Mediobanca, stop dai soci all’offerta su Banca Generali. Nagel accusa: “Bocciata per conflitti di interesse”

  • Postato il 21 agosto 2025
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L’operazione difensiva di Alberto Nagel per resistere all’assalto del Montepaschi si è fermata contro il muro dei soci. Giovedì mattina l’assemblea di Mediobanca ha bocciato l’offerta pubblica di scambio su Banca Generali: solo il 35% del capitale presente (il 78% del totale) ha votato a favore, a fronte di un 10% contrario e di un pesante 32% di astenuti, decisivi per affossare il progetto. Che avrebbe reso Piazzetta Cuccia meno scalabile e meno appetibile per i grandi soci Caltagirone e Delfin, che attraverso Mps stanno conducendo in parallelo, con il sostegno del governo Meloni, un’offerta sulla stessa Mediobanca per conquistare Generali. Ambita cassaforte che custodisce centinaia di miliardi di risparmi e titoli di Stato.

In caso di via libera dei soci, il 13% del Leone di Trieste che è in pancia alla merchant bank milanese sarebbe stato scambiato con il controllo di Banca Generali, rescindendo lo storico legame tra il gruppo assicurativo e Piazzetta Cuccia.

A dire no in modo compatto è stato ovviamente il gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone, forte del suo 9,9%. Ma a pesare ancor di più è stata la scelta di Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio guidata da Francesco Milleri, che con il suo 19,8% si è astenuta. E che nei giorni scorsi ha ottenuto dalla Bce il via libera a salire al 19,9% di Mps, anticipando così l’effetto tecnico che si avrà se la partita che agita il sistema finanziario italiano avrà successo.

Astenute anche le casse previdenziali (Enasarco, Enpam e Forense, complessivamente al 5%), la holding Edizione dei Benetton (2,2%) e Unicredit (1,9%). Hanno provato a tenere la linea del management il patto di consultazione (7,8%) e diversi grandi fondi internazionali come BlackRock, Vanguard e Norges Bank, sostenuti anche dalle indicazioni dei proxy advisor, oltre a Unipol (2%). Ma non è bastato.

Per Nagel il no è l’effetto di “un evidente conflitto di interesse” di azionisti che hanno “anteposto quello relativo ad altre situazioni/asset italiani a quello di azionisti di Mediobanca”. A sostegno, il manager che dal 2008 guida Piazzetta Cuccia rileva che “risulta evidente dal voto che coloro i quali non si sono trovati in questa posizione si sono espressi a favore (mercato in primis), in linea con le raccomandazioni dei proxy advisors internazionali”, aggiunge Nagel nella nota.

Nagel aveva messo sul piatto un disegno ambizioso: la fusione con Banca Generali per dar vita a un nuovo campione della gestione del risparmio di fascia medio-alta, con 210 miliardi di masse, 4,4 miliardi di ricavi, una rete di 3.700 professionisti e sinergie stimate in 300 milioni in tre anni. “Non un’azione difensiva”, aveva sostenuto, “ma offensiva. Una manovra di crescita, per rendere Mediobanca ancora più bella”. Un’opportunità “mancata”, commenta ora, “per lo sviluppo della nostra Banca e del sistema finanziario italiano”.

La sconfitta in assemblea lascia Piazzetta Cuccia senza l’arma pensata per contrastare l’offerta pubblica di scambio lanciata da Mps, che procede con adesioni ferme negli ultimi giorni attorno al 19,4% a fronte della soglia minima fissata al 35%. L’operazione come è noto ha la benedizione del governo che punta a realizzare un terzo polo bancario in grado di competere con Intesa Sanpaolo e Unicredit.

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Il Fatto Quotidiano

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