La vera setta è quella europeista: guai a criticare il sogno dell’Ue!

  • Postato il 6 giugno 2025
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di Savino Balzano

Ci sono dei moloch che nessuno deve osare criticare. Sono le variabili indipendenti del discorso pubblico: l’Unione Europea è certamente una di queste. Ci sono anche istituzioni intoccabili, uomini meno criticabili del Papa, ma avremo modo di tornarci in futuro. Chi attacca l’Unione Europea, chi ne nega l’indispensabilità, finisce nel calderone dei complottisti. E questa cosa è curiosa, curiosa davvero.

Chi è davvero complottista? È uno che crede ciecamente a una teoria, la difende con ardore quasi religioso, rifiuta qualsiasi dubbio e si affida a un dogma. Ecco, se la mettiamo così, ditemi voi: chi è più complottista del devoto europeista? A pensarci bene, quella europeista è una fede penitente per eccellenza: penitente e ingrata.

Avete presente quella figura mistica — metà tecnocrate, metà catechista — che predica con occhi lucidi la bontà intrinseca dell’Unione Europea? Quella che giura che Bruxelles è garanzia di pace, prosperità, equità e fratellanza tra i popoli? Di solito descrive la Commissione Europea come una sorta di Lourdes in versione regolamentare, dove il deficit si redime e il Pil cresce per miracolo. Alla Von der Leyen, nel Presepe, affiderebbe il ruolo di Maria. E guai a chi mette in discussione l’altare. Se ne potrebbero fare tanti di nomi…

Eppure, basterebbe guardarsi attorno per vedere una realtà ben diversa. L’Ue è un organismo tecnocratico buono solo a distribuire vincoli e reprimende. Nei momenti cruciali, è assente. Quando invece si fa sentire, è per colpire i più fragili: tagli alla spesa pubblica, vincoli capestro, austerità come unico credo. E adesso pure missili morali lanciati a est, col sorriso di Von der Leyen e la retorica da Guerra Fredda della Kallas.

Altro che “progetto di pace”. L’Ue ha brillato per inconsistenza per tutto il perdurare del conflitto in Ucraina. E quando ha parlato, lo ha fatto per alimentare il fuoco. Di diplomazia, neanche l’ombra. Di strategia autonoma, nemmeno a parlarne.

Eppure, il mito resiste. Per molti l’Ue è ancora “il sogno europeo”. Un po’ come credere a Babbo Natale. Una favola utile, un’invenzione comoda per chi ha bisogno di un nemico da evitare e di una propaganda da idolatrare, col solo scopo di continuare a lucrare su chi resta indietro. Nei Paesi più deboli — Grecia, Italia, Spagna — abbiamo visto in cosa consiste davvero la “solidarietà europea”.

Ieri sera, Marco Travaglio lo ha detto a chiare lettere, durante Otto e Mezzo: il racconto dell’Unione Europea quale madre premurosa è una favoletta per adulti distratti. Mi è piaciuto molto. Solo su un punto dissento: l’Unione non ha deragliato, non si è persa, non ha smarrito la via. L’Unione non ha sbagliato strada. Ha seguito il suo progetto iniziale. È un sistema di ingegneria istituzionale pensato per garantire il primato dell’economia sulla politica, dei mercati sui diritti, delle élite sui popoli. Un marchingegno ideato per generare guerra, altro che pace: sul piano economico, e non su quello militare (almeno fino a oggi). Tra paesi membri e all’interno dei paesi stessi. Sta funzionando benissimo.

Il problema non è che l’Ue non sia quella che dovrebbe essere o che avrebbe dovuto essere. Il problema è che è esattamente quella che doveva essere. Se fa male, è perché era stata progettata per farlo.

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