Michele Morrone, modestia a parte, non ha torto sul ‘circoletto’ del cinema italiano: da ipocriti far finta di niente
- Postato il 22 maggio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Sta creando particolare scompiglio l’intervista fatta a Michele Morrone nel programma Belve, durante la quale una Fagnani gongolante lo ascolta rapita snocciolare tutta una serie di accuse verso il mondo del cinema italiano e finalmente, dopo aver cercato di estorcere a tutti gli attori ospiti della trasmissione la confessione che esista un “circoletto” che fa lavorare sempre gli stessi, il muscolare Morrone non solo la accontenta, ma ci mette pure il carico da novanta, decidendo di fare riferimenti diretti a Marinelli, Germano e Borghi, l’unico che considera realmente più bravo di lui.
A parte la sconvolgente modestia che pervade ogni tatuaggio, la faciloneria con la quale affronta certi argomenti e l’evidente desiderio di levarsi più di un sasso dalla scarpa di Dolce&Gabbana, non credo che le sue affermazioni siano così distanti dalla realtà.
Premetto che trovo abbastanza ridicola la strumentalizzazione di questa intervista da parte della politica, la quale attribuisce a Morrone una vicinanza alla destra italiana e una spiccata verve politica che, per quanto mi riguarda, risulta assolutamente non pervenuta. Per non parlare della presunta intenzione di Morrone di avallare le dichiarazioni del ministro Giuli contro Elio Germano, ammesso che Morrone sappia chi è il ministro Giuli (non so nemmeno se sa chi sia Mattarella!). Detto questo, non tutto ciò che ha detto a Belve è così aberrante come molti credono.
Intanto, proviamo a pensare al 90% dei film italiani degli ultimi anni, ci accorgiamo subito che il cast è composto quasi sempre dagli stessi attori che si alternano nelle produzioni come se dovessero timbrare il cartellino ogni stagione: Golino versione attrice e regista, con la Ramazzotti e la Bruni Tedeschi, immancabile la Rohrwacher con sorella al seguito, poi abbiamo Elio Germano che è il più bravo di tutti quindi può fare come gli pare, Favino che sta bene su tutto e pure quando non sta bene ce lo mettono lo stesso, poi c’è Massimiliano Bruno che quando fa i film chiama a raccolta tutti i suoi amici più cari, come se fossero alla cena di classe del liceo: Edoardo Leo, Anna Foglietta, Stefano Fresi, Marco Giallini ecc… Le uniche facce nuove, gli unici due attori che hanno finalmente scombinato un po’ le carte in questo noioso panorama cinematografico italiano, sono state quelle di Alessandro Borghi e Luca Marinelli, tra i quali Morrone salva solo il primo, ammettendo con amara rassegnazione che Borghi sia l’unico attore più bravo di lui, mentre Marinelli è accusato di essersi lamentato tanto per aver interpretato il Duce, salvo poi essere ben felice di intascarsi due milioni di euro di cachet (Morrone l’avranno scartato ai provini per via dei tatuaggi).
Ora, considerando il fatto che Michele Morrone non ha alle spalle una carriera cinematografica esattamente sfolgorante e che il suo più grande successo è un film polacco che potrebbe tranquillamente essere stato girato da Lory del Santo (s’intitola 365 giorni, perché The Mister sembrava troppo simile a The Lady) e senza discutere sul fatto che tutti questi nomi sono nomi, a differenza sua, di attori molto bravi – alcuni mi piacciono molto, altri meno, ma il loro talento non è in discussione – ciò che trovo francamente un po’ ipocrita è il fatto di non voler ammettere che in questo Paese esista una sorta di élite di attori che, di volta in volta, gira in tutte le produzioni italiane e che di fatto blocca l’ingresso a nuovi talenti, o comunque ne limita parecchio le possibilità. Oggi in Italia un film ha bisogno che nel cast ci sia uno di questi nomi, altrimenti il film non viene prodotto oppure viene prodotto ma non avrà mai una distribuzione che gli permetterà di arrivare al grande pubblico. Ci sono delle eccezioni, ma sono appunto casi rarissimi (Non Essere Cattivo è uno di questi).
Il punto focale non è Morrone e la sua insana presunzione di essere Marlon Brando quando invece è solo un Gabriel Garko che (forse) ce l’ha fatta, ma è l’attenzione che, secondo me, merita una questione così spinosa come questa. E la Fagnani, intelligente e furba com’è, lo ha capito da tempo, tant’è che in ogni puntata, quando si trova davanti un attore o un’attrice, cerca di indagare su come venga percepito il mondo del cinema, sull’esistenza appunto di un presunto “circoletto” chiuso che fa lavorare sempre gli stessi e sulle reazioni non sempre sincere dell’intervistat* di turno. Fino a martedì scorso, quando un confuso e vagamente egocentrico Michele Morrone, senza troppe elucubrazioni mentali su cosa convenisse o non convenisse dire su RaiDue in prima serata, ha deciso di sferrare un colpo di machete proprio dove altri prima di lui avevano mostrato indifferenza, rispondendo a mezza bocca o non rispondendo affatto, fingendosi morti o incapaci di intendere e di volere.
La verità è che il pubblico ha bisogno di più Lucio Corsi, ha bisogno di sapere che il talento e l’impegno bastano davvero, che i ruoli da protagonista sono aperti a tutti quelli che lo meritano, non solo a chi porterà più soldi nelle casse del produttore.
È notizia dell’ultim’ora che Morrone abbia chiesto scusa per le sue violente esternazioni, che ha attribuito al disagio che prova per il fatto di non poter lavorare in Italia (ma dai?!). Tranquillo Michè, è possibile che dopo tutta questa polemica finirai presto per lavorare in Italia più di quanto abbia mai sperato di farlo in passato. Favino, statte accuort!
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