I governi combattono le dipendenze, ma non quella da smartphone e social: le multinazionali del digitale non si toccano
- Postato il 4 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Farebbe ridere se in realtà non ci fosse da piangere. Mi riferisco al fatto che tutti i governi democratici e occidentali, a vario titolo e con differenti modalità, combattono o puniscono l’uso delle sostanze stupefacenti (non solo le droghe vere e proprie, ma anche il tabacco e gli alcolici) al punto da mettere non pochi cittadini nella condizione di essere severamente perseguiti legalmente (si veda, per esempio, il divieto di fumo negli Usa, oppure il nuovo codice della strada in Italia), ovviamente per il loro bene.
Insomma, in maniera più o meno giustificata i principali governi democratici sembrano tenere alla salute dei propri cittadini, salvo continuare bellamente a ignorare il fatto che larga parte della popolazione – perlopiù quella giovane o giovanissima, ma non solo – è vittima della più clamorosa e insidiosa tossicodipendenza di massa mai avvenuta nella Storia. Sì, mi riferisco alla vera e propria droga ormai costituita dagli smartphone, dai social network e dalla Rete in genere, che però è anche il più grande business del nostro tempo e non può essere minimamente ostacolato da una politica succube e quindi complice di quel potere finanziario che funge da “spacciatore”.
Eh già, se si tratta di punire le persone per le loro abitudini, rimpinguando le casse statali grazie alle multe spropositate, allora ben venga la tutela della salute dei cittadini; ma se invece si corre il rischio di porre limiti e freni allo strapotere delle multinazionali del digitale (che per inciso hanno contribuito con solo 187 milioni di euro al nostro erario, a fronte di 8,5 miliardi di euro di introiti), allora la salute degli individui diviene irrilevante.
Quando vado in giro a raccontare gli effetti deleteri e diffusi della grande droga del nostro secolo, vengo spesso tacciato di essere un apocalittico, uno che intende maledire le nuove e mirabolanti tecnologie soltanto per destare scalpore e paura. Eppure continuo a restare basito di fronte a una tale accusa: come se non si sapesse che, per esempio, i social network ma non solo essi sono stati tecnicamente programmati e studiati per ipnotizzare gli utenti e generare in loro una dipendenza, aspetto che si riflette maggiormente sui giovani che hanno la corteccia frontale poco sviluppata. Può destare meraviglia solo in chi non può o non vuole ragionare, il caso di questi giorni del ragazzo quindicenne ricoverato in ospedale con sintomi da astinenza perché i genitori gli avevano requisito il cellulare per alcune ore.
Non si tratta di una droga che mina e degrada soltanto le capacità cognitive e la salute emotiva delle persone – con gli studi che registrano abbassamenti generalizzati delle capacità intellettive e aumenti rilevanti dei casi di depressione o disagio emotivo – ma anche la democrazia stessa*.
Costruendo un’opinione pubblica sempre più inetta, ottusa e imbelle (oltre che disinformata e quindi ignorante), largamente intenta nella nobile arte dei selfie puntualmente ritoccati (per i quali si è spesso disposti, spesso, anche a mettersi in situazioni stupide o addirittura pericolose), il potere finanziario – con la complicità di una classe politica mediamente impreparata, irrilevante o al limite correa – è libero di distruggere i diritti sociali ed esercitare un governo autocratico (politicamente) e oligopolico (economicamente) sulle nostre democrazie al tramonto.
Né è possibile sostenere che gli stessi giovani non ci hanno avvertito, come emerge anche dal recentissimo studio inglese condotto su un campione di 1293 ragazzi e ragazze. Proprio i giovani dichiarano in larga parte che il loro sogno è di crescere in un mondo senza Internet, ammettendo i propri comportamenti disfunzionali nella vita online, ma anche il forte senso di dipendenza e il malessere emotivo provato dopo svariate ore di connessione alla Rete.
Ora, pensare di crescere in un mondo senza Internet, come chiedono molti di quei giovani, sarebbe irrealistico e forse sbagliato. Invece aspettarsi di vivere in un mondo in cui la Politica torni ad avere la P maiuscola, limitando e governando il potere economico laddove esso si rivela nocivo per l’umano, è non solo augurabile, ma perfino necessario.
*Per i riferimenti ad alcuni studi che supportano le mie affermazioni, rimando a P. Ercolani, Homo solitarius. I social e l’ingegneria della solitudine, in “MicroMega”, 3, 2025
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