Il progetto del megaporto a Fiumicino è una follia: l’ecosistema locale rischia gravi ripercussioni

  • Postato il 23 ottobre 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Fiumicino: una cittadina in gran parte frutto di abusivismo edilizio, considerata da sempre la fogna dove il Tevere convoglia i rifiuti dei romani e dove l’aeroporto inquina, con gas e rumori, tutto l’abitato, sovrastata dalle isole artificiali per le petroliere che, attraverso una rete di condotti, riforniscono Roma con gravissimi pericoli di inquinamento in caso di rotture, guasti e disastri naturali; tanto più che si tratta di area a rischio idrogeologico.

Eppure si tratta della foce del Tevere con i suoi canali, la sua morfologia e la sua vegetazione: una bellezza naturale assolutamente unica, ma di cui pochi si ricordano, rimasta in gran parte intatta. Ma fino a quando?

Sta procedendo infatti, anche se lentamente, il progetto, inserito fra gli interventi per il Giubileo, della Fiumicino Waterfront Srl (società al 100% del Royal Caribbean group) per scavare un nuovo canale e costruire nella zona di Isola Sacra, dove troneggia il simbolo storico del vecchio Faro, un megaporto per 1500 barche da diporto con, in più, una banchina per le navi da crociera, capaci secondo le stime di portare, solo nel primo anno, un milione di passeggeri e che ovviamente, se si considerano anche tutte le infrastrutture di servizio, sconvolgerà del tutto il territorio. Tanto più che, a pochi chilometri, è previsto anche un porto commerciale.

Eppure, nonostante l’opposizione di gran parte della popolazione e di tutte le associazioni ambientaliste, a gennaio il Ministero dell’ambiente ha espresso un primo parere positivo anche se accompagnato da 17 prescrizioni. Pochi giorni fa è arrivato anche quello del Ministero della cultura che, tuttavia, non ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica, richiedendo “i progetti esecutivi relativi al restauro monumentale del faro”, alla “sistemazione dunale e del muro frangionde” e alla “riqualificazione dei bilancioni” al fine di “creare un ambiente vegetale e paesaggistico che valorizzi il faro senza sovrastarlo, definendo percorsi e spazi di fruizione che siano pienamente sostenibili”; e con la raccomandazione di porre “attenzione particolare ai percorsi adiacenti all’argine del Tevere, con l’intento di minimizzare le trasformazioni in questa parte del territorio” e di “approfondire gli impatti attività di ripascimento del litorale di Fregene”.

Ma allora come si fa, con tutti questi punti interrogativi, a emettere un decreto favorevole per la valutazione di impatto ambientale? Anche perché, a parte il paesaggio e il territorio, occorre considerare che si tratta di zona a forte erosione dove si prevede di scavare addirittura tre milioni di metri cubi del fondale, onde garantire una profondità di almeno 10-12 metri (necessaria per l’attracco di navi da crociera), con conseguenti problemi di ricollocazione del materiale scavato e con ripercussioni gravissime su tutto l’ecosistema della zona. Cui si aggiunge l’impatto sull’inquinamento atmosferico provocato dai motori delle navi che devono restare accesi in porto per garantire l’energia a equipaggio e passeggeri.

Criticità evidenti che vengono minimizzate dai fautori del progetto, i quali prevedono di riutilizzare il materiale di scavo per il ripascimento di Fregene, e lo spegnimento dei motori delle navi attraverso la elettrificazione delle banchine. Sulla carta però; basta andare poco lontano, a Civitavecchia, per verificare, ad esempio, da quanti anni si parla invano di questa elettrificazione per evitare i micidiali fumi delle navi in porto che, secondo i dati Asl-Cnr, comportano un notevole incremento di rischio di mortalità per tumore al polmone e malattie neurologiche.

Non a caso, quindi, il limitrofo Municipio di Ostia, accomunando anche molti consiglieri di opposizione, ha espresso pesanti critiche al progetto del porto croceristico in stridente contraddizione con il sindaco di Fiumicino il quale, invece, considera “il porto turistico-crocieristico un simbolo di rinascita, modernità e rispetto per il territorio”. Forse qualcuno dovrebbe ricordargli che dal 2022 la nostra Costituzione “tutela il paesaggio, l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni” (art. 9) aggiungendo che “l’iniziativa economica privata… non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno …alla salute e all’ambiente” (art. 41).

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Il Fatto Quotidiano

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