Parla la nuova direttrice del Macro. Scenari, politica e finanziamenti per il museo di Roma

La prima sorpresa è stato il ristorante. Un vero ristorante con targa metallica all’ingresso, un nome da rivista di architettura, “Materia”, stile omogeneo che abbraccia tavoli, bicchieri, tende, piante, menù ricercato e food design. Un ristorante così all’ultimo piano del Macro non c’era mai stato (o perlomeno non nei recenti ricordi).

Il Macro di Cristiana Perrella

Comunque, è lì che la neodirettrice Cristiana Perrella in un torrido giorno di luglio ha incontrato alcuni giornalisti per raccontare in anteprima come sarebbe stato il suo Macro. Un Macro-diverso dal pur ottimo Museo dell’immaginazione preventiva, firmato da Luca Lo Pinto che l’ha preceduta e anche dal Macro Asilo di Giorgio De Finis, due gestioni fa, nonché da tutte le altre gestioni che si sono succedute da quando questo sofferente museo nato con grandi speranze mai del tutto realizzate.
Al loro posto, un cambio continuo di direttori che non arrivano mai a concludere il loro progetto, una dipendenza malata dal potere politico, finanziamenti insufficienti e insicurezze sul management che facevano scappare gli sponsor. Questa storia è stata già vissuta e scritta, quella che invece racconta ora la Perrella è ancora tutta da costruire. Con una ammirevole energia, senza pause né incertezze, la direttrice in un fiume di parole ci dice in sintesi che lei vuol trasformare questa avventura rocambolesca in un museo normale

Il Macro, la sala cinema e gli archivi

A cominciare da sé stessa: un direttore che non pretende di inventare qualcosa di nuovo ma vuole costruire qualcosa di certo. Nel dettaglio: aprire una sala cinema di circa 100 posti da  affidare ad un curatore esperto per garantire una programmazione di “prima visione’’ non solo sperimentale ma che accolga anche film del circuito commerciale; riaprire la biblioteca a consultazione gratuita; fondare un centro archivi che renda pubblico il materiale del museo e sia in grado di accoglierne di nuovo grazie a donazioni; rendere visibili a rotazioni le collezioni storiche attualmente sepolte nei depositi; attirare pubblici diversi non solamente addetti ai lavori grazie a eventi e programmi didattici e interdisciplinari. Poi naturalmente c’è l’aspetto espositivo che con cicli di mostre grandi e piccole tra le project room e le sale più capienti, a cominciare dalla Grande sala dove è in programma da ottobre la mostra “Unaroma” che firmerà insieme all’ex direttore Luca Lo Pinto in nome di una sodale continuità. Sarà, racconta “Una grande rassegna dedicata Roma e alla sua scena artistica pensata e allestita come un piano sequenza con uno sguardo fluido che si muove accogliendo nel movimento di macchina anche la casualità l’incontro fortuito”. E qui, chiudendo gli occhi, sembra sentir parlare ancora Lo Pinto con le sue immaginifiche metafore. Segno che il sodalizio ha funzionato.

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Il Macro e la relazione con le scuole

A parte il piano sequenza però, il discorso di Cristiana Perrella procede in maniera molto piana e concreta. Si vede che ha studiato anche l’urbanistica e l’architettura che caratterizza il suo museo. “Questa parte della città ci dice ha bisogno di un luogo di riferimento per tutta la comunità, soprattutto giovane, anche perché accoglie alcuni dei più grandi e importanti i licei storici di Roma (il Tasso, il Righi, il Giulio Cesare), università come la Luiss e La Sapienza…” Ma nella sua rigida pianta a reticolo, pensata dai piemontesi (siamo a un passo dalla Breccia di Porta Pia) il quartiere è privo di una vera piazza. Quella che il progetto di Odile Decq, la celebre architetta che ne firmò l’ampliamento voleva restituire agli abitanti, costruendola sul tetto del museo, proprio lì dove si affaccia il ristorante e dove era prevista una mai funzionante fontana, perché nell’idea della progettista non c’era piazza a Roma che non avesse una fontana.
Viene in mente che dopo tanti direttori tutti dal piglio autoriale, tutti provvisti di forti personalità – e tutti maschi – (l’unica donna fu Alberta Campitelli, funzionario della Sovrintendenza ma ebbe funzioni direttive solo per un temporaneo intermezzo) ecco una direzione femminile che dichiara di voler mettere la ricostruzione della casa davanti al progetto creativo, l’esigenza della comunità prima della sua personale vanità, il rafforzamento del museo prima della attività espositiva. “Io faccio volentieri un passo indietro nel bene dell’istituzione”, ripete più volte.

La direzione femminile della Perrella

Come darle torto. Ripartire dalla struttura a questo punto è forse l’unica strada saggia. Soprattutto dopo aver visto come l’intelligente, vitale e preventiva immaginazione del museo di Luca Lo Pinto (ci mancherà) si sia dovuta scontrare con la realtà di una manutenzione insufficiente e con i secchi sparsi a raccogliere l’acqua piovana che scendeva dal tetto. Per questo arriva puntuale la domanda: “A sostegno di tanto progetto che prevede anche la costruzione di biblioteca e sale cinema, rafforzamento dei servizi, manutenzione straordinaria e di conseguenza un aumento di organico, è previsto anche un aumento del finanziamento finora stanziato per il Macro?” Gelida e sintetica arriva anche la risposta: “No”.
Dunque, è sempre lo stesso ci conferma la direttrice: 700mila euro da cui sono esclusi solo gli stipendi dei dipendenti.

I finanziamenti del Macro

È ovvio che per un progetto come quello che ci è stato descritto non possono bastare. Naturalmente si può sperare nei rimasugli del PNRR, nell’arrivo di un mecenate, nel risveglio di grandi sponsor, nella capacità del direttore di fare anche fundraising o nei miracoli…Ma in fondo il punto nevralgico è sempre lo stesso: fino a che punto il Comune di Roma crede in questo museo? È davvero deciso a farne il Museo maiuscolo di Arte e Cultura contemporanea di questa città (che sarebbe poi anche una Capitale)?  Ha davvero voglia di finanziarlo e farlo ripartire?
Non basta la gioia dell’assessore alla cultura Massimiliano Smeriglio che nel comunicato stampa dichiara: “Sono molto contento. Si sta configurando un nuovo Macro che sarà uno spazio vivo e di condivisione dove dialogano tanti aspetti della cultura”. Ma perché questo accada non basta essere contenti, bisogna essere molto operativi. 

Il Macro e la politica

Solo se ci sarà il sostegno e la volontà politica di far nascere e vivere un museo solido, tutelandole l’autonomia culturale, garantendone la continuità, il sostegno finanziario adeguato e mettendolo al riparo dall’invasione del potere politico, potremmo dire di vedere una luce in fondo al tunnel. Altrimenti tra tre anni alla scadenza del primo mandato di Cristiana Perrella potremmo essere da capo. Un contratto non rinnovato, un’altra giunta, un altro direttore, un altro progetto e un buco nel tetto che nessuno ripara. 

Alessandra Mammì

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Autore
Artribune

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