Lo Stato vuole velocizzare gli sfratti, ma mancano case popolari e politiche pubbliche adeguate

  • Postato il 4 novembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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La questione sfratti è tornata prepotentemente nelle pagine dei giornali, dapprima con i suicidi in casi di sfratto, poi con i tragici eventi in provincia di Verona e con lo sfratto violento da parte della polizia di due famiglie con minori e disabili a Bologna; ora con le notizie apparse su agenzie e giornali di due atti che si intrecciano tra loro.

Da una parte il Governo, per mano del Ministro della giustizia, starebbe predisponendo un decreto legge per una esecuzione veloce degli sfratti; dall’altra, con tempistica sospetta, una proposta di legge di Fdi che, anche questa, propone una esecuzione degli sfratti velocizzata, bypassando i Giudici attraverso l’istituzione di una apposita Authority, che dopo due mesi di morosità potrebbe decidere l’esecuzione entro 30 giorni – prorogabili in casi particolari a 90 giorni. Si tratta con tutta evidenza di due atti scellerati, forieri di incancrenire la crisi abitativa nei comuni e di traslarla definitivamente nell’ambito dell’ordine pubblico.

L’allungamento dei tempi delle azioni di rilascio dipende da una parte dall’elevato numero di sfratti esecutivi emessi, dall’altra dalla impossibilità per le forze dell’ordine di eseguirne più dei già pesanti 20.000 l’anno, ma soprattutto dalla mancanza di alloggi pubblici da destinare a passaggio da casa a casa, a costi sostenibili.

La questione è politica. Se da una parte il governo di destra tende a fomentare lo scontro sociale con una malintesa idea di tutela della proprietà privata, dall’altra uno Stato e un governo non votato all’esclusione sociale comprenderebbe che l’emergenza strutturale sfratti dipende essenzialmente dalla mancanza di politiche abitative pubbliche. Appare anche banale ipotizzare che se in Italia ci fossero 500.000 case popolari in più e 200.000 alloggi sociali ad affitto agevolato, che potrebbero garantire da una parte un veloce passaggio da casa a casa e dall’altra l’assegnazione di case popolari a famiglie nelle graduatorie, non ci sarebbe nessuna necessità di prorogare i tempi delle azioni di rilascio, né di affrontare la questione con l’ordine pubblico o con assistenti sociali.

Queste proposte emergono mentre in Italia è in missione il Relatore Onu sul diritto all’alloggio, che in tutte le iniziative e conferenze alle quali ha partecipato ha dichiarato che gli sfratti eseguiti senza passaggio da casa a casa violano il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali che l’Italia ha ratificato con la legge 881 del 1977. Quindi invece di attuare politiche abitative pubbliche che affrontino strutturalmente il fabbisogno abitativo di famiglie povere o con redditi bassi, anche quando derivanti da lavoro, si sceglie di fomentare lo scontro sociale riportandolo a mera diatriba da ordine pubblico tra inquilino e proprietario, alimentando la cultura che essere inquilino e povero equivale a delinquente o nei migliori dei casi a furbetto.

In tale contesto si torna a parlare di abitare, ma con una strana convergenza da parte del Governo e di Sindaci progressisti di grandi città. Anche laddove si paventa la necessità di realizzare abitazioni (ce ne sono milioni sfitte) si omette di affrontarla con case popolari per sostenere programmi pubblico/privato per alloggi cosiddetti sociali, lasciando alle famiglie sfrattate qualche assistenza sociale con albergazioni temporanee e qualche erogazione di finanziamento per trovarsi un alloggio. Essere poveri oggi è essere fuori contesto, quindi perché aumentare il numero di case popolari? Infatti in molti comuni le case popolari inutilizzate vengono recuperate e tolte dalla assegnazione e locate a famiglie di lavoratori dipendenti. Creando così ulteriore conflitto, questa volta tra famiglie povere e lavoratori dipendenti.

Che lo faccia la destra lo posso comprendere, ma che lo facciano comuni e regioni progressiste, perché? Sarebbe ora che le opposizioni, i sindacati e i comuni facciano sentire la loro voce, ma spetta anche agli sfrattati e ai precari della casa far sentire la loro voce e uscire dalla invisibilità.

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Il Fatto Quotidiano

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