Legge Basaglia e manicomi chiusi: quaranta anni dopo, una rivoluzione incompiuta?
- Postato il 31 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Legge Basaglia e manicomi chiusi: quaranta anni dopo, una rivoluzione incompiuta?
La Legge Basaglia (1978) chiuse i manicomi, promuovendo cure territoriali. Rivoluzione incompleta per carenza fondi, necessita ora partnership per l’integrazione.
La Legge n.180/1978, meglio conosciuta come Legge Basaglia, ha rappresentato un atto normativo di discontinuità sanitaria e culturale, per quanto concerne le metodologie di approccio diagnostico, terapeutico e riabilitativo alla disabilità mentale. La Legge Basaglia, frutto considerevole della stagione della convergenza politica e istituzionale, che, nello stesso periodo, ha partorito la Legge n. 833/78, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, ha infranto le barriere le barriere manicomiali, ispirate al rifiuto del diverso. Alla detenzione coatta si è sostituita l’idea di strutture territoriali alternative, sicuramente più efficaci sul versante terapeutico e riabilitativo, con il superamento della fobia per il diverso. Una modalità di recupero terapeutico e sociale sicuramente più efficace rispetto alla becera e promiscua detenzione manicomiale.
DAL MANICOMIO ALLA TERRITORIALIZZAZIONE: UN CAMBIO DI PARADIGMA
La disabilità mentale, con la legge suddetta, è stata deospedalizzata e trasferita sui territori. La territorializzazione della malattia mentale ha rappresentato una prospettiva di garanzia dell’integrazione del paziente, sotto il profilo terapeutico, riabilitativo e di risocializzazione. La Legge n. 180/78 ha rappresentato l’occasione storica per infrangere le barriere manicomiali, fatte di degrado indicibile, che avevano ridotto uomini, donne, ragazzi allo stato larvale e vegetativo, autentiche cavie oggetto di pratiche aberranti quali: il camice di contenzione, l’elettroshock, l’uso indiscriminato di farmaci neurolettici. Nella genesi storica della disabilità mentale, intesa maggiormente quale discostamento dai canoni di convivenza vigenti “ratione temporis”, ha fatto presa la teoria criminologica lombrosiana, che, per molti anni, ha costituito un supporto utilizzato in sede di giustizia penale.
Non estranei nei processi di internalizzazione manicomiale, sono risultati i dissidi personali e familiari, molti dei quali riconducibili ad interessi materiali e di prevaricazione economica. Il tutto è avvenuto con la complicità delle Rappresentanze istituzionali pro tempore, che, forti del loro incontrastato potere, hanno deciso della sorte dei cittadini, soprattutto di quelli privi di tutela sociale, in assenza di riscontri piano clinico. E’ stato possibile, in tal modo, rinchiudere in manicomio minorenni in conflitto familiare, oppure soggetti non graditi all’establishment, il quale, probabilmente, aveva attenzionato i loro possedimenti materiali. In tal modo è iniziato un percorso che ha portato all’inferno della struttura manicomiale, che ha fatto del disabile mentale, o presunto tale, un soggetto sommariamente definito “pericoloso per sé e per gli altri”, e, pertanto, destinato al confinamento sociale, nonché oggetto di pratiche terapeutiche spersonalizzanti e lesive della dignità umana.
PRINCIPI ELEVATI, DIFFICOLTÀ CONCRETE: UNA RIVOLUZIONE INCOMPIUTA?
In tal modo, uomini, donne, ragazzi sono stati trasformati in soggetti “senza un passato né un presente”, costretti a vivere in condizioni igieniche aberranti e senza una concreta prospettiva di reinserimento nel tessuto sociale, rifiutati dalla società civile e dalle famiglie di appartenenza. Gli ex manicomi di Mombello, Aversa, Girifalco, citati a titolo esemplificativo, hanno rappresentato, per anni, l’emblema della vergogna civile. Questi luoghi, barattati per strutture di recupero terapeutico e di garanzia della sicurezza sociale, sono stati, in realtà, uno schermo di protezione dal “diverso”.
La grande innovazione recata dalla Legge n. 180/78 ha comportato, di converso, al di là dei principi enunciativi in tema di tutela della salute mentale, grandi problemi di natura organizzativa, oltretutto in assenza di risorse finanziarie certe, utili alla realizzazione delle strutture alternative previste dalla legge suddetta. I grandi obiettivi della legge si sono infranti contro le difficoltà finanziarie, organizzative e di dotazione organica, considerato che il vezzo, tipicamente Italiano, di produrre leggi innovative, di grande cultura giuridica, le quali, però, vengono adottate con la clausola dell’invarianza finanziaria, ovvero senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio statale e nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Per effetto, i Centri di Salute Mentale, i Dipartimenti di Salute Mentale, i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, i Day Hospital Psichiatrici sono rimasti presidi sanitari sostanzialmente inattuati.
PROSPETTIVE FUTURE: PARTNERSHIP E PROGETTI PER RILANCIARE LO SPIRITO DELLA LEGGE BASAGLIA
I Piani Nazionali e Regionali per la tutela della salute mentale hanno assunto il valore di puro riscontro cartaceo. I soggetti con disabilità, anche lieve, sono stati deprivati degli interventi assistenziali anche minimali. In ultima analisi, in siffatto contesto, è gravato sui Sindaci l’onere della tutela della salute mentale, in assenza di risorse a specifica destinazione. Il ricorso al Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), intervento da adottarsi in ultima ratio, è diventato una soluzione routinaria, peraltro non risolutiva della problematica, venendo a mancare, per conclamato deficit finanziario e organizzativo, quel processo di recupero del disabile mentale, fatto di cura e riabilitazione, in sinergia con i territori.
Una soluzione ottimale potrebbe essere data da protocolli operativi, gestiti in partenariato, dalle Aziende Sanitarie e dai Comuni, che prevedano l’utilizzo dei soggetti con disabilità mentale in progetti di terapia occupazionale e di risocializzazione. Sarebbe un obiettivo di salvaguardia dei princìpi fondativi della Legge Basaglia, che eviterebbe una re-internalizzazione, sotto mentite spoglie, di questa fascia di soggetti fragili e vulnerabili. Tale obiettivo è ottenibile soltanto con una previsione programmatica di medio/ lungo periodo, con l’abbandono di logiche econometriche legate alla sostenibilità del debito pubblico ed all’obbligo del pareggio di bilancio.
* Tullio Laino, Dirigente medico dell’Asp di Cosenza da Aprile 2001 a Giugno 2015
Il Quotidiano del Sud.
Legge Basaglia e manicomi chiusi: quaranta anni dopo, una rivoluzione incompiuta?