Sul referendum la destra gioisce, ma è una vittoria di Pirro: il fronte progressista può essere competitivo
- Postato il 12 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Tutti sanno che il referendum è una corsa truccata per ragioni di prudenza costituzionale. In effetti, una parte ha a disposizione due risultati su tre. Chi propone il referendum sa che la sfida è dura: bisogna iniziare la partita, cioè superare il quorum del 50%, e poi vincerla. Gli avversari dei referendari sono molto più tranquilli, ma fino ad un certo punto perché si può vincere, anche passivamente, in tanti modi. Mai come in questi casi la matematica, il gioco dei numeri, può creare illusioni.
Consideriamo il primo quesito referendario, quello sul reintegro, forse il piatto forte di questa tornata. La destra è in festa perché è riuscita con la sua strategia ostruzionistica a impedire il raggiungimento del quorum. Il sabotaggio a reti unificate ha funzionato, e questo era facilmente intuibile data la polarizzazione politica. Quindi una vittoria a tavolino, ma non così netta. In fondo hanno detto che avrebbero voluto una legge differente sul lavoro più di 12,2 milioni di elettori.
Il dato è molto interessante perché questa è stata la soglia che ha consentito alla destra-destra di fare cappotto alle scorse elezioni, grazie alla strategia suicidaria di Letta. Allora il centrosinistra prese 7,3 milioni di voti, il Movimento 5 Stelle 4,3 milioni, ma andando separati hanno regalato decine di seggi uninominali agli avversari. Quindi, invece di dimostrare la debolezza della coalizione progressista per il mancato quorum, a mio avviso, il referendum ne mostra la forza sostanziale. Andare verso destra, come vorrebbero molti progressisti moderati, non porterebbe a nulla. Il fronte progressista può ben essere competitivo e i voti reali lo mostrano.
C’un motivo in più di soddisfazione per il fronte progressista. Con il referendum, la segretaria del Pd Schlein finalmente ha eliminato ogni residuo dell’eredità renziana e gli elettori progressisti hanno gradito. Si tratta ora di consolidare questa spinta e di non perderla in inutili discussioni. Dopo la difesa del lavoro, tocca la difesa del salario e su questo punto aspettiamo risposte precise e concrete dalle segreterie dei partiti progressisti, dalla proposta del salario minimo fino all’adeguamento automatico all’inflazione. Non possiamo più aumentare il salario a spese delle casse pubbliche come fa la destra, tagliando poi gli stipendi ai pubblici dipendenti e la spesa dello stato sociale.
E a destra? Qui si respira un’aria di giubilo per lo scampato pericolo. Il solito Salvini gioisce per l’esito della sua strategia basata sulla fuga dalle urne e sulla mancanza di coraggio. Non andando a votare, la destra ha deciso di non misurarsi con la realtà, ma lo stesso accampa il merito per la vittoria. Che merito ci sia a vincere senza competere, non si sa. Magari alle urne la destra avrebbe anche vinto, come sarebbe accaduto probabilmente nel caso del referendum sulla cittadinanza.
Dalla codardia di Salvini si arriva poi al comportamento imbarazzante della premier che si è recata alle urne, ma non ha ritirato le schede per far mancare il quorum. Azione dettata da scaltrezza oppure violazione del codice di comportamento istituzionale che vuole la premier in prima fila nella difesa del diritto di voto? Ognuno ha la sua opinione, ma propongo un paragone. Come giudicheremmo un amico che va in un bel ristorante, si siede per qualche minuto, e poi si alza e se ne va senza pranzare, per poi raccontarci che in quel ristorante c’è stato? Sarebbe una cosa del tutto ridicola e un’autentica presa in giro.
Così credo vada considerato il comportamento della premier con il suo teatrino ai seggi, di fronte alle telecamere e all’Italia intera. Un vero politico avrebbe avuto il coraggio delle sue opinioni. Se vai al seggio voti, oppure resti a casa. Tertium non datur, ma forse in politica, regno della doppiezza, sì.
Ovviamente il grande sconfitto è il sindacato, ma era un rischio che Landini &C dovevano correre e non è andata così male. La vittoria della destra è, al massimo, una vittoria di Pirro, ottenuta con delle strategie lecite ma dal fiato corto. Non credo che ci sia emergenza democratica, ma di sicuro qualche problema c’è quando la squadra di governo si rifiuta di giocare la partita per intascare una facile vittoria. Una partita che ora si è chiusa al primo tempo. Il catenaccio della destra che ha puntato tutto sulla mancanza del quorum per ora ha funzionato. Quando non ci sarà più questo vincolo, la partita sarà completamente differente e bisognerà vedere chi si porterà a casa il risultato.
Nel 2022 votò solo il 64% degli elettori, con un calo eccezionale rispetto alle elezioni precedenti del 9%. Se il trend continua, nel 2027 andrà a votare appena il 50% e le elezioni amministrative stanno già indicando questa tendenza. Chi sabota i referendum è responsabile di questa disaffezione. Per ora ne ha guadagnato, ma i conti con l’oste si fanno alla fine della serata. Per i progressisti questa sconfitta di quorum è solo il primo passo e il discreto risultato è ampiamente migliorabile.
Se questo era un test per le politiche del 2027, prova ampiamente superata. L’importante è non prendere la direzione sbagliata degli egoismi elettorali e dei mediocri calcoli di bottega come nel 2022. La dura, anche se largamente prevedibile, sconfitta di Letta dovrà pure aver insegnato qualcosa.
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