Orali Maturità: gli studenti sono più avanti del ministro
- Postato il 24 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Sulla questione degli studenti disubbidienti, cioè che si rifiutano di fare per protesta la prova orale all’esame di Stato, sono intervenuti un po’ tutti. Da ultimo anche il ministro che ha sfoderato la solita retorica conservatrice, promettendo che gli studenti contestatori saranno bocciati, anche se non si vede come questo possa accadere. È mancata, credo, una riflessione su come si sia potuti giunti a questa situazione paradossale. Analizziamo la questione.
Nel corso dei decenni l’Esame di Stato è cambiato in maniera sostanziale. Nella mia prima esperienza di commissario, allora si chiamava esame di maturità, siamo sul finire degli anni Ottanta, l’esame era essenzialmente una prova fortemente contenutistica con due scritti e poi il colloquio su due materie scelte dalla commissione il giorno prima. Questa formula, ereditata ancora dal ‘68, venne ritenuta inadeguata. Ecco allora che l’esame venne modificato, cioè alleggerito, in due direzioni. La prima è stata l’introduzione del credito scolastico. Nel 1998 il credito valeva 25 punti su cento, ora invece arriva a pesare 40 punti, ben il 40% della prova finale. Nella stessa direzione è andato anche il depotenziamento della commissione. Prima erano tutti docenti esterni con un unico interno, una specie di avvocato difensore. Poi il numero degli interni è passato al 50% della commissione. È chiaro che con queste trasformazioni anche la natura della prova finale è cambiata. L’esame è diventato decisamente meno impegnativo e selettivo, più in linea con il risultato del triennio. Per queste ragioni qualcuno ha pensato anche di abolirlo, anche se non è possibile a causa dell’art. 33 della Costituzione.
Come modificarlo allora per evitare la protesta da parte degli studenti? Dal punto di vista tecnico è chiaro che l’azione studentesca è favorita dal peso elevato dei crediti iniziali. Quindi sono i migliori che alzano la voce. È l’élite studentesca che esprime il suo disagio che va comunque colto. Un disagio poi che paradossalmente arriva dal Nord, dove gli studenti hanno un’ottima preparazione. È qui che bisogna, se lo si vuole, intervenire. Tornando al credito finale di 25 punti e dando più peso alle prove, l’esame ritornerà alla sua normalità. E questo avrebbe dovuto dire il ministro Valditara.
Anche sulla formazione della commissione occorrerebbe fare una riflessione critica. Una commissione che è formata da molti interni non fa che replicare, in positivo o in negativo, i giudizi del triennio. La valutazione finale ne risulta inevitabilmente condizionata. Mi sarei aspettato che un ministro del Merito cogliesse questa contraddizione, e che proponesse di tornare almeno alla vecchia struttura. Non sarebbe uno scandalo per chi dice di puntare sulla qualità. In Francia, ad esempio, la commissione dell’Esame di Stato è tutta esterna. L’esame è molto selettivo e le bocciature non così rare come in Italia. La ritrovata severità dell’Esame di Stato poi sarebbe una buona introduzione anche al clima degli esami universitari. Oggi, forse qualcuno lo dimentica, il 50% dei diplomati si iscrive all’università e già nel gennaio successivo arrivano gli esami veri, con molte sorprese, sia in positivo che in negativo. In definitiva, una revisione dell’esame finale con una commissione esterna e meno crediti non sarebbe solo desiderabile, ma anche utile.
La protesta è nel Dna degli studenti, soprattutto quelli più bravi o che possono permetterselo. Da questo punto di vista nessuna sorpresa, neanche quella dei sessantini. Tentare di soffocarla minacciando bocciature in stile reazionario-borbonico non porta da nessuna parte. Occorre cogliere il segnale di disagio e intervenire, nell’interesse in primo luogo degli studenti che comunque protestando si procurano un notevole danno. Fare scena muta all’orale dell’Esame di Stato è una forma di protesta che non va resa possibile. L’Esame di Stato è cresciuto come una pianta storta venendo meno alla sua funzione. Spetta al ministro dell’Istruzione, che si vanta di essere anche quello del merito, raddrizzarla.
Recentemente, con raro tempismo, il ministro è intervenuto sull’esame finale proponendo di ritornare alla vecchia dizione di esame di maturità al posto di quella, troppo laica e contenuta nella Costituzione, di Esame di Stato. Per Valditara evidentemente basta cambiare il nome per immaginare di cambiare la sostanza, nello stile del ben noto principe di Salina. Gli studenti sono molto più avanti, distanti dall’ipocrisia dei politici, e chiedono interventi sostanziali, non solo sulla prova finale. Qui non servono le solite discussioni pedagogiche sul senso della valutazione, ma una nuova e più efficace politica scolastica che la società italiana attende da tempo, guardando però avanti e non indietro.
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