Meloni sugli accordi per la pace non ha toccato palla: in tanta gioia collettiva, brilla certa piccolezza giornalistica
- Postato il 15 ottobre 2025
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di Berardino De Bari
Gli accordi di Sharm el Sheikh scatenano, giustamente, un’onda di speranza. A parte, ovviamente, in Bibi il genocida, che non ha distrutto Hamas e non ha liberato gli ostaggi che sono a casa, vivi o morti, grazie a Trump, parte del mondo arabo, Erdogan e qualche milione di persone scese in piazza o in mare a livello mondiale.
In tanta gioia collettiva, brilla la piccolezza giornalistica dei vari Sechi, Parenzo, Vespa, Senaldi, Cerno, Bocchino etc. sempre cantanti le lodi di sua Santità Giorgia: come dei Max Pezzali del giornalismo, spiegano in coro che “Siamo al centro del mondo, ci siamo dentro anche noi!”. (O)Nanismo alla direzione di giornali. Più che dei Sechi, dei Sechini.
Santa Giorgia era in Egitto, sì. Ha stretto mani, fatto foto, detto cose. Forse ha portato pure due pastarelle. Ma c’erano pure Stramer, Macron, Erdogan, quasi tutto il mondo arabo e una parte del mondo asiatico. C’era persino lo scomunicato Sanchez, quello che, da solo in Europa, ha spiegato come ci si oppone a un governo genocida. Insomma, c’erano almeno altri 30 dirigenti.
D’altra parte, l’underdog nostrana ha accettato, silente, i dazi dell’amico Trump, così come, tra le altre cose, l’attacco e l’arresto in acque internazionali di italiani disarmati da parte dell’amico Israele, partner nella compravendita di armi a genocidio in corso: un invito e un pacchetto di pop corn per assistere in maniera confortevole allo spettacolo era, se non altro, un gesto di buona educazione istituzionale.
Una frase di Erdogan ha sottolineato la centralità diplomatica di Santa Giorgia: “Stai molto bene! Ma devo farti smettere di fumare”, le ha detto, incontrandola. Un turco. Che dice a qualcuno che deve smettere di fumare. Va’ a sapere perché: l’ha sgamata in giardino con una siga tra le dita? O la Sorella d’Italia non profumava solo di forza diplomatica? La cosa resterà uno dei misteri della diplomazia mondiale. Ma son certo che ha detto anche a Trump di lasciar perdere i pericolosi fast food americani.
Santa Giorgia era in Egitto, sì. Come il Presidente dell’Arzerbaigian che, nel video storico in cui Trump e Al-Sisi firmano gli accordi, è in seconda fila, appena dietro Trump. La nostra, invece, in ultima fila. Da lì, come si dice a Roma, faceva capoccella: benché “bellissima” (cit. Trump), la statura le fa difetto e, defilata e in ultima fila, doveva impegnarsi per vedere ed esser vista. E non parlo, evidentemente, della statura istituzionale che, assicura la stampa di regime, non le manca affatto.
Santa Giorgia era in Egitto, sì. E nella foto ufficiale con tutti gli altri dirigenti mondiali, brilla in tutta la sua centralità. La trovate a destra. Ovviamente. Estrema destra. Ovviamente. Davanti alla pianta. È quella di bianco vestita. L’altra, quella verde, è la pianta. Come in una vecchia canzone, “Io Cerno la Meloni, la Cerno e non la trovo…”.
Parliamo onestamente: il governo italiano, in questa faccenda, non ha toccato palla. L’unica ombra in cui lavora è quella del presidente americano di turno, da cui riceviamo bacetti in fronte, o dazi nel didietro. In politica internazionale, contiamo meno di quanto conta il diritto internazionale secondo Tajani.
Montanelli diceva: “Quando non sai qual è la via del dovere, scegli la più difficile”. A tutti i direttori di testate che, ossimoricamente, si titolano Libero, o La Verità, auguro di poter tornare a scrivere, davvero, liberamente. Anche in favore del governo, di qualsiasi colore esso sia. Ma liberamente. Perché, sempre secondo Montanelli, “La servitù, in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi.” E ai lettori di queste testate ossimoriche, auguro di avere il tempo (con la T minuscola, me ne voglia pure il direttore Tommaso Chernobyl) di informarsi, senza la faziosità, di destra e di sinistra. Perché se la Verità (il giornale, non me ne voglia il direttore Belpietro) sta solo a destra, la Verità (dei fatti) non ha appartenenza politica e non si riassume in un titolo di Sechi.
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