Nomi e numeri di collaboratori afghani e agenti dell’intelligence: la mail, partita per errore nel 2022, ora fa discutere Londra

  • Postato il 18 luglio 2025
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La mail più costosa della storia militare britannica parte nel febbraio 2022, quando un funzionario del ministero della Difesa invia per errore, ma per due volte, un’email contenente i dati personali di circa 19.000 cittadini afghani, tra cui molti ex collaboratori delle forze britanniche durante il loro intervento ventennale in Afghanistan. Sono interpreti, guide, informatori e altre figure civili, candidate per essere trasferite nel Regno Unito dopo la fuga delle truppe occidentali da Kabul nell’agosto 2021.

La fuga di notizia viene resa nota al pubblico solo la scorsa settimana, ma nel frattempo ha esposto quei civili a pericolose ritorsioni da parte dei Talebani, sollevato critiche profonde sulla sicurezza dei dati gestiti dal governo britannico e provocato un acceso dibattito politico che non accenna a placarsi. Nell’estate 2023 alcune di quelle informazioni personali iniziano a circolare su un gruppo Facebook, dove vengono pubblicati dettagli dei dati trafugati: nomi, indirizzi, numeri di telefono e, in alcuni casi, anche dettagli sulle connessioni con le forze speciali britanniche o attività di intelligence.

Il rischio per i collaboratori afghani rimasti in patria, già ampiamente documentato da organizzazioni come Amnesty International, aumenta drasticamente ed emergono casi accertati di arresti, sparizioni forzate ed esecuzioni sommarie da parte del regime talebano, che dal 2021 è tornato a controllare il Paese. A questo punto, per limitare i danni e proteggere le persone coinvolte, fra cui anche almeno agenti britannici, il governo, all’epoca guidato dai Conservatori, decide di varare un programma straordinario di ricollocamento: l’Afghan Relocation Route (ARR), avviato nella primavera 2024. Ma è cruciale, dal punto di vista dell’esecutivo, che quel piano di salvataggio resti segreto: per questo il governo impone una super injunction, una ordinanza della Alta Corte che impone ai media un blackout informativo totale. L’ordinanza è scaduta giorni fa, e la storia è diventata di pubblico dominio, come riportato dal Guardian, e ora fioriscono le accuse di insabbiamento e incompetenza.

Il costo stimato dell’operazione è di circa 850 milioni di sterline, secondo dati ufficiali: una cifra rilevante, ma ben distante dai 7 miliardi riportati da alcuni media e che si riferiscono invece alla somma complessiva di tutti i programmi di accoglienza e assistenza agli afghani avviati dal Regno Unito a partire dal 2021.

Secondo quanto emerso, l’ARR ha consentito il trasferimento di circa 6.900 persone a rischio e dei loro familiari, ma non sono mancate le critiche: in molti hanno denunciato lentezze, carenze e insufficienti garanzie di sicurezza. Il ministero della Difesa sta ancora gestendo le ricadute sul personale britannico coinvolto, visto che tra i dati erano presenti anche nominativi di oltre 100 membri delle forze speciali e operatori dell’intelligence: un paradosso che solleva seri interrogativi sulla gestione delle informazioni riservate proprio da parte di chi, fra tutti, dovrebbe sapere come proteggere i propri agenti.

Tra questi, membri delle forze speciali come il SAS (Special Air Service) e il SBS (Special Boat Service), oltre a personale dell’MI6 e di altre unità di intelligence. I dettagli includevano nomi, ruoli, date di assegnazione e, in alcuni casi, informazioni su missioni specifiche condotte in Afghanistan. Si tratta di personale altamente qualificato e specializzato, difficilmente rimpiazzabile e in molti casi ancora attivo in operazioni sensibili in altre regioni del mondo. Il timore ora è che i Talebani, o gruppi terroristici affiliati, possano utilizzare questi dati per identificare e colpire ex membri delle forze britanniche o per compromettere operazioni di intelligence in corso con attacchi mirati, come evidenziato da analisi di BBC News.

Il ministero della Difesa Britannico assicura di aver adottato misure immediate, che non rende pubbliche nei dettagli per motivi di sicurezza. Tra queste, il rafforzamento della sicurezza personale per i militari e gli agenti esposti, inclusi trasferimenti in località sicure, cambi di identità operativa e monitoraggio di potenziali minacce. I critici sostengono siano rimedi tardivi e insufficienti, dato che la violazione è avvenuta mesi prima della sua scoperta pubblica, e in quel lasso di tempi i dati potrebbero essere stati intercettati, secondo quanto riportato da Reuters. Le ripercussioni politiche sono state immediate e devastanti.

In uno degli interventi più difficile della sua carriera, il ministro della Difesa John Healey, parlando alla Camera dei Comuni, ha offerto le scuse ufficiali del governo, definendo la violazione “un errore che non sarebbe dovuto accadere”. Non è bastato. Figure di spicco dell’opposizione e attivisti per i diritti umani, come Omaid Sharifi, hanno accusato il governo di negligenza, ricordando come il Regno Unito avesse un il dovere di proteggere chi aveva rischiato la vita collaborando con le sue forze armate. La vicenda ha riacceso il dibattito sulla gestione del ritiro britannico dall’Afghanistan nel 2021, già criticato per la sua caoticità.

L’allora governo di Boris Johnson era stato accusato di aver abbandonato molti collaboratori afghani, lasciandoli esposti alla vendetta talebana. La fuga di dati ha ulteriormente alimentato queste critiche, con i laburisti che hanno puntato il dito contro i conservatori per la loro incapacità di proteggere informazioni sensibili.

Per i collaboratori afghani, i rischi restano altissimi: chi non riesce a lasciare il Paese vive nascosto. La fuga di dati facilita le persecuzioni talebane, con torture ed esecuzioni documentate. L’ARR, nonostante i suoi sforzi, è criticato per lentezza e lacune. Per il personale britannico, la violazione mina la fiducia nelle istituzioni e solleva interrogativi sulla sicurezza operativa futura, con il ministero della Difesa costretto a investire milioni in nuove misure di cybersicurezza. E nessuno sa se il responsabile di quell’errore e i suoi superiori abbiano pagato.

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