L’associazione A Sud: “Dalla Cassazione alla Corte dell’Aja: passi avanti per la giustizia climatica”

  • Postato il 29 luglio 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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di Associazione A Sud

In questi giorni segnati dalle ondate di calore e dagli eventi estremi sono arrivate due notizie che aprono anche in Italia la strada per ottenere giustizia climatica nei tribunali. La prima riguarda Eni, il colosso petrolifero italiano: il 22 luglio la Corte di Cassazione ha riconosciuto la legittimità della Giusta Causa, il contenzioso climatico portato avanti da Greenpeace, ReCommon e da dodici cittadine e cittadini contro Eni, Cassa Depositi e Prestiti e il ministero dell’Economia e Finanze.

L’altra buona notizia arriva dalla Corte di Giustizia Internazionale delle Nazioni Unite. Il 23 luglio i giudici dell’Aja, con una pronuncia storica, hanno stabilito che gli Stati devono affrontare “la minaccia urgente ed esistenziale del cambiamento climatico”, collaborando per limitare le emissioni di gas serra. E soprattutto, ha affermato il presidente della Corte Yuji Iwasawa, “i trattati sul cambiamento climatico stabiliscono obblighi rigorosi e non rispettarli può costituire una violazione del diritto internazionale”.

L’istanza presentata in Cassazione nasce non solo dalla volontà di ottenere un regolamento di giurisdizione riguardante la causa contro Eni per riconoscere i danni climatici provocati dal colosso del fossile, ma anche per superare i dubbi interpretativi sollevati dalla sentenza di primo grado di Giudizio Universale, il contenzioso climatico promosso da A Sud e altri 202 soggetti contro lo Stato italiano, dichiarato inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione.

Una decisione in controtendenza rispetto ad altre esperienze europee e sconfessata dalla successiva vittoria della causa intentata da Klima Sennioninnen davanti la Corte dei Diritti Umani di Strasburgo. Greenpeace e ReCommon avevano chiesto alla Cassazione di sciogliere questo punto. Così è arrivato un pronunciamento che, oltre a dare ragione alla Giusta Causa, ribadisce un principio: i tribunali italiani hanno giurisdizione – cioè hanno competenza a giudicare – in ambito climatico.

La pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia è un ulteriore passo decisivo per il nostro contenzioso e per la giustizia climatica.

L’opinione consultiva sul cambiamento climatico emessa il 23 luglio scorso dalla Corte Internazionale di Giustizia ha chiarito che gli Stati hanno obblighi giuridici concreti, non solo impegni “politici”. Gli Stati devono considerare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale consuetudinario e dai trattati sui diritti umani. La mancata adozione di misure adeguate per ridurre le emissioni può costituire un atto illecito internazionale. È un passo decisivo verso la responsabilizzazione degli Stati e la giustizia climatica globale.

In tal senso il commento dell’Avv. Luca Saltalamacchia del team legale di Giudizio Universale: “Il parere della Corte Internazionale di Giustizia è molto chiaro nel prevedere che gli Stati, in materia climatica, non godono di alcuna discrezionalità assoluta, ma piuttosto devono sottostare a obblighi vincolanti, stabiliti dai trattati sui cambiamenti climatici, e che la violazione di tali obblighi costituisce un illecito internazionale. L’ordinanza della Suprema Corte nell’ambito della Giusta Causa fissa un altro importantissimo principio: che le controversie climatiche sottoposte all’autorità giudiziaria devono essere decise nel merito”.

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Il Fatto Quotidiano

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