Privacy violata: così puoi agire se trovi la tua foto o un deepfake col tuo volto su un sito porno

  • Postato il 2 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il principio è semplice: ciascuno ha diritto di tracciare i confini tra l’intimo, il privato e il pubblico decidendo cosa di sé non condividere con nessuno, cosa condividere con pochi, cosa condividere con tutti. Nessuno dovrebbe, per nessuna ragione, violare questi confini.

I fatti di cronaca delle ultime settimane, tuttavia, raccontano che purtroppo accade, accade spesso e accade in maniera abominevole, disumana e violenta anche attraverso la pubblicazione online di immagini sessualmente esplicite all’insaputa delle persone ritratte e in assenza di qualsivoglia loro consenso. In tante e in tanti, quindi, in questi giorni si stanno chiedendo cosa fare se ci si trova vittima di una simile orribile invasione della propria intimità.

Inutile e, forse, controproducente creare o alimentare illusioni: la verità è che quando ciò che dovrebbe restare intimo diventa pubblico nella dimensione digitale, poi renderlo di nuovo intimo può essere drammaticamente difficile, talvolta impossibile. E, tuttavia, questo non significa che reagire sia inutile, che in alcuni casi si possa ottenere il risultato, che spesso si riesca, almeno, a contenere la diffusione di ciò che avremmo voluto non vedesse mai nessuno o a ottenere che il responsabile della violenza sia punito e così dissuaso dal commetterne di ulteriori.

Se si è vittima di una violenza di questo genere, dunque, ha generalmente senso reagire. Ecco come.

Il primo passo è il più semplice – almeno normalmente – o quello che dovrebbe risultare più semplice: chiedere al responsabile della pubblicazione se identificato o identificabile e/o al gestore della piattaforma attraverso la quale il contenuto è stato pubblicato la sua cancellazione segnalando, semplicemente, che non si è mai prestato alcun consenso e che, pertanto, la pubblicazione rappresenta una violazione pacifica della propria privacy.

Qui, rispetto a tante cose lette in giro in questi giorni, vale forse la pena segnalare che questa regola – la pubblicazione è illecita in assenza di uno specifico consenso – vale anche laddove la foto o il video pubblicato siano stati precedentemente pubblicati dall’interessato o dall’interessata su altra piattaforma, con modalità diverse o per altre finalità. Tanto per intenderci, nessuno può prendere la foto che abbiamo pubblicato sul nostro profilo su un social network e ripubblicarla su un sito porno senza il nostro consenso.

E la stessa regola vale anche se la foto o il video in questione sono stati – come purtroppo accade sempre più di frequente – creati artificialmente attraverso una delle tante app che consentono di “spogliare” digitalmente chiunque realizzando un cosiddetto porno deepfake.

L’esperienza suggerisce che, con una certa frequenza, le piattaforme – almeno quelle più grandi – ricevuta la richiesta di cancellazione o rimozione, l’accolgono anche semplicemente per evitare problemi di qualsiasi genere.

Se, tuttavia, non si ottiene ciò che si vuole o se non si riesce a identificare i destinatari della richiesta o un recapito attraverso il quale inviargliela, si può ricorrere al Garante per la protezione dei dati personali, chiedendo che accerti la violazione e adotti ogni utile provvedimento, anche in via d’urgenza, a cominciare proprio da un ordine di rimozione immediata delle immagini in questione.

L’istanza – che si chiama reclamo – può essere presentata senza alcun particolare vincolo di forma e senza bisogno neppure di ricorrere a un avvocato – dal quale pure ci si può far rappresentare se lo si preferisce – semplicemente seguendo le istruzioni pubblicate qui, sul sito del Garante.

Analoga istanza, se si vuole, può essere presentata davanti al Giudice civile al quale si può chiedere anche il risarcimento del danno che si ritiene la pubblicazione dell’immagine abbia eventualmente arrecato, cosa che non si può fare ricorrendo al Garante. Davanti al Giudice civile, tuttavia, è indispensabile farsi rappresentare da un avvocato.

Le possibili forme di tutela non finiscono qui.

Nel caso di pubblicazione online di foto o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona che vi è ritratta, infatti, quest’ultima può anche presentare una denuncia alla polizia postale o alla Procura della Repubblica ipotizzando di essere vittima del reato di pornografia non consensuale, il cosiddetto revenge porn anche se, in molti casi, la vendetta non ha niente a che vedere con le motivazioni all’origine della violenza ovvero della pubblicazione del contenuto incriminato.

Questi i principali strumenti di tutela e esercizio dei diritti. Non sempre, come anticipato, risolutivi ma, comunque, importanti e talvolta efficaci.

Resta solo da aggiungere che chi, dopo aver condiviso con qualcuno, non importa in quale contesto, delle immagini sessualmente esplicite senza tuttavia acconsentire alla loro pubblicazione online, temesse che il destinatario della condivisione possa accingerci a rompere il patto di fiducia sotteso alla condivisione delle immagini e a pubblicarle, può chiedere al Garante per la protezione dei dati personali di ordinare a tutte le principali piattaforme più frequentemente utilizzate per la pubblicazione di questo genere di immagini di impedirne la pubblicazione in via preventiva. Anche in questo caso, presentare l’istanza è semplice e non richiede alcuna formalità, né il ricorso a un avvocato.

Per farlo, tuttavia, si deve possedere una copia della foto o del video che si teme possano essere pubblicati perché solo attraverso essi il garante può generare la cosiddetta impronta di hash attraverso la quale ordinare ai gestori delle piattaforme il blocco della pubblicazione delle immagini in questione.

Da segnalare che sfortunatamente questo strumento, allo stato, ha due limiti. Il primo è che vale a bloccare solo eventuali tentativi di pubblicazione della stessa foto o dello stesso video trasmessi al Garante e non eventuali ulteriori versioni frutto di una qualsiasi manipolazione. Il secondo è che Internet è sterminata e il Garante non è in condizione di ordinare effettivamente il blocco preventivo a tutte le piattaforme esistenti ma, appunto, come anticipato, solo a un certo numero.

Insomma, se la vostra intimità fosse stata violata attraverso la pubblicazione di vostre foto o video online, non rinunciate a cercare tutela, è un vostro diritto.

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Il Fatto Quotidiano

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