Lamezia Terme al ballottaggio: una cartina di tornasole per l’antimafia
- Postato il 6 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Al ballottaggio l’8 e il 9 giugno prossimi per l’elezione del sindaco, Lamezia Terme è una cartina di tornasole della volontà politica e popolare di difendere le istituzioni calabresi dalle infiltrazioni mafiose. Lì il Consiglio comunale fu sciolto più volte a causa di condizionamenti criminali in municipio: nel ’91 con una maggioranza Dc-Psi, nel 2002 e nel 2017 sotto la guida del centrodestra.
Parliamo della quarta città più grande della Calabria, con quasi 70mila abitanti, la posizione baricentrica, un aeroporto internazionale e risorse rilevanti, nove famiglie di ’ndrangheta e un allarme piuttosto ignorato: il ritorno sotto elezioni della forza intimidatrice tipica delle cosche, con due incendi notturni di dubbia matrice, uno dietro l’altro.
Lamezia Terme è riflesso della Calabria in cui bene e male coesistono accanto e talvolta convivono in una dimensione di apparenza e ambiguità difficile da focalizzare, quindi da sconfiggere. Da un lato la criminalità organizzata con i propri legami e linguaggi, dall’altro la comunità “Progetto Sud” di don Giacomo Panizza che, insieme ad altre realtà locali e al progetto letterario “Trame”, testimonia che è possibile l’alternativa socioculturale antimafia e che l’economia cresce nella legalità. Nello stesso perimetro urbano vi è la presenza datata di Rom ghettizzati in insediamenti di fortuna come il campo di Scordovillo, in corso di smantellamento a seguito di ricollocazione. Poi esiste tutta un’area di mezzo che include opacità, interessi pesanti, incrostazioni di potere, riverenze o disponibilità rispetto agli apparati criminali.
Il contesto è problematico ma interessante per ricostruire speranza e riscatto collettivi: deprime e incoraggia come accade in ogni angolo della Calabria, terra di isolamento, paradossi, eccessi oltre l’immaginazione. Tuttavia, nella campagna elettorale in corso è stato sottovalutato il tema della bonifica politica delle liste elettorali per scongiurare a monte l’ennesimo scioglimento del Consiglio comunale cittadino. Ne ha parlato con preoccupazione soltanto la candidata a sindaco del centrosinistra, Doris Lo Moro, ex magistrato con il padre e un fratello ammazzati dalla ’ndrangheta, due mandati da sindaco e un riconosciuto impegno contro il malaffare.
Lo Moro ha garantito di non avere candidati vicini ad ambienti sporchi, mentre il candidato a sindaco del centrodestra, l’avvocato Mario Murone, docente a contratto di materie penali nell’Università di Catanzaro, ha detto di essersi rivolto agli organi preposti in modo da “evitare di gettare poi l’acqua sporca con tutto il bambino”. Il centrodestra ha preferito sorvolare sull’argomento, forse per l’imbarazzo politico degli scioglimenti precedenti o per la presenza di un “impresentabile” nelle proprie liste. E ha scelto di attaccare Lo Moro: attribuendole il declino – quando era assessore regionale alla Sanità – dei servizi sanitari con la riduzione delle Asl e la loro riorganizzazione su base provinciale, per questo arrivando finanche a scomodare il collega Paolo Pollichieni, morto nel 2019.
È una boutade, perché Lo Moro non partecipò a quella operazione e si dimise poiché contrariata. Soprattutto, la sanità pubblica della Calabria precipitò in basso con il commissariamento governativo del 2010 per il rientro dai disavanzi sanitari, che non c’entra affatto con quel riassetto delle aziende sanitarie. Ma buttarla in rumore, come ovvio, serve spesso a non discutere delle questioni essenziali. Spesso troppo scomode.
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