Femminicidi, concentriamoci sulla patologia profonda che ci sta dietro
- Postato il 23 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Sabrina Rossi (psicologa e psicoterapeuta in formazione)
Il femminicidio di Pamela Genini non può essere compreso solo come un dramma individuale, ma come il sintomo estremo di una realtà molto più profonda e che ci riguarda tutti indistintamente. La sua morte non può essere interpretata attraverso le lenti riduttive della gelosia o del raptus incontrollato. Essa rappresenta l’esito finale di un processo psichico patologico, in cui la donna viene annullata non perché amata troppo, ma perché non riconosciuta più come essere umano. Pamela è stata uccisa non per passione, ma per esistenza: perché, nel momento in cui ha affermato la propria autonomia, è diventata intollerabile per chi non era in grado di accettare la libertà dell’altro.
Da questo caso emerge con forza una domanda essenziale: dove nasce la violenza di genere? Per comprenderlo, è necessario scendere più in profondità, là dove si annida una patologia del pensiero. Le radici culturali e religiose, con il loro retaggio patriarcale, hanno indubbiamente alimentato nel tempo l’idea di inferiorità femminile, legittimando ruoli di sottomissione. Tuttavia, questi elementi da soli non bastano a spiegare la violenza estrema dei femminicidi.
Per comprenderla davvero, occorre riconoscere una dimensione spesso ignorata: la presenza di una patologia mentale profonda. Eppure, parte della psichiatria e dell’opinione pubblica continua a rifiutare questa prospettiva, temendo che “patologizzare la violenza” significhi giustificare l’assassino. La malattia mentale, anche nelle forme più gravi, può abitare individui apparentemente normali, integrati e capaci di mantenere a lungo una facciata di razionalità, celando invece un vuoto psichico invisibile. È proprio questa apparente normalità che va messa in discussione: ciò che non appare patologico in superficie può nascondere profondi disturbi psichici.
Per affrontare davvero la violenza di genere, è essenziale che la psichiatria definisca chiaramente cosa sia la malattia mentale. Limitarsi al comportamento esterno non basta: la violenza affonda le radici in alterazioni profonde della psiche. Comprendere l’eziologia di questi fenomeni significa riconoscere che la mente, pur nascendo in una condizione di sanità e uguaglianza, può ammalarsi nella sua parte non cosciente, generando forme estreme di distruttività.
La violenza di questi individui nasce dal deterioramento della loro realtà interna, che diviene arida, priva di affetti, di immagini e di fantasia. Un deserto affettivo che, nel rapporto con la donna, si manifesta con odio, freddezza e dimensioni di lucidità che rappresentano complessivamente i sintomi di una grave patologia mentale.
Spesso la violenza esplode nel momento della separazione. Quando la donna si allontana e riafferma la propria autonomia, l’uomo malato vive questa perdita come una frattura di sé, una catastrofe interiore. L’omicidio diventa allora, nella sua mente, l’unica via per cancellare l’angoscia. È ciò che si definisce pulsione di annullamento: una reazione psichica in cui l’altro non è più riconosciuto come persona, ma ridotto a oggetto da eliminare. In questa condizione estrema, si perde ogni contatto con il significato umano dell’uccidere.
Riconoscere l’esistenza di una patologia profonda alla base del femminicidio non significa giustificare, ma permettere di comprendere e prevenire. Solo così possiamo andare oltre la semplice condanna e aprire alla reale possibilità di intervento e tutela.
Questo è il cuore tragico della pulsione di annullamento: eliminare l’altro non quando si ama troppo, ma quando non si è in grado di amare affatto. Il femminicidio diventa così l’unico modo, nella mente malata, per cancellare l’angoscia della perdita, distruggendo l’altro per non affrontare il proprio vuoto interiore. Per questo, il caso di Pamela Genini non appartiene soltanto alla cronaca, ma alla scienza della psiche. Finché la società continuerà a ignorarla, resterà condannata a piangere senza capire.
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