Ai corsi della Alcatraz, Stefano Benni portava gli allievi in viaggi fantastici

  • Postato il 9 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Per un attimo i raccontatori di storie irregolari si sono fermati. Le tastiere sono restate mute. Il profeta dei narratori è morto.

Ho incontrato Stefano quando eravamo ventenni sconosciuti e lui lavorava al Foglio di Bologna, che non c’entra niente col Foglio di Giuliano Ferrara, tant’è che era stato chiuso e i giornalisti l’avevano occupato.

Andai lì a dare una mano disegnando vignette e mi trovai a collaborare con questo giovane giornalista che con una sua inchiesta basata su decine di interviste ai vicini di casa della vittima di un omicidio successo a Bologna aveva avuto un successo enorme e portato al rovesciamento della ricostruzione ufficiale.

Mi ricordo che illustrai una sua storia assurda su un telefono che si mangiava i gettoni.

Anni dopo collaborò saltuariamente a Il Male, la rivista di satira politica che avevamo fondato a Roma con Pino Zac Vauro, Mannelli e Vincino.
Contemporaneamente divenne amico di mio padre e di mia madre alla quale dedicò una poesia bellissima

Quando nacque la Libera Università di Alcatraz, partecipò inventando un corso di Immaginazione veramente geniale. Si basava sulle sue letture di stralci di libri che lo avevano affascinato. Io mi stendevo per terra, in palestra, e lo ascoltavo descrivere tempeste e avventure. Riusciva così a portare i suoi molti allievi in un viaggio fantastico.

Il momento più scioccante del corso era una specie di improvvisazione teatrale. Stefano iniziava raccontando una storia che evidentemente lo emozionava e lo metteva in difficoltà. Diceva: “Qui ci sono alcune persone che sono a conoscenza di fatti fondamentali riguardo a ciò che è successo a una ragazza in Perù. Ora io invito queste persone a raccontare finalmente la verità, e credo sia importante che, mentre loro raccontano come sono andati veramente i fatti, tengano in mano questo bastone sciamanico, seguendo la tradizione di alcune culture primitive, convinte che un bastone sciamanico possa obbligare la tua bocca a dire la verità.”

A questo punto intervenivano un paio di allievi che erano in combutta con Stefano e iniziavano a raccontare di quello che era successo e di come questa ragazza fosse stata uccisa. Poi Stefano invitava altri ad aggiungere ciò che sapevano: ne veniva fuori un sovrapporsi di invenzioni, visioni, suggestioni, che portava a un livello di drammaticità enorme, come se realmente si parlasse di un fatto accaduto e non di un semplice gioco di fantasia. Un teatro della verità costruito su una finzione.

L’emozione che le persone vivevano era enorme perché la commistione tra fantasia e realtà, tra narrazione e cronaca, in Stefano era molto potente, era la cifra dei suoi romanzi. I corsi di Stefano, in questi 45 anni, sono stati appuntamenti straordinari ad Alcatraz.

Ne è nata una vicinanza, una possibilità di scambiare idee e un’amicizia veramente forte. Tanto che Stefano arrivò a trascorrere alcuni mesi da noi, creando insieme a Eleonora Albanese sculture, dipinti e storie che venivano raccontate la sera, dopo cena, coinvolgendo ospiti e docenti. Un patrimonio di idee e fantasie enorme.

Difficile trovare una chiusa a questo articolo che non farebbe fare a Stefano la smorfia che riservava a tutte le banalità.
Quindi mi astengo. Ma visto che siamo atei ma crediamo che la vita sia eterna, posso concludere con un: “Ci si vede amico mio!”.

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Il Fatto Quotidiano

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