Rischio idrogeologico per il 94,5% dei comuni. Quasi 6 milioni di persone convivono con il pericolo di frana

  • Postato il 30 luglio 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Aumenta del 15% la superficie del territorio italiano che risulta a rischio frane nei Piani di assetto idrogeologico (Pai), passando dai 55.400 chilometri quadrati del 2021 ai 69.500 chilometri quadrati del 2024, pari al 23% del territorio nazionale. Significa che sono a rischio 5,7 milioni di abitanti, di cui 1,28 milioni residenti in aree a maggiore pericolosità. Oltre 582mila famiglie, 742mila edifici, quasi 75mila unità locali di impresa e 14mila beni culturali sono esposti a rischio nelle aree a maggiore pericolosità da frana. Gli incrementi più significativi si rilevano nella Provincia Autonoma di Bolzano (+61,2%), Toscana (+52,8%), Sardegna (+ 29,4%), Sicilia (+20,2%) e sono dovuti principalmente a studi di maggior dettaglio effettuati dalle Autorità di bacino distrettuali e dalle Province autonome. Le aree classificate a maggiore pericolosità (elevata P3 e molto elevata P4) dall’8,7% passano al 9,5% del territorio nazionale. E così, nel 2024, il 94,5% dei comuni italiani è a rischio frana, alluvione, erosione costiera o valanghe. Migliora, però, la situazione delle spiagge italiane: sul fronte dell’erosione costiera risultano più i tratti in avanzamento (30 chilometri in più) che quelli in erosione. È quanto emerge dal quarto Rapporto Ispra sul “Dissesto idrogeologico in Italia”, il lavoro triennale dell’Istituto.

Tre anni da incubo. Il ruolo dei cambiamenti climatici – Il triennio 2022-2024 è stato segnato da eventi idro-meteorologici di eccezionale intensità: le esondazioni diffuse lungo le aste fluviali principali e secondarie nelle Marche del settembre 2022, le colate rapide di fango e detrito nell’isola di Ischia nel novembre 2022 con 12 morti, le alluvioni in Emilia-Romagna nel maggio 2023, con danni stimati in 8,6 miliardi di euro, le intense precipitazioni in Valle d’Aosta e Piemonte settentrionale nel giugno 2024, con effetti significativi in termini di esondazioni e colate detritiche. “I cambiamenti climatici stanno determinando un incremento della frequenza delle piogge intense e concentrate – spiega Ispra – con conseguente aumento delle frane superficiali, delle colate rapide di fango e detriti, delle alluvioni, incluse le flash flood (piene rapide e improvvise), amplificando il rischio con impatti anche su territori storicamente meno esposti”.

Oltre 630mila frane solo nel 2024. L’Italia tra i Paesi europei più esposti – Secondo i dati aggiornati dell’Inventario dei fenomeni franosi in Italia (IFFI), realizzato da Ispra in collaborazione con Regioni, Province autonome e le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, al 2024 sono oltre 636mila le frane censite sul territorio nazionale. “Un dato importante, se si considera che circa il 28% di questi fenomeni è caratterizzato da una dinamica estremamente rapida – aggiunge l’istituto – e da un elevato potenziale distruttivo, con conseguenze spesso drammatiche, inclusa la perdita di vite umane”. Nel 2024 la popolazione a rischio frane in Italia è stata complessivamente pari a 5,7 milioni di abitanti, di cui 1,28 milioni residenti in aree a maggiore pericolosità (P3 e P4), pari al 2,2% della popolazione totale.

Alluvioni: le nuove mappe nel 2026 – Sul fronte delle alluvioni, il Rapporto descrive le attività del terzo ciclo di gestione (2022-2027) della Direttiva Alluvioni che porteranno all’aggiornamento, previsto per il 2026, delle mappe di pericolosità e rischio alluvioni. Sul fronte delle valanghe, la superficie potenzialmente a rischio è di 9.283 chilometri quadrati, pari al 13,8% del territorio montano sopra gli 800 metri di quota. Per la prima volta, Ispra realizza una cartografia armonizzata nazionale grazie al contributo di Aineva, del Servizio Meteomont dei Carabinieri, e delle Regioni e Arpa competenti.

Inversione di tendenza per le spiagge italiane: più avanzamento, meno erosione – Oltre 1.890 chilometri di spiagge hanno subito cambiamenti significativi tra il 2006 e il 2020. L’erosione costiera continua a rappresentare una minaccia concreta per numerosi tratti di litorale, con evidenti fenomeni regressivi documentati dai dati cartografici. Il report, però, documenta alterazioni dell’assetto della linea di riva superiori a 5 metri, pari a circa il 23% dell’intera costa italiana, ovvero al 56% delle sole spiagge, con 965 chilometri che risultano in avanzamento e 934 chilometri in erosione. Si segnala, quindi, un’inversione di rotta ed una prevalenza della lunghezza dei tratti di costa in avanzamento su quelli in erosione di circa 30 chilometri. “Seppur non riscontrabile in tutte le regioni – spiega Ispra – è da considerarsi quale probabile effetto dei numerosi e continui sforzi compiuti negli anni per mitigare il dissesto costiero con interventi di ripascimento e opere di protezione”. Ma, come spiega Ispra, avere una sostanziale parità tra i valori in avanzamento e quelli in erosione “non significa aver trovato il punto di equilibrio tra investimenti annui in azioni di gestione del litorale e tendenza all’erosione”. Quello che viene rilevato è che i ripascimenti reintegrano le spiagge in contesti con la presenza di abitati o di stabilimenti balneari, ampliando queste spiagge tipicamente per qualche decina di metri. “Al contrario – spiega il report – generalmente le aree più naturali e meno interessate da interventi di ripascimento possano perdere porzioni di territorio molto maggiore”.

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