Melfi, presidio davanti al carcere per Anan, partigiano palestinese

  • Postato il 11 ottobre 2025
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Melfi, presidio davanti al carcere per Anan, partigiano palestinese

Lunedì attesi a Melfi decine di attivisti per il presidio delle Reti per la Palestina davanti al carcere per il detenuto palestinese Anan Yaeesh, accusato anche per il suo sostegno alla Resistenza di Tulkarem in Cisgiordania.


MELFI (POTENZA)- Dal 4 ottobre è in sciopero della fame nel carcere di Melfi. Anan Yaeesh è un partigiano palestinese accusato per il suo sostegno alla Resistenza di Tulkarem (Cisgiordania). Il suo caso è segnalato dalle Reti per la Palestina in Basilicata che il 13 ottobre 2025 terranno un presidio dalle 15,30 davanti al carcere di Melfi. La storia di Anan è particolarmente articolata. Il processo che lo vede imputato a L’Aquila , secondo le Reti «È già segnato da gravi limitazioni del diritto alla difesa e da ricorrenti ingerenze dei servizi segreti israeliani, che rende ancora più allarmante il clima intorno a questa vicenda giudiziaria».

Nel documento diffuso per annunciare il presidio, si sottolinea tra l’altro che Anan è stato «Trasferito senza motivazioni dalla sezione di alta sicurezza del carcere di Terni a quella di Melfi, ad Anan – interrompendo di fatto – i punti di riferimento consolidati in quasi due anni di ingiusta detenzione, rendendo ancora più difficili, per motivi logistici, i colloqui e gli incontri con gli avvocati, il personale medico esterno al carcere e persone terze autorizzate ai colloqui».

LA STORIA GIUDIZIARIA: DALLA PROTEZIONE SPECIALE ALLA DICHIARAZIONE DI INESTRADABILITÀ

Negli ultimi anni la sua storia giudiziaria si è intrecciata con quella personale. Si legge ancora nel documento delle Reti per la Palestina in Basilicata: «Come perseguitato politico Anan ha ottenuto, nel 2019, la protezione speciale dallo Stato italiano, ma a gennaio 2024 è stato arrestato per essere estradato in Israele. L’attenzione sollevata sul caso, anche alla luce del genocidio in corso a Gaza, le mobilitazioni che ne sono seguite e soprattutto le relazioni di associazioni come Amnesty International e Human Rights Watch sulle torture sistematiche e le uccisioni dei prigionieri palestinesi deportati nelle carceri israeliane e sottoposti a legge marziale – prosegue ancora la nota diffusa – hanno fatto sì che quella procedura estradizionale non venisse occultata dalla propaganda sionista e si concludesse, almeno in prima battuta, con la dichiarazione di inestradabilità di Anan da parte della Corte di Appello dell’Aquila a marzo 2024».

IL NUOVO ARRESTO E L’ACCUSA DI “ASSOCIAZIONE TERRORISTICA”

E “l’avventura giudiziaria” di Yaeesh prosegue con un altro colpo di scena: «Alla vigilia di quella udienza, però, Anan è stato nuovamente arrestato per ‘associazione terroristica anche internazionale’ – scrivono ancora gli esponenti delle Reti per la Palestina in Basilicata – coinvolgendo altri due palestinesi suoi amici, Ali Irar e Mansour Doghmosh, rilasciati per mancanza di elementi probatori 6 mesi dopo e tuttavia anch’essi sotto processo per sostenere l’impianto accusatorio. Un impianto basato essenzialmente sulle tesi di Tel Aviv, e ci è mancato poco che venissero ammessi al processo 15 verbali di interrogatori condotti su prigionieri palestinesi dallo Shin Bet (i famigerati servizi segreti israeliani) e dalla polizia israeliana; ma tutt’ora sussiste il pericolo – commentano ancora – che i vertici politici e giudiziari italiani cedano alla richiesta di Israele, che vuole la testa di Anan.

LA DENUNCIA DELLE RETI: IL DIRITTO DI RESISTENZA TRATTATO COME TERRORISMO

Riteniamo assurdo – concludono – anticostituzionale e contrario alle norme del diritto internazionale che il diritto di resistenza sia trattato come terrorismo, sulla base di accuse formulate dagli organi operativi di uno stato sionista occupante come Israele, il cui governo ed il cui esercito sono condannati dalla Corte Internazionale di Giustizia e suoi esponenti di primo piano sono ricercati dalla Corte Penale Internazionale per genocidio».

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