“Non è provato il riciclaggio di denaro mafioso nelle imprese di Berlusconi”. La Cassazione conferma e la destra esulta. Ma questo elemento era già emerso in altre sentenze

  • Postato il 22 ottobre 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La Cassazione conferma i precedenti gradi di giudizio: non vi sono prove “circa il reinvestimento e il riciclaggio di capitali di provenienza mafiosa nelle imprese di Berlusconi attraverso l’opera di Dell’Utri“. Il testo della decisione della Suprema Corte ancora non c’è, ma la notizia è stata subito rilanciata da Forza Italia. A partire da Antonio Tajani, in tanti del partito esultano: “La Corte di Cassazione ha definitivamente chiarito ciò che era ovvio per noi e per tutti gli italiani in buona fede: non è mai esistito alcun legame tra Berlusconi, Dell’Utri e Cosa nostra“, dichiara il vicepremier forzista. Per Barbara Berlusconi termina così “una persecuzione giudiziaria e politica vergognosa fondata sul nulla”. In realtà già un’inchiesta della procura di Palermo negli anni ’90 contro Silvio Berlusconi – accusato anche di riciclaggio – venne archiviata: “Pur essendo emersi ad oggi diversi elementi che sembrano sostenere l’ipotesi accusatoria, la palese incompletezza delle indagini non consente di valutarne appieno il valore indiziario”, scriveva il gip. Ed è emerso anche nel processo che ha condannato Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa: “La Corte ha sottolineato che il Tribunale aveva preso atto dell’archiviazione su conforme richiesta del P.M. con la quale si era concluso il procedimento per riciclaggio e aveva rilevato che le dichiarazioni dei collaboranti Pennino, Di Carlo (…) e Cannella non erano state supportate da riscontri tali consentire di ritenere provata un’attività di riciclaggio nelle holding di Berlusconi”, si legge nella sentenza della Corte d’Appello di Palermo del 2013.

La decisione della Corte di Cassazione, arrivata nei giorni scorsi, era nata dalla richiesta – avanzata dai pm del capoluogo siciliano – di una misura di prevenzione personale e patrimoniale a carico dell’ex braccio destro di Silvio Berlusconi, e patrimoniale a carico della moglie e dei tre figli. La procura di Palermo ha sostenuto che parte del patrimonio di Dell’Utri fosse sproporzionato rispetto ai suoi redditi leciti. Già il Tribunale e la Corte d’Appello avevano rigettato le istanze. La Procura generale ha, così, presentato ricorso alla Suprema Corte che però lo ha respinto: niente sorveglianza speciale e confisca dei beni nei confronti dell’ex senatore di Forza Italia. “La tesi della connessione fra gli enormi versamenti ed un possibile patto criminale tra Dell’Utri e Berlusconi e/o la riconoscenza (o la remunerazione) per il silenzio serbato dal Dell’Utri circa i rapporti fra Berlusconi e Cosa nostra, pur se estremamente suggestiva (fosse solo per l’incredibile ammontare complessivo di tali versamenti e per la stessa storia criminale di Dell’Utri), presta il fianco alla finora indimostrata esistenza di accordi fra il sodalizio criminale e Berlusconi, sia in campo imprenditoriale che politico“, hanno scritto i giudici del tribunale di Palermo nella sentenza con cui avevano respinto la richiesta di confisca. “Nessun elemento concreto depone per ritenere tutte le entrate di Marcello Dell’Utri (dunque anche quelle derivanti dallo svolgimento di attività professionale presso le società del gruppo imprenditoriale riconducibile a Silvio Berlusconi, e finanche gli emolumenti per la carica di parlamentare) illecite in quanto derivanti da una sorta di ‘inquinamento’ genetico”, scrisse il tribunale di Palermo nel 2024 respingendo la proposta di misura patrimoniale.

Contro il decreto la procura e la procura generale ricorsero in appello ma le impugnazioni vennero una rigettata, l’altra dichiarata inammissibile. Pertanto la corte confermò la prima decisione aggiungendo che “le elargizioni di Berlusconi a favore del Dell’Utri hanno sempre una causale ben individuata (prestiti infruttiferi, donazioni, compravendite immobiliari, transazioni, vitalizio, etc.); la loro tracciabilità emerge ictu oculi dai conti correnti bancari del soggetti tra cui intercorrono detti flussi di denaro, ma soprattutto, riguardano un periodo che non rientra nel perimetro cronologico di pericolosità sociale del proposto, che si ferma al 2012″. Con il suggello della Cassazione la decisione è ora diventata definitiva.

Nonostante questo elemento era già emerso in altre sentenze, le reazioni sono tante. “Termina con la pronuncia della Cassazione una persecuzione giudiziaria e politica vergognosa fondata sul nulla che ha coinvolto mio padre e o suoi collaboratori da quando è sceso in politica”, dice Barbara Berlusconi: “Non posso che esprimere la mia soddisfazione – aggiunge – ma allo stesso tempo rimane l’amarezza. Mio padre, infatti, ha dovuto subire per decenni accuse assurde e inverosimili”. E da Forza Italia è una pioggia di dichiarazioni: “Per anni abbiamo assistito ad un accanimento giudiziario nei confronti del presidente Berlusconi, strumentalizzato cinicamente da molti avversari politici per sconfiggere attraverso la magistratura il leader scelto da milioni di italiani. Oggi si cancellano anni di menzogne e calunnie, mettiamo la parola fine a una storia vergognosa e rendiamo giustizia alla memoria di un grande italiano”, scrive su Facebook il vicepremier e segretario azzurro Antonio Tajani. “Posto fine a un tragico romanzo di fantascienza giustizialista“, dichiara il viceministro della giustizia Francesco Paolo Sisto. Per Maurizio Gasparri la decisione della Cassazione “dimostra l’infondatezza e la falsità di teoremi politici portati avanti per anni, purtroppo, anche da numerose Procure e da alcuni protagonisti dell’uso politico della giustizia”. “Berlusconi e Dell’Utri non avevano alcun legame con la criminalità organizzata né con Cosa Nostra. Noi lo sapevamo già, ma alcuni detrattori seriali hanno continuato a sostenere tesi infondate fino ad oggi”, ha concluso il presidente dei senatori di Forza Italia.

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