Ribellarsi alla violenza degli uomini sulle donne è un modo anche per lottare contro le mafie
- Postato il 26 novembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Ribellarsi alla violenza praticata dagli uomini sulle donne è un modo per continuare anche la lotta contro mafie e mafiosi. Un modo necessario. Quante donne in Italia hanno pagato con la vita la violenza dei mafiosi? Quante hanno condotto una resistenza impressionante per contrastarla? Basterebbe evocare le storie di Franca Viola, che rifiutò il “matrimonio riparatore” dopo aver subito lo stupro da parte del boss che non poteva accettare il suo “no”, di Lea Garofalo, assassinata dall’ex marito aiutato dal branco ubbidiente, di Rita Atria, il cui corpo venne portato in spalla soltanto dalle “donne in nero” arrivate da Palermo per rendere onore ad una vita maledetta due volte dalla gogna mafiosa.
Eppure questa odiosa declinazione della violenza maschile ha goduto per molto tempo delle stesse “coperture” culturali di cui ha goduto la mafia in quanto tale: specchio fedele di un Paese che fa fatica a scegliere la dignità della persona come valore incomprimibile del proprio patto sociale. Ma in cambio di cosa? Di una supposta idea di “ordine” pubblico. Una idea aberrante che passa per la rassegnazione, dichiarata o implicita, alla violenza come unico possibile collante: una società tenuta insieme dalla “forza di intimidazione del vincolo associativo” che general omertà ed assoggettamento.
Reagire a questa rassegnazione significa contemporaneamente contrastare con successo tanto la presa che le mafie ed i mafiosi hanno ancora su tanta umanità nel nostro Paese, quanto la prepotenza dei maschi letali di cui continuiamo a leggere sgomenti. Purtroppo le destre illiberali e spesso neo fasciste che governano l’Italia e dilagano in tanta parte d’Europa e d’America sono parte del problema e non della soluzione. Lo sono perché fondano il proprio successo elettorale precisamente sulla “rassegnazione”: la rassegnazione al fallimento dello Stato di diritto e quindi delle regole come strumento di presidio di dignità, di libertà e di giustizia. Le destre vincono trasmettendo come un mantra la loro ricetta disperata: si salvi chi può! Perché non sarà lo Stato a farlo.
Le prove? La “pace fiscale” ovvero l’impunità per chi evade o, meglio, elude il pagamento delle tasse, prima manifestazione di quegli “obblighi inderogabili di solidarietà” di cui all’articolo 4 della nostra Costituzione. I condoni edilizi ovvero l’impunità per chi si fa i fatti propri disprezzando le regole poste a tutela del bene comune. L’abolizione del reato di abuso d’ufficio ovvero l’impunità di chi approfitta della propria funzione pubblica per sistemare amici o regolare conti.
L’attacco alla indipendenza della magistratura sia attraverso la “riforma” costituzionale, premessa per il controllo dell’esercizio dell’azione penale da parte del Governo, sia attraverso la mancata stabilizzazione dei 12.000 precari della Giustizia, che sono serviti come l’aria. Un attacco che è in perfetta sintonia con quello alla libertà di informazione, alla sanità pubblica, alla scuola. La morale della favola è la stessa: ognuno faccia come può, lo Stato si gira dall’altra parte.
In questa cornice si inseriscono le parole della ministra Roccella: l’educazione sessuale non serve a niente. Quelle del ministro Nordio: la genetica maschile fa resistenza alla parità tra i sessi. Quella del ministro Tajani: il diritto internazionale serve, ma fino ad un certo punto. Le aggressioni mediatiche contro i giudici che insistono nell’applicare le norme, anche quando queste contraddicono la manifesta volontà di chi governa. Meglio se sono magistrate donne, così che le aggressioni possano tingersi di rigurgiti sessisti: come nel caso della giudice Iolanda Apostolico, della giudice Silvia Albano, della giudice Cecilia Angrisano, ultima in ordine di tempo, colpevole di aver fatto valere il preminente interesse dei minori in una situazione complessa che avrebbe richiesto cautela e rispetto.
La rassegnazione alla ineluttabilità della realtà, la radicale sfiducia verso il diritto e la cultura come fattori di cambiamento, sono da sempre alleate con le forme più brutali di esercizio del potere e dunque con le manifestazioni più odiose del patriarcato: dall’autoritarismo del fascismo alla ferocia mafiosa, fino alla società della sorveglianza è tutta una storia di abusi, “cinghie” e manganelli. Una storia alla quale con determinazione e fantasia continueremo ad opporci, con il sorriso gentile di Franca Viola, che con un “no” ha strappato il velo sudicio dell’ipocrisia italiana.
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