Non date la colpa ai cittadini se il referendum ha fallito: la sinistra sia costruttiva

  • Postato il 10 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sarebbe molto superficiale limitarsi ad affermare che il fallimento di questi referendum abrogativi segna una crisi della democrazia italiana, magari incolpando i cittadini di essersi disinteressati rispetto a questioni che pure riguardano in maniera radicale la qualità della loro vita sociale (a cominciare dalle questioni dei diritti sul lavoro). Sarebbe superficiale innanzitutto perché più che di disinteresse dei cittadini bisognerebbe parlare di disaffezione e sfiducia nei confronti di una classe dirigente che, almeno negli ultimi quattro decenni, ha abbandonato le classi sociali più deboli e contribuito a smantellarne tutele e diritti.

Mi riferisco, purtroppo, alla classe dirigente sedicente di sinistra.

Perché sappiamo bene che la Destra – bene che vada – predilige gli interessi dei mercati nonché il valore della libertà individuale (anche egoistica) rispetto alla tutela della giustizia sociale e dell’uguaglianza dei diritti. Male che vada – come nel caso di un governo anzitutto di incompetenti e reazionari nostalgici quale è l’attuale, capitanato dalla Presidente Meloni – oltre alla cura degli interessi dei più ricchi, tale fazione politica opera anche per la discriminazione sociale delle categorie umane più fragili (immigrati, donne, persone sessualmente non binarie, individui appartenenti a civiltà o etnie non bianche e cristiane).

Della Destra sappiamo bene tutto questo. Ma sappiamo anche – perché ce lo insegna la Storia più funesta, quella a cui una certa Sinistra ipocrita e retorica finge di opporsi a suon di proclami antifascisti – che è proprio a tale Destra che il popolo si rivolge quando la Sinistra abdica al proprio dovere. Accadde negli anni tra le due guerre mondiali, quando il popolo, frustrato e prostrato in seguito alla crisi degli stati liberali (e del capitalismo selvaggio), ripose la propria fiducia disperata negli uomini forti dei regimi autocratici e totalitari.

Ma purtroppo sta accadendo anche oggi, dopo che a cavallo del passaggio di Millennio sono stati i governi di sinistra a smantellare lo stato sociale e democratico (da Prodi a Renzi in Italia, ma anche Blair in Gran Bretagna, Clinton negli Usa, Schroeder in Germania, Jospin in Francia, solo per fare gli esempi più illustri).

Sì, il grande capitale finanziario – oggi dominante anche politicamente, grazie allo strapotere assunto dai fondi di investimento (Black Rock, Vanguard e State Street) e dalle multinazionali del Big Tech – dopo il tornante storico decisivo del 1989, ha ben visto di assoldare quello che restava di una Sinistra che aveva subìto e non governato il crollo del comunismo, sfruttandone i dirigenti che dovevano accreditarsi presso il potere capitalistico per eseguire alcune leggi vergognose che neppure la Destra aveva mai avuto l’ardire di fare in tempi recenti.

Nello specifico di questi referendum, la pur ignobile Destra meloniana ha avuto gioco fin troppo facile nel ricordare ai promotori del referendum (in particolar modo il Pd, principale partito di opposizione) che da sinistra provenivano le leggi che hanno abolito l’articolo 18, o che sempre da quella parte politica proveniva il Titolo V, all’origine di molte disposizioni che hanno destrutturato lo stato sociale di novecentesca memoria (per non parlare della riforma del lavoro operata dall’allora ministro Treu, durante il primo governo Prodi, all’origine dell’arretramento di molte tutele e diritti per i lavoratori).

Non per caso il filosofo Emanuele Severino, in un libro scritto negli ultimi anni della sua vita (Il tramonto della politica. Considerazioni sul futuro del mondo, Mondadori, Milano 2017, p. 38), affermava che “nelle società capitalistiche la politica (ormai anche di sinistra), mira a garantire il miglior funzionamento dell’economia di mercato. Di fatto – concludeva il suo ragionamento il filosofo italiano – lo Stato non è più Stato politico ma Stato economico”.

Certo, si possono cambiare le idee e il Pd di Elly Schlein sembra voler rimettere in discussione molti degli assunti (e delle leggi) portati avanti dai suoi predecessori. Ma questo non basta per riconquistare la fiducia di una popolazione evidentemente delusa e sconfortata. Non è sufficiente mobilitarsi per abrogare delle leggi o delle misure promulgate e istituite nel passato più o meno recente. Se non si vuole Meloni al governo per i prossimi vent’anni – e personalmente ne farei volentieri a meno – la Sinistra deve sapersi rivelare anche costruttiva. Per esempio cominciando a lavorare su un programma di governo con proposte concrete e fattibili su come ricostruire lo stato sociale e i diritti dei lavoratori in un mondo sempre più a galassia finanziaria. Tutto il resto sono chiacchiere. E non è soltanto il popolo a non perdonartele, ma anche e soprattutto il tempo convulso e caotico in cui siamo piombati.

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Il Fatto Quotidiano

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