Trattato di non-proliferazione fossile, è avvenuto qualcosa di epocale
- Postato il 20 ottobre 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
- 3 Visualizzazioni
Ci hanno sempre detto che era colpa nostra. Dei consumatori. Siamo noi che dovremmo fare scelte diverse per orientare il mercato in senso più equo, sostenibile, sociale, ambientale.
Ma è un trucco. Vecchio di almeno cinquant’anni. Da quando negli Usa passava in televisione lo spot “The Crying Indian”: l’industria degli imballaggi e delle bevande usa e getta cercava di deviare l’attenzione dalle proprie responsabilità per l’inquinamento da plastica, spostando il fardello sulle spalle dei consumatori.
È una strategia narrativa che oggi torna con la crisi climatica. L’ha analizzata, e smontata, nel libro La nuova guerra del clima il climate scientist Michael E. Mann, uno dei climatologi più famosi al mondo, impegnato da anni nella lotta alla disinformazione climatica. A fine anni 90 elaborò il grafico divenuto celebre come “the hockey stick” sull’aumento delle temperature medie globali, uno dei grafici più influenti nella storia della divulgazione scientifica sul clima, poi ripreso nei report di IPCC.
La strategia oggi è utilizzata da BigOil per spostare le responsabilità della crisi climatica sui consumatori. Per evitare che si guardi a chi continua a perforare e trivellare a tutto spiano. Come se tutti non sapessero che la fine delle fossili non è più una questione di se, ma di quando. Il recente record segnato dalle rinnovabili nel primo semestre di quest’anno, quando per la prima volta hanno superato il carbone nella produzione di energia elettrica globale, basta da solo a far capire in quale direzione sta andando il mondo.
Il problema è che si va troppo piano. Proprio perché BigOil è molto potente e usa ogni arma per procrastinare l’inevitabile fine delle fossili. Fregandosene altamente se gli scienziati, in quello che è solo il più recente di una sfilza infinita di allarmi, hanno appena detto che il pianeta ha superato uno dei tipping point che non andavano superati, con le barriere coralline sbiancate e impoverite come mai prima a causa dell’aumento delle temperature delle acque oceaniche. BigOil vuole che si fischietti e si balli al suono dell’orchestrina sul Titanic. Mentre l’iceberg ci ha già speronato.
Per fortuna c’è chi ha ribaltato la questione, rimettendo il fardello dove è doverose che stia. Basta col “dagli all’untore!” verso i consumatori. Iniziamo invece a concentrarci sul vero nemico del clima, cioè chi produce i combustibili fossili e fa di tutto perché prosegua il più possibile la dipendenza patologica dalle fossili del modello di sviluppo. Guardiamo all’offerta dei combustibili fossili. E agiamo per ridurla e progressivamente eliminarla. ASAP!
A portare questo discorso a un livello di attenzione globale è stata l’iniziativa per un Trattato Internazionale di Non-Proliferazione dei Combustibili Fossili, Fossil fuel Treaty per gli amici. Ne abbiamo parlato altre volte su questo blog ma ne riparliamo perché in questi giorni è avvenuto qualcosa di epocale. Anche se “i grandi media mainstream” (sic!) non c’hanno fatto caso, come quasi sempre accade quando c’è qualcosa che può dar fastidio a BigOil, che fra le altre cose è anche un big spender in pubblicità.
È successo questo. Il contesto era quello del Congresso mondiale dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) – non proprio quattro amici al bar – che si è svolto dal 9 al 15 ottobre ad Abu Dhabi. Con la partecipazione di governi, scienziati, organizzazioni ambientaliste, rappresentanti di popoli indigeni.
I delegati hanno approvato una serie di mozioni, fra cui quella che accoglie con favore lo storico parere della Corte Internazionale di giustizia che a luglio ha chiarito che gli Stati sono obbligati a prevenire i danni derivanti dalla crisi climatica adottando azioni appropriate, anche riguardo alla produzione di fossili. I delegati in particolare hanno adottato in massa una mozione presentata dal WWF e sostenuta dal governo di Vanuatu, lo stesso che all’Assemblea Generale dell’Onu due anni fa fu il primo a lanciare l’appello per il Fossil fuel Treaty, che è sostenuto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Parlamento europeo. Mentre in Italia da oltre due anni nessun’altra città si è aggiunta a Torino, Pontassieve e Roma, le uniche finora ad aderire: non sarebbe male che qualcun’altra si desse una svegliata.
Ebbene, questa mozione riconosce la produzione di combustibili fossili come minaccia diretta alla natura, spostando cioè il focus dalla domanda all’offerta. Chiede di avviare l’analisi e valutazione del gap esistente nella governance mondiale riguardo a offerta di combustibili fossili e transizione ecologia. E di considerare, fra gli strumenti utilizzabili allo scopo, proprio il Fossil fuel Treaty. Un gap che in realtà è una voragine, se solo si pensa che il Fondo Monetario Internazionale – non esattamente un covo di estremisti – ha calcolato che i sussidi all’industria fossile fluiscono impetuosi al ritmo di 11 milioni di dollari al minuto. Ancora, la mozione chiede lo stop a nuovi progetti fossili; e chiede agli Stati che ospitano la foresta amazzonica (poco meno di una decina) di dichiarare una “zona di non proliferazione dei combustibili fossili” vietandone l’esplorazione e l’estrazione.
Non era mai successo prima che un testo del genere venisse approvato nell’ambito di organismi che fanno parte del sistema multilaterale globale. Con un linguaggio così netto e forte, poi. Il che vuol dire che da qui non si tornerà più indietro. Anche se già mi pare di sentirli: “Ma cosa volete che cambi ‘sta mozione?”, diranno i soliti sappiamo-noi-come-va-il-mondo. Ok, staremo a vedere, il tempo è galantuomo.
Intanto la Colombia, il più importante insieme al Pakistan dei 17 Stati formalmente impegnati nello sviluppo del Fossil fuel Treaty, ha annunciato che ad aprile 2026 ospiterà la Prima Conferenza Internazionale per l’Eliminazione dei Combustibili Fossili. Anche qui è appunto la prima volta. “It always seems impossible, until it’s done”.
L'articolo Trattato di non-proliferazione fossile, è avvenuto qualcosa di epocale proviene da Il Fatto Quotidiano.