Cristina ‘Nikita’ Pinto, 22 anni in carcere, racconta cosa vuol dire essere giovani camorristi

  • Postato il 23 aprile 2025
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Ancora oggi, come allora, i giovanissimi sono affascinati dal prestigio esercitato dai boss della camorra, e per contro, i clan approfittano della giovane età dei loro affiliati: costano poco, non hanno orari, non hanno famiglie da mantenere, vivono la maggior parte del tempo per strada e soccombono agli ordini impartiti dai boss. Imparano in fretta a usare le armi e non hanno paura di nulla, diventano spietati. Si sentono grandi e imbattibili. All’epoca, anche io ero così”. Lo racconta Cristina Pinto nel libro Nikita. Storia di una camorrista curato da Stefania Franchini, edito dalla casa editrice ‘IOD’ di Pasquale e Francesco Testa. Una storia particolare e singolare quella di Cristina Pinto iniziata nel 1985 a Pianura, quartiere di Napoli, edificato senza regole nella più grande speculazione edilizia imposta dai clan.

È il racconto di una ragazza, che a 16 anni impugnò un’arma per diventare un’affiliata del clan del Rione Traiano guidato dai fratelli Mario e Nunzio Perrella, quest’ultimo in un interrogatorio con il magistrato Franco Roberti affermò: “Dottò, a’ munnezza è oro”. Il soprannome di ‘Nikita’ come la protagonista del film di Luc Besson se l’è visto affibbiare direttamente dal boss per la sua abilità nell’uso della pistola. Dopo 22 anni di carcere, Cristina ha imparato a guardare il vero volto del male. Senza scelta, morte o carcere.

Non ha mai collaborato con lo Stato, si è assunta le proprie responsabilità di fronte alla legge prendendo coscienza di cosa sia la piovra della criminalità organizzata. È una testimone senza fronzoli, cruda e reale dal di dentro della camorra. Ed è proprio a Pianura che è tornata, dopo tanti anni, per presentare questo libro dalle parole autentiche e senza retorica.

Ti affacci dalle finestre della ‘Casa della Cultura e dei Giovani’ di Pianura, intitolata alla vittima innocente Francesco Pio Maimone, 18 anni per sempre, e ti trovi davanti uno scenario di degrado e abbandono assoluto. Qui, nei decenni, la camorra si è fatta Stato costruendo abitazioni, garantendo tranquillità a chi lavora nella piccola illegalità e a chi, invece, è parte del sistema del pizzo, dei traffici di droga e del contrabbando. È il volto dei ‘clan di prossimità’ a cui molti giovanissimi aspirano per garantirsi un futuro di rispetto e potere. Un destino quasi ineluttabile. Un disastro generazionale.

Poco o nulla è cambiato da quando Cristina Pinto, Nikita, impugnava la sua pistola per conto del boss. Anzi, forse le cose sono peggiorate. All’azione di magistratura e forze dell’ordine che hanno in parte disarticolato i vecchi clan, c’è la risposta dei nuovi gruppi criminali che per violenza e brutalità somigliano ai narcos messicani. Il quartiere Pianura è un laboratorio, diviso in zone, con altrettanti micro clan a impedire ‘invasioni’ reciproche. Equilibri molto instabili: ci si contende una strada, una piazza, una piccola area d’influenza. Si può morire per un nulla, per un sospetto, una diceria, uno scambio di persona, un proiettile vagante. Così è sempre stato.

Come per Fabio De Pandi, 11 anni per sempre. Era il 21 luglio 1991, una domenica sera, mentre al Rione Traiano sta salendo in macchina, scoppia l’inferno: un commando del clan Puccinelli, spara in strada nel tentativo di colpire il rivale Perrella (ex alleato). Una pallottola gli toglie la vita. Come quella sera del 10 agosto 2000 Luigi Sequino era in macchina sotto casa sua con l’amico Paolo Castaldi, si erano fermati a parlare delle vacanze. Poi, il rumore degli spari. Trucidati, entrambi. Avevano venti e ventuno anni. Quei due ragazzi, incensurati, erano stati uccisi per errore. Scambiati per guardaspalle di un boss.

E poi l’oggi. L’atroce omicidio di Gennaro Ramondino, il 20enne trucidato a colpi di pistola la notte tra il 31 agosto e il 1 settembre scorso in un sottoscala in una strada di campagna di Pianura. Il presunto killer è un ragazzo di 16 anni che non ci ha pensato su due volte a sparare contro il suo amico. C’era poi la scena del crimine, che andava ripulita. E c’era da liberarsi del corpo. Da qui l’idea di trascinare Ramondino in campagna e lì dare fuoco ai suoi resti. Una storia, quella del 16enne, che non inizia certo con questo delitto. Era già sotto custodia cautelare per aver preso parte a un tentato omicidio.

E ancora prima c’è l’omicidio di Andrea Covelli, 27 anni,torturato e ucciso il cui corpo venne ritrovato il 1 luglio del 2022 in contrada Pignatiello sempre a Pianura. Un altro agguato scatta la notte del 12 marzo 2023 nella zona degli chalet di Mergellina nel mirino finisce Antonio Gaetano, 19 anni, alias ‘Biscotto’, un agguato che sarebbe scaturito da una lite con esponenti di un clan di Pianura. E ancora l’uccisione – lo scorso 2 marzo – del pregiudicato Pasquale D’Anna, 34 anni.

Insomma, di fronte a questo orrore quotidiano, il racconto crudo di Cristina Pinto in Nikita. Storia di una camorrista può aiutare ad aprire gli occhi e capire che le camorre sono il male assoluto e nessuno si può girare dall’altra parte.

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Il Fatto Quotidiano

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