Referendum, a votare sono stati soprattutto elettori Avs: un messaggio per Elly Schlein
- Postato il 10 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Giovanni Muraca
Il quorum non è stato raggiunto. Come ovvio che succedesse, il referendum “all’italiana” è stato boicottato già dalla sua nascita. Non che sia la prima volta: come raccontato dalle firme del giornalismo italiano, l’abbiamo visto fare altre volte (e in passato anche dalla stessa sinistra). L’analisi che salta subito all’occhio è quella pubblicata da Swg per il tg La7 del 9 giugno, che ha fatto una stima basata sul rapporto affluenza/elettorato. Tutti pensavano che il Pd sarebbe stato il primo partito in testa per persone votanti, ma ciò non è avvenuto.
A sorpresa, il rapporto lascia a bocca aperta perché è Alleanza Verdi e Sinistra ad aggiudicarsi il primo posto della stima, staccando di 4 punti percentuali (62% dei 13 milioni di persone che hanno votato) il partito guidato da Elly Schlein, che si attesta al 58%. Seguono Movimento 5 Stelle (48%), i partiti di centro (28%), Forza Italia (25%) e, a seguire e com’era prevedibile, Lega e Fratelli D’Italia in coda. Il risultato del referendum e l’analisi fatta dall’istituto guidato da Maria Cristina Salami mettono in luce un’altra questione: la leadership della segretaria del primo partito di opposizione.
Le ultime vicissitudini, animate – come sempre – dalle correnti interne al partito fondato da Walter Veltroni, mettono sempre di più in discussione, se non in difficoltà, la leader – non che per il Pd sia una novità non riconoscere il proprio leader. Correnti che sottotraccia dettano la linea mettendo in secondo piano la gerenza, pregiudicando anche il destino del partito che non andrebbe avanti senza “l’elettorato garantito”.
Purtroppo queste frizioni nel nuovo elettorato, sempre più esigente in un mondo polarizzato, portano nuove sfide ad Elly Schlein. Coloro che la vollero alla guida nel 2023 nutrivano una speranza che è stata soddisfatta a metà: quella di portare il Pd in una dimensione più di sinistra che di centro senza troppi fronzoli. Purtroppo, però, c’era e c’è da combattere con le famose “quinte colonne” delle correnti rimaste che, seppur minoritarie, si armano di proprio potere scollandosi dal pensiero “unanime”: chi si trova più al centro non ama essere definito “troppo di sinistra” – soprattutto coloro che militavano nei Democratici di Sinistra prima della fusione veltroniana del 2007.
Il resoconto elargito da La7 fa emergere che, pian piano, la vera sinistra si sta spostando verso partiti che fanno della sinistra la Sinistra. Uno tra questi, oltre al Movimento 5 Stelle che non si schiera nell’arco costituzionale pur avendo idee progressiste, è senz’altro AVS che, goccia a goccia, sta assorbendo le delusioni di chi votava Pd – o più di rado M5S – e che non si rispecchia più nel motto “voto questo perché è il meno peggio, pur non rappresentandomi”.
Sono solo numeri, è vero. Ma mettendo a rapporto elettorato/affluenza ai referendum, non si capisce come il Pd, che si attesta al 23.4% di consensi, sia secondo; mentre AVS, che oggi sfiora il 6.5%, abbia avuto più votanti alle urne in assoluto. Forse sarà anche la semplice associazione Pd-Cgil che è stata montata, ma quel che è sicuro è che le Elezioni europee 2024 furono per AVS il trampolino di lancio per il pubblico anche più giovane, il quale è stato monetizzato oggi in consenso (oggi tallona Lega e Forza Italia da un 3-4% di un anno fa, prima delle Europee).
Che sia la volta buona che Elly Schlein faccia della sua guida una scelta decisiva e divisiva per un partito che non è mai decollato, e che in molti attendono sin dalla sua ascesa? Non lo sappiamo. Non dovesse arrivare questo punto di rottura, può essere che a dire “non ci hanno visti arrivare” stavolta saranno Bonelli e Fratoianni.
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