Nelle scuole del Lazio i collegi docenti non devono parlare di Gaza. Ma questo genocidio ci riguarda
- Postato il 8 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Nei giorni scorsi i dirigenti scolastici laziali hanno ricevuto dalla Segreteria del Direttore Regionale Usr Lazio, A. P. Sabatini, la seguente comunicazione riservata:
Alla c. a. del Dirigente scolastico,
La rilevanza degli eventi geopolitici in corso è una tematica su cui si invitano le SS.LL. a garantire la massima serenità nell’organizzazione di occasioni di confronto e di dibattito nell’ambito delle occasioni didattiche. Tanto premesso, è necessario sottolineare l’esigenza di assicurare le specificità dei luoghi e dei momenti della vita scolastica, quali le riunioni degli organi collegiali, che devono essere esclusivamente finalizzate alla trattazione delle tematiche relative al buon funzionamento dell’istituzione scolastica e sottratte a qualunque altra finalità. Ovvero: il terrore corre sul filo.
Il terrore – soprattutto – che dilaghi da parte dei docenti italiani la necessità di assumersi la responsabilità di stigmatizzare, condannare, deprecare, contrastare il fallimento del diritto internazionale, il primato dell’economia e dell’Occidente, la miopia di governi balbettanti (così come delle istituzioni europee) che hanno portato al genocidio del popolo palestinese. In sostanza, di educare i propri alunni e alunne alla pace (e alla – ahimè – obsoleta pronuncia dell’art. 11 della Costituzione, “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”), al rispetto dei diritti umani, alla stessa umanità.
In altri termini: in classe potete lasciare un minimo di briglia sciolta alle iniziative dei docenti, ma gli organi collegiali – e, nello specifico, i collegi dei docenti – devono occuparsi solo del “buon funzionamento” della scuola. Situazione curiosa, per una serie di motivi.
Innanzitutto, senza entrare eccessivamente nel dettaglio e nei tecnicismi, l’assemblea di tutti i docenti della scuola, presieduta dal dirigente scolastico, ha potere deliberante in materia di funzionamento didattico dell’istituto, nel rispetto della libertà didattica e culturale di ogni singolo docente, oltre ad avere numerose altre prerogative (secondo il Testo Unico della scuola, dlgs 297/94, e successive integrazioni). Qualcosa di estremamente diverso e ben più ampio del “buon funzionamento della scuola”. Ma, ammesso pure che questa fantasiosa dizione possa interpretare il testo di legge che individua le funzioni del collegio, “il buon funzionamento della scuola” si misura certamente nella capacità che essa dovrebbe avere di educare cittadine/i consapevoli, in grado di leggere la realtà con gli strumenti delle discipline scolastiche e del pensiero critico analitico.
C’è poi la totale disattenzione all’art. 2 DPR 275/99 (autonomia scolastica), che è “garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana”. Un principio fondante, sorvolando qui l’enorme responsabilità che quella norma ha sulla deriva che la scuola ha assunto da allora.
Non scomodiamo manifestazioni, assemblee, iniziative di tutti i tipi che – dall’8 ottobre in poi, il giorno dopo la terribile strage di Hamas – hanno mosso e stanno muovendo donne e uomini di buona volontà, incapaci di portare avanti la propria vita più o meno comoda e agiata, certamente tutelata, mentre a poche migliaia di chilometri si compie lo scempio di una popolazione inerme, ad opera di un Paese – Israele – che impunemente persegue un disegno genocidario, uccidendo, amputando, affamando e assetando, braccando una popolazione ridotta all’agonia da due anni di massacro. Non una guerra, dunque, ma un esercito famelico e impietoso contro un’umanità allo sbando.
Ricordiamo invece i recenti interventi del presidente della Repubblica che, finalmente in maniera inequivocabile e reiterata, ha commentato i sedicenti “errori” compiuti dall’esercito israeliano.
Ecco, l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio sta invitando i dirigenti a fare in modo che i collegi dei docenti non si occupino nemmeno di quello che il Presidente della Repubblica denuncia ormai come un fatto non solo al di fuori del diritto, ma della stessa umanità. Ovvero, sta imponendo ad una parte della scuola della Repubblica italiana di abiurare al proprio mandato costituzionale, attraverso un atto coercitivo, cui ci auguriamo non tutti i dirigenti scolastici vorranno sottostare, rendendosi complici di questa odiosa richiesta di “neutralità”.
La storia non insegna nulla, lo sappiamo da sempre. Nel 1938 la gran parte dei docenti, dei direttori e dei presidi abbassarono gli occhi quando bambini e bambine, ragazzi e ragazze vennero allontanati dalla scuola italiana per il semplice fatto di essere ebrei.
Come docenti, soprattutto come docenti, ma come persone di scuola, e dunque anche come dirigenti, dovremmo odiare gli indifferenti: “Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia”. Antonio Gramsci fece di tale sentimento uno dei motivi della propria vita e della propria morte.
Noi, con i nostri figli ben nutriti e istruiti, i nostri frigoriferi pieni, la vita garantita dal nostro privilegio di nascita, la nostra cultura – soprattutto la nostra cultura – abbiamo e dobbiamo pretendere ora più che mai di assumerci la responsabilità di non girarci dall’altra parte, di non abbassare lo sguardo. Dobbiamo, al contrario, tenerlo alto, per guardare in faccia i nostri studenti e le nostre studentesse e dire loro: lo sterminio di un popolo ci riguarda e dobbiamo far sentire, insieme, le nostre voci. I vostri coetanei ormai da due anni sono privi di diritti: uccisi, straziati, traumatizzati in modo irreversibile, mutilati, privati del diritto all’istruzione.
Rifiutiamo l’irregimentazione nell’apatia e nella complicità che vergognosamente un’articolazione del Ministero dell’Istruzione e (ahimé) del Merito sta cercando di imporre. Molti di noi sono e vogliono essere, come recita uno dei documenti che circolano nei collegi e che tanto hanno terrorizzato l’Usr del Lazio, docenti pacefondai. Speriamo che anche i dirigenti scolastici, che oggi – nonostante alcune luminose eccezioni – dimostrano una pericolosa propensione all’obbedienza ai diktat del Mim (anche quando si tratta di testi non prescrittivi, come in questo caso) ricordino – prima di tutto – di essere uomini e donne, per giunta di scuola, e non rinuncino alla funzione di vigilanza su possibili compressioni della libertà dell’insegnamento, di cui il collegio dei docenti è organo supremo: dirigenti pacefondai.
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