Gaza: “Fame o proiettili: tutto meno che aiuto umanitario”. L’appello di 170 ong

  • Postato il 7 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Ogni volta che vengono organizzate distribuzioni alimentari da attori non appartenenti all’Onu, si verificano incidenti con un numero elevato di vittime”, hanno dichiarato le Nazioni Unite.

Queste parole sono state pronunciate più volte dopo il 15 giugno, quando l’ospedale da campo della Croce rossa di al-Mawasi ha ricevuto almeno 170 persone ferite mentre cercavano di raggiungere un punto di distribuzione alimentare. Il giorno successivo ne sono arrivate più di 200, il numero più alto registrato in un singolo episodio con vittime di massa nella Striscia di Gaza.

La situazione ha spinto 170 organizzazioni umanitarie e della società civile (l’elenco aggiornato è qui), tra le quali Amnesty International che nel frattempo ha diffuso nuove prove del genocidio in corso, a lanciare un appello urgente per porre fine al letale schema di distribuzione degli aiuti imposto da Israele – che comprende la cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation – e chiedere il ripristino del loro coordinamento da parte dalle Nazioni Unite.

Eccone alcune parti:

“I 400 siti di distribuzione di aiuti attivi durante la tregua temporanea sono stati sostituiti da soli quattro siti, sotto controllo militare, costringendo due milioni di persone a spostarsi in zone sovraffollate e militarizzate, dove ogni giorno rischiano la vita sotto i continui bombardamenti mentre tentano di procurarsi cibo senza alcun accesso ad altri beni essenziali per la sopravvivenza.

Oggi nella Striscia di Gaza le persone si trovano davanti a una scelta impossibile: morire di fame o rischiare di essere colpite mentre cercano disperatamente del cibo per sfamare le proprie famiglie.

Le settimane successive all’introduzione dello schema israeliano di distribuzione si sono rivelate tra le più letali e violente da ottobre 2023. In meno di un mese oltre 500 persone palestinesi sono state uccise e quasi 4000 ferite mentre tentavano solamente di accedere al cibo o distribuirlo.

Il sistema umanitario è stato smantellato in modo deliberato e sistematico dal blocco e dalle restrizioni imposte dal governo israeliano: un blocco che oggi viene strumentalizzato per giustificare la chiusura della quasi totalità delle operazioni umanitarie, a favore di un’alternativa mortale e controllata dai militari che non protegge la popolazione civile né garantisce i bisogni fondamentali. Queste misure alimentano un ciclo continuo di disperazione, pericolo e morte.

Gli attori umanitari con esperienza alle spalle restano pronti a fornire assistenza salvavita su larga scala. Eppure, a oltre 100 giorni dalla reintroduzione da parte delle autorità israeliane di un blocco quasi totale agli aiuti e alle merci, la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza sta collassando più rapidamente che in qualsiasi altro momento degli ultimi 20 mesi.

Nel nuovo sistema imposto dal governo israeliano persone indebolite dalla fame sono costrette a camminare per ore attraverso aree pericolose e zone dove il conflitto è attivo, per ritrovarsi poi in una corsa violenta e caotica verso punti di distribuzione recintati, militarizzati, con una sola via d’ingresso.

Migliaia di persone vengono ammassate in spazi chiusi, costrette a lottare per ottenere razioni alimentari limitate. Questi luoghi sono ormai teatro di massacri ripetuti, in palese violazione del diritto internazionale umanitario. Tra le persone uccise vi sono bambine, bambini e persone che se ne prendevano cura. In oltre la metà degli attacchi alle persone civili in questi siti, sono stati coinvolti minori. Con un sistema sanitario al collasso, molte persone colpite restano a terra a morire dissanguate, non raggiungibili dalle ambulanze e senza cure salvavita.

In un contesto di fame estrema e condizioni simili alla carestia molte famiglie raccontano di non avere più le forze per contendersi le razioni. Chi riesce a portare a casa del cibo spesso si ritrova con pochi alimenti di base, difficili da cucinare senza acqua potabile o combustibile. Il carburante è quasi esaurito, paralizzando i servizi essenziali – come panifici, sistemi idrici, ambulanze e ospedali. Le famiglie si riparano sotto teli di plastica, preparano pasti improvvisati tra le macerie, senza carburante, acqua potabile, servizi igienico-sanitari né elettricità.

Questa non è una risposta umanitaria.

Da 20 mesi, più di due milioni di persone sono incessantemente sottoposte a bombardamenti continui, all’utilizzo della fame e della sete come armi, agli sfollamenti forzati ripetuti e a una disumanizzazione sistematica: tutto questo sotto gli occhi della comunità internazionale.

La normalizzazione di questa sofferenza non può essere tollerata. Gli stati devono opporsi alla logica per cui le uniche alternative sono la distribuzione militarizzata degli aiuti o la loro completa negazione; devono rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale e del diritto internazionale dei diritti umani, compresi i divieti di sfollamenti forzati, attacchi indiscriminati e ostacoli all’assistenza umanitaria; devono inoltre garantire l’accertamento delle responsabilità per le gravi violazioni del diritto internazionale”.

Queste le richieste delle organizzazioni firmatarie a tutti gli stati terzi:

adottare misure concrete per porre fine all’assedio e garantire il diritto delle persone nella Striscia di Gaza ad accedere in sicurezza agli aiuti e ricevere protezione;
– esortare i donatori a non finanziare schemi di distribuzione militarizzati che violano il diritto internazionale, non rispettano i principi umanitari, aggravano i danni e rischiano di rendersi complici di atrocità;
sostenere il ripristino di un meccanismo di coordinamento unificato e guidato dalle Nazioni Unite – fondato sul diritto internazionale umanitario e che includa l’Unrwa, la società civile palestinese e l’intera comunità dell’aiuto umanitario – per soddisfare i bisogni della popolazione.

Infine, le organizzazioni firmatarie hanno rinnovato per l’ennesima volta le urgenti richieste di un cessate il fuoco immediato e duraturo, della scarcerazione di tutte le persone in ostaggio e detenute arbitrariamente, del pieno accesso umanitario su larga scala e della fine dell’impunità sistematica che alimenta queste atrocità e nega al popolo palestinese la propria dignità.

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Il Fatto Quotidiano

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