A Gaza si è superato talmente il limite che qui è venuta meno anche l’ipocrisia

  • Postato il 3 giugno 2025
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di Susanna Stacchini

Scrivo di Gaza perché non riesco proprio a tollerare ciò che succede. Mentre leggo le notizie mi sento morire per loro. Se guardo video o immagini, peggio. Provo con i telegiornali, qualunque telegiornale, e mi irrito al punto da dover spengere il televisore. A distanza di oltre un anno e mezzo, da quel maledetto 7 ottobre, la narrazione dei tg è ferma, o quasi, alla litania dell’aggressore e l’aggredito, tanto da non riuscire ancora a dire fino in fondo le cose e a chiamarle con il loro nome. A malapena riescono a dire che quella di Israele è stata ed è una reazione sproporzionata e non condivisibile.

Così i nostri silenzi, i nostri non detti, il nostro girarsi dall’altra parte e una cronaca edulcorata al punto giusto ha reso noi “buoni occidentali” complici di uno degli orrori più atroci di cui l’umanità si sia mai macchiata. Abbiamo lasciato correre, finto di non capire e vedere, finché alla fine non è stato più possibile. Ora il “vaso è colmo” e forse anche noi iniziamo a “farci schifo”. Alle guerre – è vero – ci hanno abituati, ma ci hanno abituati a quelle “fatte con le buone maniere”. Alle guerre “fatte per portare la pace”, a quelle “giuste”, fatte perché “non c’era altra scelta”, considerato l’obbligo morale di noi occidentali di “esportare la democrazia”. So che è puro esercizio retorico, ma allora viene da chiedersi, data appunto l’innata predisposizione dei governi occidentali a farsi carico di paesi martoriati da dittature, guerre civili e non, il perché con Gaza non sia scattata alcuna missione umanitaria.

Forse il popolo palestinese non è stato ritenuto sufficientemente invaso e aggredito per meritare la nostra clemenza. In qualche modo doveva pur pagare per l’attentato di Hamas del 7 ottobre 2023. Ciò detto, a Gaza si è superato talmente il limite che è venuto meno anche lo spazio per l’ipocrisia, elemento per noi fondamentale. Si è rotto il giochino e il meccanismo si è inceppato. Da sempre l’ipocrisia è stata lo scudo perfetto per le nostre coscienze. Grazie all’ipocrisia abbiamo convissuto per decenni, senza alcun senso di colpa, con qualsiasi guerra, anche la più aberrante. Ma nel caso della guerra a Gaza, ciò non è più possibile. Il governo di Israele rivendica senza alcuna vergogna la disumanizzazione del popolo palestinese.

A Gaza è in corso uno sterminio sistematico e qualunque mezzo, anche il più crudele, è considerato lecito, tanto da farne un vanto. Si compiacciono per aver fatto dei gazawi, dai bambini ai vecchi, un popolo di affamati e assetati, in continua “transumanza”. Vogliono a tutti i costi i Palestinesi fuori dalla Striscia, la loro presenza non rientra nei piani futuri e non esitano a propagandarlo. Insomma, la guerra a Gaza sembra non prevedere né il politicamente corretto, né il perbenismo di circostanza, tanto che noi, ignavi abituali, alla fine siamo stati costretti a gettare la maschera della doppiezza e impostura e cedere all’indignazione.

Così anche la Comunità europea, seppur fuori tempo massimo, ha dovuto desistere e dimostrare il suo dissenso. Ma se per manifestare disapprovazione attraverso meri gesti simbolici sono serviti quasi 60.000 morti, oltre 115.000 feriti, più di due milioni di sfollati e un’intera popolazione privata di cure e a rischio carestia, oltre a un’insolenza strabordante del governo israeliano, di quanto altro orrore ci sarà bisogno prima di mettere a punto concrete azioni politiche contro Israele, a partire dal blocco della vendita di armi?

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Il Fatto Quotidiano

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