Tutti concordi: “Alessandra Durante è una cyberbulla”. Eppure per me la vittima è lei

  • Postato il 9 luglio 2025
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Il caso delle dimissioni dell’assessora Alessandra Durante credo che sia ben noto. Lo riassumo per chi non lo abbia a mente, essendo passato qualche giorno da allora.

L’assessora Durante si occupava di comunicazione e di innovazione digitale nel Comune di Lecco e ha portato avanti anche progetti contro il cyberbullismo per i cittadini del suo comune. Una donna politica colta, attiva e che sembrerebbe aver operato bene, sino a quando in un gruppo Facebook, utilizzando un “profilo fake”, ha usato toni poco gentili verso un cittadino che si lamentava di una pavimentazione sconnessa. Ciò ha provocato una reazione stizzita da parte, prima dell’opposizione, e poi di tantissimi cittadini indignati. Del resto, come può essere consentito che proprio una donna che si occupa di digitale commetta atti di bullismo digitale? Imperdonabile!

La narrazione è stata questa e gli attacchi sono stati tali da costringere l’assessora non solo a chiedere pubblicamente scusa, ma anche a rassegnare immediatamente le sue dimissioni. Dimissioni che, dopo pochi giorni di riflessione, sono state accolte dal sindaco Gattinoni che ha riassegnato in Giunta le deleghe di Alessandra Durante per garantire continuità operativa, confermando la sensazione che sino ad allora avesse lavorato più che bene.

Questi i fatti e la narrazione nazionale è stata monocorde: l’assessora ha sbagliato mezzi, toni e modalità e, quindi, merita di essere “defenestrata”. Ma siamo sicuri che sia questa la lettura giusta da dare a tale episodio? In realtà, a leggere con attenzione i post “incriminati” (che, secondo me, pochi indignati dell’ultima ora hanno guardato con attenzione) si può riferire che forse i toni dell’utente “Anonimo 582” possano essere considerati accesi e poco distaccati, ma nulla di più.

Credo che, sia doveroso riferire per fare un minimo di chiarezza che il post è stato scritto da un’utenza anonimizzata perché Facebook garantisce il diritto, appunto, di anonimizzare la propria utenza in determinati gruppi di discussione. Quindi, è sbagliato raccontare che è stato utilizzato un “profilo fake” da parte di Alessandra Durante.

Come è senz’altro profondamente errato definire l’assessora una “cyberbulla”, come molti si sono affrettati a etichettarla. Lo sarebbe stata proprio se avesse usato il suo ruolo pubblico (e quindi la sua autorevolezza e notorietà) per deridere un cittadino, come capita di fare a molti politici che usano tutti i giorni il social web in modo piuttosto arrogante. Il cyberbullismo è, infatti, una forma di bullismo che è portata avanti attraverso mezzi digitali, come i social media, dove una persona o – molto spesso – un nutrito gruppo di persone (i cosiddetti “cyberbulli”) utilizza queste piattaforme per mettere alla berlina, perseguitare, umiliare o molestare una vittima.

Alessandra Durante oggettivamente non ha fatto nulla di tutto questo.

Sull’onda di un giustizialismo digitale, invece, l’amministratore del gruppo Facebook ha deciso di smascherarla, rivelando a tutti la sua identità. E non posso non notare che un comportamento del genere probabilmente costituisce una grave violazione della normativa sul corretto trattamento dei dati personali.

In ogni caso, per un episodio piccolo piccolo del genere – dopo che le scuse (peraltro non dovute) sono anche arrivate – in un Paese normale si volterebbe serenamente pagina. Ma, ormai, siamo tutti mossi dall’odio che si autoalimenta on line in modo incredibile e, forse questo episodio ci dovrebbe portare a riflettere con attenzione su questo, se è caduta in un tranello digitale proprio una donna preparata e attenta all’educazione digitale, come l’(ex) assessora Durante. E se oggi vogliamo individuare davvero una vittima, allora è proprio lei che si è ritrovata a subire una shitstorm nazionale e selvaggio e ha dovuto rinunciare a un incarico che portava avanti con attenzione ed entusiasmo verso la sua città.

Il cyberbullismo è questo. Un foltissimo gruppo (in questo caso, giornalisti, influencer, cittadini odiatori) uniti nello scherno contro qualcuna o qualcuno che ha commesso qualche “imperdonabile” leggerezza. Ci rendiamo conto di cosa stiamo diventando?

Adesso spero che il sindaco Gattinoni possa rileggere con la necessaria calma i fatti e magari rifletta sulla decisione poco ponderata di accettare le dimissioni, guardando ciò che invece l’assessora ha portato avanti sino ad oggi, a prescindere dal singolo episodio di giorni fa che l’ha riguardata. Perché di politici seri abbiamo estremo bisogno e la serietà si misura da un’analisi complessiva dell’operato pubblico, non da piccole cose che ingigantiamo incredibilmente e a dismisura sull’onda dell’odio on line e di algoritmi che lo alimentano.

Forse dovremmo iniziare a ritenere più importante il mandato ricevuto attraverso il voto di cittadini consapevoli, piuttosto che la condanna sommaria affidata al popolo del far web. E tutto ciò sarebbe ovvio in un Paese, appunto, normale.

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Il Fatto Quotidiano

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