Questo è il primo Conclave globale della storia: si cerca un Papa carismatico e ‘rammendatore’
- Postato il 8 maggio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Ora sono chiusi in Conclave, 133 uomini di 71 nazioni. Costretti a fare una scelta che avrà un impatto su un miliardo e quattrocento milioni di seguaci e anche molto al di là, perché da Giovanni XXIII in poi – sullo slancio del concilio Vaticano II e poi del pontificato proiettato all’esterno di Giovanni Paolo II – il ruolo papale è diventato significativo per una gran parte dei contemporanei.
Silenziato ogni contatto tra i cardinali elettori e l’opinione pubblica, si dissolvono i fumi del toto-Papa e resta più netta la difficoltà di individuare il profilo dell’uomo giusto da portare al trono di Pietro. I cardinali non scelgono il “successore” di Francesco, ma devono capire chi sia oggi la personalità giusta per guidare la Chiesa cattolica.
Questo è il primo Conclave globale della storia, con il maggior numero di elettori e una rappresentanza estremamente variegata di esperienze religiose e socio-culturali. Nella Cappella Sistina gli esponenti del Sud globale sono in maggioranza rispetto ai cardinali europei. E’ la fine di un’epoca. E ciò che rende il Conclave ancora più particolare è che i rappresentanti dell’ex Terzo mondo, specialmente in Africa, sono usciti dalla fase ecclesiastica postcoloniale: non sono più modellati totalmente dallo stampino “romano” ma si sentono pienamente africani e cattolici. Questo significa che anche in Conclave vogliono capire la direzione da imboccare e non sono pronti ad accodarsi automaticamente a cordate curiali.
Le riunioni pre-Conclave hanno evidenziato tre elementi, che in queste ore pesano nelle scelte. Si sono sentite voci critiche nei confronti di Bergoglio – un riflesso della lunga guerra civile scatenata dai falchi conservatori nei confronti degli “strappi” operati dal pontefice argentino – ma è fallito il tentativo di fare il processo a Francesco. Le ripetute accuse di ambiguità e di avere creato confusione si sono scontrate con l’enorme eco della sua scomparsa, segno di un rapporto vitale e significativo con la massa dei credenti e dell’opinione pubblica.
Le caratteristiche di tenerezza e misericordia del suo pontificato, la sensibilità religiosa e politica ai grandi temi del mondo odierno – la miseria, la spietatezza del capitalismo selvaggio, l’urgenza di affrontare la questione dei migranti non in un’ottica di deportazioni ma di inclusione, l’importanza della questione ecologica per il suo impatto sulle condizioni di vita quotidiane, l’urgenza di creare pace al posto di guerre e di costruire un multilateralismo sulla scena planetaria, l’importanza di rapporti fraterni tra le grandi religioni – sono un patrimonio da cui il cattolicesimo del XXI secolo non può prescindere. E’ emerso dunque con nettezza il bisogno di un pontefice che, in presenza di una situazione difficile nel mondo e ancor più difficile nella Chiesa, continui ad essere una forte voce etica, anche con riflessi politici.
Allo stesso tempo, nella consapevolezza che Bergoglio ha governato spesso per impulsi e strappi (decidendo di dare la comunione ai divorziati risposati, accogliendo a pieno titolo l’omosessualità dei fedeli, concedendo il diritto di voto alle donne nell’ultimo sinodo mondiale e ponendole anche a capo di dicasteri curiali), è emersa con chiarezza la volontà dei cardinali elettori di ridare forza al governo centrale della Chiesa facendo in modo che il futuro pontefice governi in modo collegiale, coadiuvato da un consiglio di vescovi e cardinali che rifletta l’universalità della Chiesa. E’ una richiesta, dichiara un cardinale, “manifestatasi unanimemente”. Questo vuol dire, ha soggiunto il porporato, che “il papa non deve essere lasciato solo e al tempo stesso non deve camminare da solo”. In altre parole, quando il cardinale Re durante le esequie di Francesco esordiva esaltando nella sua omelia la maestà di piazza San Pietro, ciò significa rafforzare in modo nuovo il governo centrale di Roma.
Allo stesso tempo – ed è il terzo punto presente ai cardinali elettori in queste ore – è impossibile non fare i conti con il carattere variegato delle comunità cattoliche presenti nei cinque continenti. Come tenere insieme unità e diversità. Come tenere insieme diverse velocità. In che maniera mantenere, ad esempio, su un comune terreno un episcopato come quello tedesco, aperto al diaconato e al sacerdozio femminile, e un episcopato come quello africano contrario alla benedizione delle coppie. Il compito è arduo.
Mentre i cardinali guardano chi sale e chi scende nella conta dei voti, sono concentrati sul profilo ideale: un papa “rammendatore” delle divisioni manifestatesi, costruttore di una nuova architettura ecclesiale, ancorato nella trascendenza e al tempo stesso chiaramente pastorale e mite. In più si richiederebbe anche una personalità carismatica perché l’epoca contemporanea ha bisogno di grandi comunicatori. Come sempre, poi verrà fuori un nome con pregi e difetti. Non un santino.
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