Le voci dei Quilombolas in Europa: la violenza continua a colpire chi difende la terra e la vita

  • Postato il 24 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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In ottobre, una delegazione della Coordenação Nacional de Articulação das Comunidades Negras Rurais Quilombolas (Conaq) è arrivata in Italia dal Brasile, accompagnata dall’Ong italiana Cospe, come parte di una tournée europea di incidenza politica e costruzione di alleanze per amplificare una voce di (r)esistenza, denuncia e giustizia. Il loro viaggio porta con sé secoli di storia e custodia degli ecosistemi naturali: una storia di più di ottomila comunità quilombolas brasiliane che si alimenta di identità, memoria e simbiosi con il territorio.

Il progetto “Resistencia Quilombola” ha visto oltre alle tappe italiane anche Madrid, Bruxelles e Ginevra, per dialogare con università e centri di ricerca, con alti rappresentanti e commissioni tematiche dell’Onu, con autorità dell’Ue, con l’Ifad (Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo) e con rappresentanze parlamentari. Tra le azioni di incidenza vi è la presentazione di un report, il cui nome risulta già molto eloquente, “Vidas Interrumpidas”: un documento che traccia e denuncia omicidi, attacchi e minacce contro chi difende la terra e la vita, con particolare attenzione alla violenza efferata che colpisce le donne. Tra il 2019 e il 2024 infatti, sono stati registrati ventidue omicidi di donne quilombolas, oltre a numerosi tentativi di assassinio e molteplici aggressioni. Non si tratta solo di numeri: dietro ogni vita spezzata c’è una comunità che perde una voce, una guida, una radice.

Ma perché questa delegazione deve attraversare l’Atlantico per farsi ascoltare? La risposta è scomoda: la violenza che colpisce le comunità quilombolas non nasce solo dentro i confini del Brasile, ma è anche il riflesso di un sistema globale che continua a considerare il territorio come merce e non come vita. Gli interessi economici che alimentano la deforestazione e l’estrattivismo trovano spesso sponde finanziarie e politiche anche in Europa, dove vengono decisi investimenti, trattati commerciali e politiche climatiche che hanno conseguenze dirette sulle comunità rurali nere del Brasile. Il viaggio di Conaq in Europa è dunque un atto politico, un gesto di contro-narrazione per spostare il centro del discorso, portare la voce di chi vive le conseguenze delle decisioni altrui e denunciare che non esiste sostenibilità senza giustizia territoriale.

Le comunità quilombolas non sono un simbolo del passato, ma una presenza viva, pulsante, contemporanea. Sono le eredi e le custodi dello spirito di libertà di coloro che, pur schiavizzati, trovarono la forza di rompere le catene e creare comunità autonome e organizzate. Luoghi costruiti con dignità, lavoro e una radice di spiritualità africana, dove la libertà non è mai stata concessa, ma conquistata. Nei quilombos, il territorio non è solo uno spazio fisico: è memoria, identità, nutrimento e relazione con l’ancestralità. La terra custodisce i corpi dei propri antenati e le speranze delle generazioni future. Difenderla significa proteggere un sistema di vita collettivo, un modo di stare al mondo fondato sulla reciprocità e sulla cura.

Eppure, ancora oggi, la violenza continua a colpire chi difende quella libertà. I dati del censimento brasiliano del 2022 hanno registrato per la prima volta 1.327.802 persone che si identificano come appartenenti a comunità quilombolas, distribuite in 1.696 municipi. Un atto tardivo di riconoscimento istituzionale che rende visibile ciò che per secoli è stato invisibile: l’esistenza di un Brasile nero rurale, organizzato, politicamente attivo e con un proprio progetto di futuro. Ma la visibilità non basta. Le comunità vivono una condizione di costante vulnerabilità, minacciate da fazendeiros, imprese minerarie, speculazioni agricole e da uno Stato che spesso dimentica la sua responsabilità storica. Le donne quilombolas, in particolare, si trovano al centro di una lotta che è insieme territoriale, politica e spirituale. Portano avanti la semina, la cura, la trasmissione dei saperi e la difesa del territorio, e sono per questo le più esposte alla violenza.

I quilombos non rappresentano soltanto un’eredità storica, ma un modello concreto di convivenza con la natura, una logica collettiva della resistenza. In un momento in cui la crisi climatica travolge ogni equilibrio, i loro sistemi di vita offrono un’alternativa reale al paradigma dello sfruttamento. Le comunità quilombolas difendono la biodiversità, anticipando di generazioni ciò che oggi che i governi chiamano “politiche di conservazione”, con conoscenze trasmesse oralmente, attraverso un rapporto di reciprocità con la terra.

Questo è il messaggio che la delegazione di Conaq composta da Maria Aparecida Mendes, José Maximino Silva e Nathalia Purificação ha portato in Europa: la lotta quilombola non chiede carità, ma riconoscimento, dignità e alleanze per la Vita. Non parla solo di diritti umani, ma di un diverso modo di intendere il territorio, la sovranità e il futuro. Una battaglia che non è solo brasiliana ma che riguarda tutti noi perchè riguarda l’idea stessa di futuro che scegliamo di costruire.

Nel novembre 2025, il Brasile ospiterà la Cop30 a Belém do Pará, nel cuore dell’Amazzonia e in questo spazio sarà inevitabilmente un momento di confronto tra potere politico, economia verde e movimenti sociali. Le comunità quilombolas, insieme ai popoli indigeni, porteranno la loro voce per ricordare al mondo che la giustizia climatica non può esistere senza giustizia territoriale, una giustizia che passa per il riconoscimento dei territori delle comunità quilombolas come spazi autonomi e protetti.

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Il Fatto Quotidiano

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