Le Forze Armate con una proposta di legge chiedono più aree dedicate: così la Sardegna si oppone
- Postato il 15 maggio 2025
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di Enza Plotino
Dopo anni dormienti, nei quali le opinioni pubbliche occidentali hanno costretto ai margini le Forze Armate grazie alle politiche antimilitariste e pacifiche delle grandi potenze, al ridursi delle aree “votate” agli apparati militari e all’aumento di vincoli, soprattutto ambientali, in ampi spazi di territorio, sulle esercitazioni militari ritenute altamente inquinanti e spesso associate a impatti sanitari sulle popolazioni esposte, oggi il riacutizzarsi di fronti di guerra, addirittura dietro l’angolo di casa nostra, ha consentito ai militari di rialzare la testa e chiedere di ritornare laddove erano stati allontanati. Dalla dismissione si è passati alla riappropriazione, o meglio al desiderio di riappropriazione.
E così, in Parlamento compare una proposta di legge, d’iniziativa di una deputata di Fratelli d’Italia, che chiede “l’esclusività dello Stato nella gestione di tutto ciò che afferisce alla difesa e alla sicurezza nazionale, comprese la predisposizione, l’organizzazione, la preparazione e l’addestramento delle unità e degli enti ad essa destinati, insieme alla dislocazione delle unità militari e delle aree addestrative”. Ma il riacutizzarsi dei conflitti non cambia la ragione per la quale vaste aree di territorio che ospitavano poligoni militari erano state dichiarate off limits a causa dei danni ambientali che avevano prodotto. Luoghi in cui l’elevato inquinamento acustico aveva generato impatti sulla fauna locale causando danni agli ecosistemi e nei quali vi si entrava e usciva usando mezzi pesanti, il cui passaggio degradava i suoli compromettendo la possibilità di un loro futuro utilizzo in agricoltura. Strutture altamente energivore in cui l’energia utilizzata è di natura fossile.
E poi, non ultima per importanza, c’era una ragione di carattere sanitario: lo smaltimento dei rifiuti, soprattutto bellici, ma anche di plastiche sulla pratica della combustione aveva come conseguenza la liberazione di polveri e residui altamente inquinanti. Per tutti questi motivi che avevano creato una vera emergenza ambientale, le Regioni più esposte, ospitando molti poligoni militari che in molti casi ricadono in riserve e aree protette, si rendono indisponibili a concedere l’utilizzo dei loro territori per le esercitazioni militari.
Conoscono bene il problema la Sardegna e il Friuli Venezia Giulia, le regioni italiane a più alta concentrazione di installazioni militari sul loro territorio, dove il demanio militare occupa lo 0,261% del territorio nazionale, pari a 783 chilometri quadrati, su un totale di 300.492. Ed è proprio la Sardegna, su cui insiste il poligono militare per eccellenza, Capo Teulada, dove possono essere svolte attività di addestramento interforze e multinazionali, che si è posta di traverso rispetto alla proposta di legge del governo Meloni che “mina in profondità le competenze delle regioni in materia ambientale, sottraendo il controllo sui territori dove sorgono complessi militari. Un fatto grave, soprattutto se consideriamo che circa il 65% delle aree militari italiane si trovi proprio in Sardegna”.
Appellandosi a tutte le forze politiche per “respingere l’ennesimo tentativo di svuotare l’autonomia della nostra terra”, la presidente Todde si dichiara indisponibile ad accettare le imposizioni del governo centrale poiché “le questioni che riguardano la Sardegna le decide la Regione” e invita lo Stato ad aprire un confronto serio sulla presenza militare sull’isola. “Dopo decenni, non è più accettabile che sia solo la nostra isola a pagare, da sola, il prezzo di questa eredità”.
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