Ponte Morandi, al processo per il crollo è il giorno delle vittime: “La finanza si è mangiata l’industria. Aspi ha fallito sotto gli occhi dello Stato”

  • Postato il 21 ottobre 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Questa è la tragedia dell’assolutizzazione del profitto e se la finanza non fosse stata il tiranno della gestione di impresa, se la vera cultura aziendale avesse prevalso questa tragedia non ci sarebbe stata”. A lanciare il j’accuse è Raffaele Caruso, avvocato del Comitato delle vittime del Ponte Morandi, oltre che di Egle Possetti e Marcello Bellasio, che oggi ha parlato per quasi sette ore nel corso del processo per il crollo del viadotto. Un intervento in cui il legale delle parti civili ha chiesto la condanna degli imputati e messo sotto accusa il sistema Autostrade: “Nella storia di Aspi la finanza si è mangiata l’industria, intendo con il termine industria, l’oggetto stesso dell’impresa che in questo specifico caso è viaggiare in velocità e sicurezza. Abbiamo finito per viaggiare insicuri e, se pensiamo al costo infinito dei cantieri, abbiamo finito per viaggiare lenti. Aspi esce da questo processo come un’impresa piena di soldi ma che ha completamente fallito i suoi obiettivi industriali. E purtroppo ad acuire l’amarezza c’è il fatto che questo è avvenuto sotto gli occhi dello Stato, in un settore in cui lo stato avrebbe dovuto vigilare e invece si è girato dall’altra parte, perso in un’inadeguatezza che ha visto generare profitti assurdi a fronte di inefficienze che la retorica delle privatizzazioni ci diceva che sarebbero definitivamente sparite”.

L’arringa di Caruso ripercorre cinquant’anni di allarmi ignorati, sliding doors che avrebbero potuto impedire la morte di 43 persone. I primi rapporti preoccupati del progettista, Riccardo Morandi, tra i primi ad accorgersi che la sua creatura era un gigante fragile. La ristrutturazione degli anni Novanta che mette in sicurezza due pile su tre (la numero 10 e la 11), lasciando inalterata per i successivi trent’anni la terza, la numero 9, quella che poi crollerà. La privatizzazione e i continui rinvii dei lavori, l’ammorbidimento delle consulenze, la falsificazione dei controlli, con un’intera società che si affidava “ciecamente” a una “sorveglianza – argomenta Caruso – che era una farsa di cui tutti erano consapevoli”.

L’affondo dell’avvocato dei familiari è proprio nei confronti della struttura e della cultura aziendale di Autostrade per l’Italia: “Il Morandi era un viadotto che nei corridoi era il grande malato, ma nei rapporti ufficiali diventava una struttura perfettamente in salute”. E, dice ancora Caruso, non c’era niente di casuale in questa “schizofrenia aziendale”, che teneva in piedi un “sistema di doppie verità”, con un “canale ufficioso di notizie che smentiva quello ufficiale”.

Per l’avvocato delle vittime, il crollo del Morandi è una vicenda “in cui la colpa si avvicina molto al dolo, anzi, se fosse accaduta prima della sentenza Thyssenkrupp, che ha introdotto una giurisprudenza più garantista, staremmo discutendo di contestazioni dolose”. E qui il legale risponde direttamente all’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci: “Noi oggi parliamo di una colpa, ma di una colpa che porta a responsabilità effettiva. L’esatto contrario di una responsabilità senza colpa, cioè lo slogan pronunciato dall’ingegner Castellucci subito dopo il disastro. La responsabilità senza colpa è qualcosa che non esiste, che mi ricorda quel personaggio di Happy Days, Fonzie, che non riesce a dire “ho sbagliato” e non riesce a dirlo quando è davanti a qualcuno”. Un ultimo attacco, infine, è a quello Stato che, attraverso il ministero dei Trasporti, per anni si è girato dall’altra parte, affidandosi alle rassicurazioni della concessionaria privata: “Questa è una storia classica di cattura del regolatore, di un controllore che non ha controllato”.

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