Un 6 in condotta? Rimandato a settembre: una farsa piena di buonismo didatticheggiante

  • Postato il 22 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Certe volte un dettaglio “rivelatore” rappresenta meglio di tante parole il pensiero (e l’agire) di chi dovrebbe occuparsi con esperienza e intelligenza di temi complessi come è la qualità del servizio offerto dalla scuola alle giovani generazioni, a cominciare dalla crescente difficoltà di mantenere forme di convivenza accettabili all’interno degli istituti d’Italia.

Non è solo una questione di disciplina, o di conoscenza e rispetto delle regole. Probabilmente si tratta di come l’istituzione scolastica, insieme ai suoi attori, riesce a rispondere all’imbarbarimento della società, alla diffusa consapevolezza che stanno altrove le chances del successo personale e che, essendo saltati tutti i contesti che rendevano più chiaro il mondo, oggi bisogna farsi largo aggirando gli ostacoli con astuzie, raccomandazioni, giuste appartenenze e una dose massiccia di faccia tosta.

Questione complessa, alla quale il governo ha risposto elevando il voto di condotta a disciplina scolastica tout court: se prendi 6 in condotta, vieni rimandato a settembre. Poco importa se nelle altre materie si è rimandati con il cinque o meno, la condotta è così importante che va trattata con maggiore severità.

Lo studente “indisciplinato” a settembre dovrà fare un “compito di cittadinanza”, un elaborato scritto a cui seguirà il colloquio orale. Su cosa l‘ha spiegato la dott. Carmela Palumbo, Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito in una sua lettera al Fatto Quotidiano del 6 agosto scorso. Con sprezzo del ridicolo scrive: “Ha, infatti, lo stesso valore delle prove di recupero per le altre discipline già previste dalla normativa attuale: per poterlo superare lo studente dovrà studiare durante l’estate, riflettendo sul proprio comportamento e, come in tutti gli esami di recupero, non basterà il componimento, ma sarà rilevante la sua discussione. Il tema sarà, infatti, il punto di partenza per un confronto sui valori acquisiti: ci sarà una verifica approfondita sulla consapevolezza raggiunta rispetto al comportamento tenuto.”

Resta il mistero di cosa studierà per tutta l’estate il pargolo, irrequieto o pseudo-delinquente, qualcosa le scuole se lo inventeranno.

Però – continua – “[…] tutto questo sarà curato dai docenti che, di certo, sanno valutare i loro studenti e non avranno difficoltà, come non la hanno, del resto, durante il corso dell’anno scolastico, a comprendere se di fronte c’è chi finge o chi ha compreso realmente”. Non si capisce che cosa dovrebbe aver capito dopo un’estate di studio (che devono fare i bravi? che devono prendere lezioni di economia e etica dalle ministre Santanché e Calderone?) , ma soprattutto come faranno i docenti a valutare il “pentimento” del pargolo, attribuendogli il voto che merita?

Dato che qualche docente ha parlato di “farsa”, la Dirigente si scandalizza: “Immaginare che tutto si riduca a una farsa significa mettere in dubbio la capacità degli insegnanti di svolgere il loro lavoro”. Scusi, ma lei lo sa che i docenti che esamineranno il discolo sono gli stessi che a giugno hanno valutato maluccio il suo comportamento, rimandandolo a settembre con 6 di condotta?

C’è sempre la via di fuga: “[…] se lo studente che ha sostenuto la prova e l’ha superata, nell’anno successivo sarà ancora ‘irriverente, offensivo o maleducato’ sarà più facilmente bocciato avendo di fatto fallito la chance che gli era stata data.”

In tre mesi la creatura è cambiata di sicuro, ha messo giudizio. Soprattutto sono improvvisamente venuti meno: il milieu famigliare, quello che ha contribuito alla sua maleducazione, il fancazzismo indotto da un mondo non favorevole all’iniziativa dei ragazzi, gli innumerevoli esempi di astuzia, arrivismo, occupazione del potere senza merito, eccetera. Se il giovane non si è redento, docenti investigativi lo aspetteranno al varco l’anno dopo.

Mentre leggevo la raccolta di luoghi comuni dirigenziali, mi venivano in mente le infinite iniziative che mettono in campo le scuole per dare una risposta matura a un problema reale: ce ne sono, per esempio, che si convenzionano con associazioni di volontariato per inserire studenti “in punizione”, così che crescano facendo attività e conoscenza di realtà nuove, incontrando finalmente quella realtà che fanno fatica a percepire.

Altre che, ponendosi il problema di affrontare alla radice la questione del rispetto interpersonale, costruendo la motivazione a sentirsi parte di una comunità educativa, cominciano a interrogarsi sui modi con cui la dirigenza rispetta gli operatori e li motiva, poi su come questi trasferiscono l’agio agli studenti, infine su come intervenire senza troppe prediche, moralismi e alibi buonisti nei confronti di quelli che proprio non ne voglio sapere.

Niente, loro del Ministero queste cose non le scrivono probabilmente perché non le pensano e/o non le conoscono. Sono proprio così, guai a liquidarli come espressione di una cultura di destra. Il perdonismo mascherato da buonismo didatticheggiante, incoraggiato dalla finzione che tutto questo sia una cosa seria, in fondo fa comodo ai tanti che la scuola la vogliono asservita e sempre più inutile.

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Il Fatto Quotidiano

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