Fermate il crowdfunding del maestro che vuol portare i bimbi sulla via Francigena!
- Postato il 3 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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L’altra sera, mentre scrollavo Instagram sul divano di casa, mi sono ritrovato a leggere di una cosa che mi ha profondamente turbato. La colpa, se così si può dire, è di Dario Alì, di giorno formatore di docenti e studenti sui temi della pedagogia queer, sempre di giorno analista, con il suo profilo Instagram @crux.desperationis, dei fenomeni più cringe e inquietanti del web oltreché critico dissacrante dello snobismo e del circolettismo della sinistra al caviale Almas che ha in personaggi come Fabio Fazio e Chiara Valerio i propri sacerdoti borghesi.
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La “cosa” che mi ha turbato è questa: c’è un certo Gabriele Camelo (maestro_gabriele) – un uomo che pubblica le sue sedute di psicoterapia su Instagram, e potrei già chiuderla qui – che da un po’ di tempo cerca notorietà. Alla fine sembra averla trovata, quantomeno quella volatile dei social, quando ha iniziato ad accarezzare i suoi alunni a favore di telecamera e a valutarli non dando voti ma commenti del tipo “Sono fiero di te” e “Stai crescendo splendida”.
Ora, fino a l’altro ieri le critiche – e purtroppo, aggiungo io, anche i complimenti – avanzati a questo eccentrico personaggio erano, diciamo, circoscritti a un bacino di pubblico non molto ampio. Poi però il Maestro Gabriele ha deciso di aprire una raccolta fondi su GoFundMe per finanziare un progetto singolare: accompagnare tre studenti definiti “disgraziatelli” lungo la via Francigena. Un modo, dice il Maestro, di guarire il suo bambino interiore ancora traumatizzato e, allo stesso tempo, di aiutare i “disgraziatelli” a guardare al futuro in modo più sereno.
Lascio ad Alì, più competente di me in materia, la valutazione sulla pericolosità didattica di questo progetto – da cui, apprendo mentre scrivo, una delle tre famiglie si sarebbe tirata saggiamente fuori – reso ancora più inquietante dal fatto che una parte dei fondi raccolti è destinata a finanziare la produzione di contenuti “on the road” da diffondere sui social. Un paio di spunti vorrei però darli anche io.
La scelta della via Francigena da parte di Camelo è certamente inerente alla presunta “salvificità” del suo progetto. Nata come itinerario di pellegrinaggio che collegava Canterbury (Inghilterra) a Roma, attraversando Francia, Svizzera e Italia e percorsa nel Medioevo da pellegrini diretti a Roma, oggi la via è un cammino culturale e spirituale, frequentato anche per turismo lento, escursionismo e cicloturismo. Camelo si rende conto che accompagnerebbe due bambini lungo sentieri sterrati e faticosi? Senza dimenticare, poi, che lungo il tragitto vitto e alloggio sono scarni ed essenziali: perché obbligare due minorenni a questo sacrificio?
Camelo è talmente preso da sé stesso che non ha immaginato le conseguenze della sua idea disgraziata. La colpa però non è solo sua. È, come sempre, anche dei giornalisti che invece di consumare le suole a cercare notizie se ne stanno sui social a setacciare contenuti da trasformare in articoletti clickbait. Se alcuni colleghi non gli avessero dedicato degli articoli all’epoca dei “Sono fiero di te”, forse oggi il Maestro avrebbe meno certezze sul suo modus operandi.
Fermo restando, quindi, che come quasi sempre la responsabilità è anche della nostra categoria, in questa inquietante vicenda ci sono almeno altri tre corresponsabili.
La prima è la rappresentante d’istituto che avrebbe avallato il progetto. Le seconde sono le famiglie dei due “disgraziatelli” rimasti. Mi chiedo: com’è possibile che queste persone abbiano acconsentito a lasciare i figli a un uomo adulto con cui i loro bambini non hanno alcun rapporto di parentela? Ci sono poi le persone che mettono like ai post di Camelo e che si complimentano con lui. A giudicare dai profili, si tratta di un pubblico che risponde sull’onda dell’emotività; utenti che non hanno gli strumenti per capire che dietro le umanità di certi fenomeni del web si nascondono profili che giocano sull’emozionalità altrui per ottenere dei ritorni d’immagine.
Tornando a Camelo: siamo, insomma, di fronte a un cortocircuito totale: un uomo adulto in lotta con i suoi traumi del passato che riprende le proprie sedute di psicoterapia e che vuole affrontare la via Francigena con due alunni per “ripararli” e, tramite loro, “riparare sé stesso”. Se non si capisce che questa dinamica è profondamente sbagliata – non il fatto che Camelo vada da una psicoterapeuta, tutto il resto – allora siamo in guai seri.
Un ultimo pensiero rivolto al Maestro Gabriele. Ho detto prima che anche la mancanza di cultura di certi suoi follower può aver generato questa situazione. Camelo però, da parte sua, è colto, basta vedere cosa scrive e come scrive. Questo però non toglie gravità al suo operato, anzi, se possibile la aggiunge: rispondere a chi lo critica che l’etimologia della parola “disgraziatello” ha a che fare solo con la “mancanza di grazia”, soprassedendo sulla volontà chiara di scegliere e usare, invece, un termine in grado di suscitare empatia nei propri follower, è un chiaro segnale di immaturità.
Vi ricordate il film horror Non aprite quella porta? Ecco: non aprite quella campagna fondi, o meglio, visto che è già stata aperta: chiudetela subito.
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