, con la sua arte che risente fortemente dell’influenza della sua formazione nel paese d’Oltralpe. Anche Marc Chagall, pur essendo di origine russa, lasciò un segno indelebile in Svizzera, dove realizzò un ciclo di cinque vetrate nella chiesa di Fraumünster a Zurigo, testimoniando il suo legame spirituale e artistico con il territorio. Non solo, anche Picasso si lascia affascinare dal Rinascimento italiano, ognuno contribuendo alla nascita di movimenti come il Dadaismo e l’arte astratta. 

A unirsi a loro anche Osvaldo Licini, a cui è dedicata un’intera sezione che riunisce dipinti e disegni come Angelo ribelle (1954), Amalassunta. mano piede (1954) e il ciclo dei Notturni (1956).  Opere che illustrano il percorso di un artista che, dopo aver soggiornato a Parigi negli Anni Venti frequentando Modigliani, Matisse, Picasso e Cézanne decise di ritirarsi nel “natio borgo selvaggio” di Monte Vidon Corrado, nelle Marche, realizzando alcune delle icone più significative del Novecento italiano, che gli consentirono di ricevere nel 1958 il Gran Premio alla Biennale di Venezia.

Un linguaggio che sfida la logica e la ragione in mostra a Domodossola

Si passa poi a Fausto Melotti con una serie di Senza titolo e il Centauro realizzate nel secondo dopoguerra, come anche nelle due versioni di Bambini in ceramica invetriata. Alle sue opere si affiancano quelle in vetro realizzate nella Fucina degli Angeli di Venezia dove Egidio Costantini collaborò con artisti come Picasso. Tra tutte le opere in mostra, il Furetto e il Satiro rivelano una grande abilità nel manipolare la materia, il vetro e la ceramica, per sondare altri mondi che sono quelli mentali ed emotivi. Infine, in mostra spiccano il  Suonatore di violino e la Composition au cirque di  Marc Chagall e una serie di opere sull’alfabeto fantastico di Gastone Novelli.

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Autore
Artribune

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