‘Yorick, cronaca di un’amicizia’: il mio film su Silvano Agosti e Franco Piavoli è capace di regalare l’eternità
- Postato il 2 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Cari amici del Fatto Quotidiano,
ho l’onore di darvi in anteprima (anteprima mondiale) il mio film Yorick, cronaca di un’amicizia, dedicato a Silvano Agosti e Franco Piavoli, due poeti del cinema. Ricky, non fare il roboante! Lo so, lo so, cerco di darmi un tono, ma è comunque la prima “proiezione ufficiale” del mio film. Alcuni diranno che non è nemmeno un film, altri diranno che è girato in modo dilettantesco, tutto vero, per carità, eppure c’è qualcosa di meraviglioso in Yorick: la poesia.
In realtà è molto semplice fare un film che ha per personaggi due poeti, basta accendere la videocamera e fare rec. Come quando andai da Alda Merini, non feci altro che registrare le sue parole e poi un montaggio semplice semplice, senza effetti digitali, senza intelligenza artificiale, senza droni, niente di niente, solo la poesia, e vi sembra poco? A me no. Mi direte: Ricky, ma che film è senza nemmeno un inseguimento, un omicidio, uno stupro, due o tre esplosioni, senza cattivi? Lo so, perdonatemi. C’è la poesia, l’età avanzata, i dolori del corpo, le fragilità della memoria, non ci sono cattivi che vogliono distruggere il mondo o agenti segreti, è un film che non vuole intrattenere ma trattenere ancora tra noi la bellezza dei volti, delle parole che accarezzano l’anima, la bellezza di una colonna sonora fatta da uccellini e dalle composizioni al pianoforte di due amici: Nicola Gelo e Luigi Rodio.
Il teschio di Yorick era il teschio del buffone del re nell’Amleto. La vita ci prosciuga fino all’osso, ci spolpa, quel teschio prima aveva una lingua, quel teschio prima faceva ridere, ora è un ghigno denudato dai vermi. C’è chi trova quasi un senso di pace nel biancore dello scheletro, non più ferite e tormenti della carne! Solo la pace dell’osso spolpato! Eppure noi amiamo la vita, anche con le sue lacerazioni, con i suoi sgomenti, con le sue trafitture. Prima di diventare teschio siamo stati canto e respiro, sensualità e musica. Siamo stati amore,
passione, forse follia e anche odio, ma abbiamo vissuto, c’è stata una lingua in quel teschio, una lingua viva. Siamo capitati in questo mistero triturante nascendo. Non c’è scampo ed è bellissimo non avere scampo. Come dice Silvano Agosti nel film, l’unica eternità che ci è concessa veramente è quella del presente: l’eterno presente.
Sono stato tre giorni a Pozzolengo, due poeti mi hanno accolto tra di loro, mi hanno fatto sentire il terzo, ma non incomodo. Vi assicuro che sono stati tre giorni divertenti, abbiamo fatto passeggiate sul lago di Garda, siamo andati in piccoli borghi come Castellaro Lagusello, ci siamo goduti gelati al limone e alla fragola e buonissimi tortelli di zucca. Avevo la videocamera quasi sempre accesa, ma appena la spegnevo mi perdevo frasi indimenticabili uscite con spontaneità dai miei due amici poeti. Allora ho avuto l’idea di lasciarli soli con la videocamera accesa e di andare a farmi una passeggiata da solo, ed è la parte migliore del film, quella finale, in cui il regista non c’è.
Stiamo parlando di due autori di cinema che non si sono mai piegati alle logiche commerciali, che hanno fatto sempre i film che hanno sognato e desiderato, parliamo del cinema videosinfonico di Piavoli (Il pianeta azzurro) e del cinema lirico ed epidermico di Silvano Agosti; questi poeti, questi cantori dell’anima, come pochi al mondo sono riusciti ad accarezzare la pelle con i loro occhi, con la loro cinepresa libera. C’è in loro un amore per la vita che mi commuove nel profondo.
Ora è il tempo in cui si cammina a fatica, in cui la cinepresa è diventata pesantissima, è il tempo in cui la memoria diventa un pozzo profondo, come l’origine del nome del paesello di Piavoli: Pozzolengo. I loro film però ci ricordano che si può essere ancora artisti liberi, e un artista libero è un artista felice. Non solo: i loro film sono film felici. E anche questo mio ritratto, questa mia cronaca di un’amicizia, è un film che rende onore alla felicità di non avere un produttore, di non dover sedurre o confondere e distrarre il pubblico con esplosioni o inseguimenti. Chi lo vedrà? Chi vedrà un film sulla poesia e sulla vecchiaia? Chi vedrà un film che non vuole mentire? Non lo so e non me ne frega nulla. Lo vedranno quelle persone che si sentono ancora libere, a me interessa averlo fatto.
Non sono bravo a promuovere i miei lavori, chi lo vorrà per proiettarlo potrà chiedermelo e ne sarò contento, ma la cosa che mi preme più di tutte è di non avere tradito la poesia e credo di esserci riuscito. Dura poco più di un’ora, ma è un film capace di regalare l’eternità. Piccole esplosioni di eternità, e l’unico inseguimento è quello di un dilettante del cinema che insegue per tre giorni due maestri: Piavoli ed Agosti.
Due maestri e per mio sommo gaudio: anche due amici. E permettetemi di fare lo spoiler: l’assassino non è il maggiordomo. L’assassino è la vita. E che sia benedetta.
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