Il Corriere stronca Crozza e pure il suo pubblico: un fatto rivoluzionario nella critica televisiva
- Postato il 23 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Forse non molti se ne sono accorti, ma negli ultimi giorni è accaduto un fatto assolutamente nuovo, rivoluzionario nell’ambito della televisione italiana, del rapporto tra programmi, pubblico e critica. Sul Corriere della sera è apparsa nella rubrica di critica televisiva una stroncatura del programma di Maurizio Crozza, giudicato un contenitore di “brutte caricature svuotate di ogni finezza satirica”, di “battute frantumate per avere una seconda vita in rete”, in cui c’è a malapena una sola occasione di riso, una sola battuta divertente – ma è la più prevedibile.
Ora, a parte l’ovvietà del destino social di porzioni del programma (cosa comune a tutto l’intrattenimento televisivo), a parte il fatto che qualche occasione in più di risata continua a esserci (i pasticci linguistici del ministro Urso per me sono motivo di inesauribile divertimento), a parte l’acredine dei toni (di cui si ignora il motivo, ma ci sarà), a parte tutto questo, la critica coglie un punto significativo. Anche a me pare che Crozza faccia meno ridere, ma credo che lo faccia consapevolmente, che lo abbia scelto. Ha rinunciato alla componente più ridanciana del suo lavoro, alla battuta finale che strappa un’ovazione al termine di ogni imitazione, per lasciare più spazio alla parte di illustrazione delle contraddizioni, delle falsità diffuse nel discorso politico. Più che puntare sulla comicità immediata, segue la linea dell’assurdo, del paradosso, del sorriso che nasce dalla scoperta di un imbroglio. Si può discutere sulla bontà di questa scelta, si può risolvere il tutto pensando che si ride meno perché di questi tempi c’è poco da ridere, ma vale la pena di approfondire un po’ l’analisi del programma (e ovviamente di vederlo).
Poi c’è un altro aspetto della stroncatura del Corriere ed è l’aspetto che contiene quella rivoluzione di cui parlavo sopra. Ci fu un tempo – ricordate? – in cui ogni tanto si accendeva una polemica particolare. Di fronte a certi programmi di successo ma per molti aspetti discutibili (un Grande fratello, un’Isola o un Uomini e donne) la critica si indignava definendoli volgari, spazzatura, capaci di assecondare gli istinti peggiori. A quel punto interveniva un autore, un protagonista del programma o un semplice estimatore che redarguiva il critico: non si fa, accusare il programma di volgarità significa accusare di volgarità anche i milioni di spettatori che lo seguono, non è una critica è un’offesa.
Ricordate queste accese assurde querelles? Non solo non ci sono più, ma il Corriere ribalta del tutto la questione. L’accusa, o l’offesa, al pubblico di Crozza non è più un sospetto, implicita nel giudizio sul programma ma – ecco la rivoluzione – esplicita. Si tratta di “un’invincibile armata, quella che si accontenta di slogan, quella giustizialista, quella che si abbandona a una rabbia caotica più revanscista che rivoltosa, … che si sdilinquisce per Francesca Albanese e si appiattisce nello Zeitgeist moralistico…”.
Vi pare abbastanza esplicito? Lo trovate offensivo? Personalmente, lascerei perdere lo Zeitgeist, non tirerei in ballo Francesca Albanese ed eviterei il “piove giustizialismo ladro”. Al loro posto farei una riflessione seria sul pubblico dei Fratelli di Crozza che è un po’ più variegato e meno becero di come lo descrive il Corriere, molto fidelizzato anche di fronte ai cambiamenti di cui si diceva e diverso da quello che segue un programma che su un’altra rete tratta nello stessa fascia oraria gli stessi contenuti. E che – dimenticavo – dopo la ripetuta stroncatura è cresciuto. Ma questo è un puro caso.
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