U2, dopo due anni di silenzio il comunicato su Gaza: Bono resta attento a non perdere voti
- Postato il 14 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Gli U2 hanno finalmente preso posizione sul conflitto israelo-palestinese, quasi due anni dopo il 7 ottobre. Tutti e quattro hanno parlato: The Edge ha usato parole durissime come “pulizia etnica” e “genocidio coloniale”, Adam Clayton ha condannato la vendetta sui civili, Larry Mullen Jr. ha definito disumano usare la carestia come arma. Bono, invece, ha scelto un registro più istituzionale: condanna Netanyahu per l’embargo e l’occupazione di Gaza City, cita anche le responsabilità di Hamas, sostiene la soluzione a due Stati e annuncia una donazione a Medical Aid for Palestinians.
Parole che mi hanno fatto tornare in mente un episodio di un anno fa: Roger Waters, dopo averlo visto cantare per le vittime israeliane del Supernova Festival citando la Stella di David, lo chiamò “Enormous shit” e parlò di “una delle cose più ripugnanti” che avesse mai visto. Detto da un artista che pure ha le sue ombre. Nei consueti nove punti di questo blog, provo a capire se oggi quelle parole abbiano ancora un senso.
Cominciamo!
1. U2, quasi due anni dopo
Il primo dato che colpisce è il tempo. Due anni di silenzio pubblico, seguiti da un comunicato che arriva quando la pressione internazionale è altissima e il rischio personale quasi nullo. In politica, come nella musica, il tempismo è già un messaggio.
2. Un fronte unito
Il testo degli U2 non è una voce sola: The Edge e Mullen usano termini che bruciano, Clayton parla di vite innocenti e responsabilità umane. Bono, invece, compone un discorso che tiene insieme i “giusti” concetti per entrambe le parti, senza far saltare ponti.
3. Diplomazia e calcolo
Il suo registro è quello di chi vuole restare invitato a tutti i tavoli: condannare, riconoscere, sostenere. Nessuna frase che chiuda una porta. È qui che torna in mente la furia di Waters: lui, con tutte le sue contraddizioni, non si è mai preoccupato di chi avrebbe perso per strada.
4. Le parole e il peso
Il problema è che, se hai fatto di tutto affinché il mondo ti percepisse come coscienza civile, non basta dire parole rassicuranti per uno e per l’altro. Devi esporti senza se e senza ma, sapendo che potresti pagare un prezzo.
5. Bono, il comunicatore
Bono pensa di saper parlare al mondo. Peccato lo faccia come un capo di stato in campagna elettorale: seducente, calibrato, e soprattutto attento a non perdere voti. È una scelta che funziona nei salotti diplomatici, ma convince meno chi si aspetta nettezza.
6. Il fantasma di Waters
Non serve amare Waters per riconoscere che le sue invettive, quando arrivano, non lasciano margini. È l’opposto di Bono: brutale, diretto, disposto a bruciarsi. Forse per questo la sua frase di un anno fa oggi torna a ronzare nelle orecchie.
7. Due imperfezioni
Prendere posizione non significa essere immuni da contraddizioni. Waters, ad esempio, è stato applaudito per il suo sostegno alla causa palestinese, ma anche criticato per dichiarazioni concilianti verso leader autoritari come Putin o Assad. Ombre che complicano il suo profilo. Bono, invece, gioca un’altra partita: non corre rischi, calibra ogni parola per non scontentare nessuno. È un paraculo di professione, uno che sa commuovere e rassicurare allo stesso tempo, ma che alla fine non si espone mai davvero.
8. Dove sono finite le canzoni?
Negli U2 di oggi il problema non è solo il messaggio: è la musica. Da anni non scrivono un album davvero memorabile, e il baricentro sembra essersi perso per strada. Vivono di repertorio, di celebrazioni, di tour che ripropongono il passato. E la stessa cosa vale per Roger Waters: le dichiarazioni pesano più delle note, le riedizioni più delle idee. Se a mancare sono i dischi, le canzoni, cosa resta? Forse entrambe le parti dovrebbero ricordarsi che il cuore di chi li segue batte per la musica prima che per le dichiarazioni. Le prese di posizione, anche quando importanti, non possono riempire il vuoto lasciato dall’assenza di nuova ispirazione.
9. La domanda finale
E allora, alla fine, resta da chiedersi: è meglio un artista che arriva tardi e non rischia nulla, o uno che dice cose scomode ma non ha la coscienza più pulita di chi attacca? Non esiste la risposta giusta, ma vale la pena pensarci ogni volta che la musica si intreccia con la politica
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9 canzoni 9 … senza contraddizioni
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