Operazione Saulo, l’arsenale del “locale” di Cirò nascosto in tubi interrati

  • Postato il 17 ottobre 2025
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Operazione Saulo, l’arsenale del “locale” di Cirò nascosto in tubi interrati

Nell’inchiesta Saulo le rivelazioni del pentito Aloe sull’arsenale del “locale” di Cirò: bazooka e kalashnikov nascosti sotto terra


CIRÒ MARINA – L’arsenale del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò era nascosto sotto terra. Parola di Gaetano Aloe, gola profonda del clan, che con le sue rivelazioni ha fornito un contributo agli inquirenti che hanno condotto l’operazione “Saulo”, sfociata l’altra notte nell’esecuzione di 21 misure cautelari. «Tutte le armi abbiamo noi: kalashnikov, fucili a pompa, c’è pure un bazooka». Il pentito era un fiume in piena davanti al procuratore Domenico Guarascio. Secondo il suo racconto, sarebbe stato Cataldo Marincola, uno dei leader storici della cosca, prima che venisse nuovamente arrestato, a impartire direttive specifiche a Luigi Vasamì, uno dei veterani del clan, che avrebbe così assunto le funzioni di custode delle armi.

ARMI SOTTO TERRA

Del resto, parliamo di uno degli esponenti di vertice della cosca cirotana, balzato all’attenzione delle cronache anche in occasione dell’operazione Ultimo Atto, che focalizzava la fase in cui proprio lui avrebbe assunto la reggenza, poi passata a Basilio Paletta in seguito al nuovo arresto. Vasamì era un “campagnolo”, secondo l’espressione usata dal collaboratore di giustizia. Era spesso circondato da cacciatori e “uomini legati alla terra”, i suoi fratelli sono “boscaioli” e hanno terreni e casolari in campagna che si prestavano a nascondigli. La strategia di Vasamì, sempre secondo Aloe, sarebbe stata anche quella di celare le armi all’interno di tubi che venivano interrati. Tra quanti gli avevano consegnato armi il pentito indica suo cognato Giuseppe Spagnolo, uno dei plenipotenziari del clan. Gli uomini di fiducia di Vasamì avevano il compito di nascondere l’arsenale del clan in posti strategici, inaccessibili ai più.

UN FALEGNAME L’ARMIERE

Il pentito indica tutta una serie di fiancheggiatori disponibili a custodire armi e droga all’occorrenza. Tra i più attivi in tal senso, in particolare, ci sarebbe Cataldo Cozza. Ma non sarebbe da meno il ruolo di un certo “Mastro Franco”, di professione falegname, che Aloe definisce come un vero “patito” di armi. Mastro Franco aveva una funzione del tutto particolare in quanto commercializzava le armi. Avvalendosi di suoi canali, le acquistava per poi proporle ad eventuali interessati. All’uopo, poi, le proponeva alla ‘ndrangheta qualora avesse in mano affari particolarmente vantaggiosi.

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