La Corte di giustizia Ue riconosce i diritti del lavoratore caregiver: un passo di portata storica
- Postato il 15 ottobre 2025
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di Annalisa Rosiello*
Con la sentenza dell’11 settembre 2025, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea compie un passo di portata storica: il datore di lavoro è obbligato ad adottare, nei confronti del lavoratore caregiver, misure di accomodamento ragionevole, purché non sproporzionate, esattamente come è previsto per le persone con disabilità.
La vicenda nasce dal ricorso di una madre lavoratrice, caregiver di un figlio minore affetto da disabilità grave, che aveva richiesto turni fissi per conciliare le esigenze di cura con l’attività lavorativa. Dopo due gradi di giudizio negativi in sede nazionale, la Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno sollevare una questione pregiudiziale dinanzi alla Cgue, per chiarire se il diritto dell’Unione imponga anche per i caregiver l’obbligo di parità di trattamento e di accomodamento.
La risposta della Corte di giustizia è inequivocabile. I giudici europei chiariscono che il principio di non discriminazione non si applica solo alla persona con disabilità, ma anche a chi subisce un trattamento svantaggioso in ragione della disabilità del proprio congiunto. Viene così riconosciuta, in modo espresso, la discriminazione per associazione anche nella sua forma indiretta: laddove una misura apparentemente neutra penalizzi in concreto il lavoratore caregiver, in quanto legato a una persona con disabilità, essa viola la direttiva 2000/78/CE e la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.
Ancora più importante è il secondo passaggio: il datore di lavoro deve attuare, nei confronti del caregiver, accomodamenti ragionevoli (quali ad esempio la modifica degli orari, dei turni, lo smartworking, il telelavoro, la flessibilità organizzativa, o altre soluzioni idonee a garantire l’equilibrio tra lavoro e cura). Un obbligo che non nasce da un’interpretazione creativa, ma da una lettura coerente con la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Unione nel 2010, e dagli articoli 21, 24 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Si tratta di una svolta. Finora, l’estensione degli accomodamenti ai caregiver era rimasta confinata in poche esperienze giurisprudenziali (come il caso del Tribunale di Ferrara 25.3.2019, Bighetti est). Adesso, grazie all’efficacia cosiddetta “erga omnes” delle sentenze della Cgue, possiamo affermare che la tutela contro la discriminazione e il dovere di adottare accomodamenti non si limita alla disabilità personale, ma riguarda anche chi si prende cura della persona con disabilità.
Per chi poi, come me, ha sostenuto più volte l’opportunità di una lettura ampia dei “ragionevoli accomodamenti” anche a fronte di svantaggi familiari o sociali, questa sentenza è una conferma: le norme antidiscriminatorie non possono ignorare il carico di cura o determinate e comprovate condizioni di fragilità.
Non si tratta di concessioni eccezionali, ma dell’applicazione coerente dei principi di uguaglianza sostanziale, pari dignità e inclusione, già sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, dalla Convenzione Onu e dalla nostra Costituzione. Il datore di lavoro non può più limitarsi a una gestione astratta e neutra dell’organizzazione, ma deve farsi carico, nei limiti della proporzionalità, delle esigenze concrete di chi è impegnato quotidianamente nell’assistenza a un familiare con disabilità.
Questa pronuncia apre nuove prospettive per il contenzioso antidiscriminatorio e impone una riflessione più ampia sulle politiche aziendali e pubbliche in tema di conciliazione. L’equilibrio tra vita e lavoro non è più un privilegio da negoziare, ma un diritto da garantire. Siamo davanti a un cambio di paradigma: non è più il lavoratore fragile o gravato da responsabilità di cura a doversi adattare ai ritmi produttivi, ma è il sistema lavoro a doversi trasformare per diventare davvero inclusivo.
*L’autrice di questo post è anche curatrice del blog. Qui la sua biografia.
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