Operazione Saulo, l’imprenditore Mingrone di Cirò Marina fu ucciso per motivi passionali
- Postato il 14 ottobre 2025
- Notizie
- Di Quotidiano del Sud
- 1 Visualizzazioni

Il Quotidiano del Sud
Operazione Saulo, l’imprenditore Mingrone di Cirò Marina fu ucciso per motivi passionali
Le rivelazioni del pentito Aloe nell’inchiesta Saulo sul delitto Mingrone commesso a Cirò Marina 22 anni fa, movente passionale
CIRÒ MARINA – Sarebbe passionale il movente alla base di un omicidio compiuto 22 anni fa da uomini del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò. L’imprenditore edile Francesco Mingrone venne assassinato il 9 aprile 2003 in pieno centro, a Cirò Marina, in via Cesare Battisti, mentre si trovava seduto nella cabina di guida del suo furgone. A sparare sarebbe stato Giuseppe Spagnolo, detto “Peppe ‘u banditu”, uno degli esponenti di vertice della cosca. La vittima era “incolpata” di aver importunato una sorella del killer. Questi avrebbe aperto la portiera e avrebbe sparato un colpo di pistola alla tempia sinistra alla vittima, a bruciapelo. Ad avvisare Spagnolo del momento propizio per l’esecuzione, in perfetto stile mafioso, sarebbe stato Franco Cosentino, un dipendente del figlio della vittima, Nicodemo Mingrone. Cosentino, sorvegliato speciale e pertanto privo di patente di guida, si era fatto accompagnare sul posto di lavoro proprio dal suo datore, ovviamente ignaro di tutto. Si trovava al lato del passeggero quando avvertì i sicari. Spagnolo sarebbe giunto a bordo di uno scooter accompagnato da Martino Cariati, altro esponente di spicco del clan. Entrambi avevano il volto coperto.
CINICO SORRISO
C’è anche l’omicidio Mingrone nello scenario messo a nudo dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone e dalla Dda di Catanzaro con l’operazione Saulo, condotta contro il “locale” di ‘ndrangheta di Cirò. Sul fatto di sangue ha raccontato molte cose il pentito Gaetano Aloe. Le dichiarazioni del figlio del boss ucciso nel 1987, peraltro cognato di Spagnolo e Cariati, si incrociano con quelle più datate di un altro collaboratore di giustizia, Nicola Acri. Questi nel 2021 dichiarò che proprio Spagnolo, durante un matrimonio del clan, gli avrebbe indicato Mingrone come colui che importunava sua sorella. Successivamente, nel corso di un incontro, in modo scherzoso, con cinismo criminale, Acri disse a Spagnolo che “alla fine” l’omicidio lo aveva fatto. E con un sorriso altrettanto cinico, Spagnolo avrebbe ammesso la responsabilità del delitto.
IL TESTIMONE DI NOZZE
Ma è stato decisivo il contributo di giustizia fornito da Aloe che, pur non avendo preso parte al delitto, avrebbe avuto contatti con gli esecutori. Anche lui aveva lavorato alle dipendenze della ditta Mingrone. E ricordava che l’omicidio fu compiuto tre giorni prima del matrimonio della sorella di Spagnolo, anche perché rientrava dall’Umbria apposta per fare da testimone di nozze. Lo aveva scelto Spagnolo come testimone, non potendo egli presenziare all’evento nuziale essendo allora latitante. Aloe apprese dell’omicidio proprio dai carabinieri che lo fermarono durante un controllo mentre viaggiava all’altezza di Mandatoriccio, poco distante da Cirò Marina. Rientrato a casa, andò a far visita al latitante nel suo covo e lo trovò in compagnia di Cariati. Quest’ultimo veniva rimproverato da Spagnolo perché appariva pensieroso. Spagnolo, ha raccontato agli inquirenti Aloe, diceva a Cariati di cambiare atteggiamento «perché in quel modo stava facendo capire a tutti che aveva fatto chissà cosa». «Da lì ho subito capito che erano stati gli autori dell’omicidio di Ciccio Mingrone».
LEGGI ANCHE: Operazione Saulo, colpo al “locale” di ‘ndrangheta di Cirò con 21 arresti
LO “SPECCHIETTO”
Ma Aloe sa molto del delitto anche perché alcune confidenze gliele avrebbe fatte Cosentino, che all’epoca rientrava tra i testimoni oculari. Cosentino gli avrebbe rivelato di aver svolto funzioni di “specchietto”, inviando il segnale ai killer che si presentarono sul posto aprendo il fuoco contro l’obiettivo predestinato. «Il fatto che fossero stati loro ad uccidere Mingrone mi è stato confermato da Franco Cosentino. Cosentino lavorava nella ditta Mingrone ed aveva fatto da specchietto, avvisando Spagnolo e Martino. Mi raccontò che l’avevano affiancato con una moto e avevano sparato contro Mingrone. Ricordo che Cosentino scherzava sul fatto che dovette ritrarsi nel furgone e fare attenzione nel furgone perché altrimenti avrebbe ricevuto lui i colpi». Il pentito ricorda anche che l’uomo incaricato di far sparire lo scooter si vantava del compito impartitogli.
«LUI L’HA AMMAZZATO»
Il gip distrettuale Massimo Forciniti ritiene «coerente, chiara ed esaustiva» la ricostruzione fornita da Aloe, peraltro «riscontrata da altre fonti di prova». Il riferimento è ad altre testimonianze e ad alcune intercettazioni. Tra le testimonianze, quella del figlio della vittima che aveva accompagnato Cosentino sul posto di lavoro perché non poteva guidare essendogli stata revocata la patente. Fu proprio Cosentino ad avvisare Nicodemo Mingrone del delitto chiamandolo al telefono con voce agitata. Nicodemo Mingrone peraltro non comprendeva come il padre potesse trovarsi sul luogo del delitto perché la sua auto doveva essere utilizzata per altre mansioni e, data la sua anzianità, soltanto saltuariamente andava sul cantiere. Tant’è che all’epoca il figlio della vittima ipotizzò che potesse essersi trattato di un errore di persona e che il reale obiettivo dei killer potesse essere uno degli operai. Inoltre, da conversazioni intercettate nell’ambito dell’inchiesta Ultimo Atto, era emerso che uno degli indagati affermava che Mingrone era stato ucciso per motivi passionali. E che il “Bandito” non usciva più di casa. «Lui l’ha ammazzato».
Il Quotidiano del Sud.
Operazione Saulo, l’imprenditore Mingrone di Cirò Marina fu ucciso per motivi passionali