Non soltanto Cirque du Soleil: il circo vuole essere contemporaneo
- Postato il 29 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Non soltanto Cirque du Soleil. C’è un settore dello spettacolo dal vivo, denominatosi in prevalenza Circo contemporaneo, nel quale si sta manifestando un gran fermento di riflessioni, proposte ed esperienze differenti. Qualcosa di simile a quanto è accaduto in passato al mimo e alla danza, oltre ovviamente al teatro di ricerca. Ci consente di farcene un’idea un libro recente, Lettere aperte al circo, di Bauke Lievens e Sebastian Kann (Editoria&Spettacolo, 2024), che traduce testi di pochi anni fa.
Fra le diverse posizioni di un dibattito spesso acceso, si rintraccia un filo comune, consistente nell’aspirazione delle pratiche circensi, che hanno abbandonato da tempo il tendone e il nomadismo, così come quasi sempre l’uso degli animali, ad acquisire uno statuto autoriale e una maggiore solidità drammaturgica attraverso il dialogo con il teatro, la danza e la performance art.
In realtà si tratta di un processo che parte da lontano, con la Francia come terra d’elezione. Agli anni Settanta risale infatti la fondazione di due scuole, Grűss e Fratellini, animate già da istanze di rinnovamento, che nel decennio successivo portano al debutto ufficiale del Nouveau Cirque, con l’inaugurazione nel 1986 del Centre National des Arts du Cirque. Nello stesso periodo, nascono le prime grandi formazioni di Nouveau Cirque, dal Cirque Plume al Théâtre Equestre Zingaro, al Cirque Baroque (ma già nel 1971, ad Avignone, era iniziata l’avventura di quello che è oggi Le cirque Invisible, di Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thierrée).
In Italia bisogna invece aspettare gli anni Duemila. Gli apripista sono Gigi Cristoforetti, ideatore della Festa Internazionale del Circo Contemporaneo (2000), a Brescia, e Paolo Stratta a Torino, con alcuni tentativi di circo di regia. Un momento importante è stata la nascita, nel 2002, sotto la Mole, ad opera di Stratta e di Matteo Lo Prete, della Scuola di Nuovo Circo, che ben presto si divide in due realtà formative differenti, la Scuola di Cirko (oggi Fondazione Circo Vertigo) e la FLIC Scuola di circo.
Tuttavia, non vanno dimenticati alcuni antefatti significativi nel nostro Paese. Non soltanto – come ricorda Gaia Vimercati nell’Introduzione – l’onda lunga dello Juggling, che dall’America e dal Nord Europa arriva in Italia negli anni Novanta. A Bologna c’è una scuola di teatro, oggi Scuola Alessandra Galante Garrone (dal nome della fondatrice, allieva di Jacques Lecoq, scomparsa nel 2004), che alla fine dello stesso decennio ripensa la sua offerta formativa, cercando di fondere le tecniche teatrali e quelle circensi.
E andando più indietro nel tempo, non è possibile non ricordare le proposte di due artisti eccentrici di grande valore, come Leo Bassi e Bustric (Sergio Bini), che fra anni Settanta e Ottanta danno vita a minuscoli, raffinati circhi a misura di performer solista. Guardano molto, il primo, all’acrobatismo e al coevo teatro di strada; al trasformismo, alla giocoleria e alla prestidigitazione, il secondo.
Del resto, se dagli anni Settanta è prevalentemente il circo a guardare al teatro, in precedenza era accaduto il contrario. Per tanto tempo l’immaginario teatrale dei maestri del Novecento si è nutrito del riferimento a un’arte che appariva ai loro occhi come un modello di spettacolo popolare. Uno spettacolo che vive della relazione con gli spettatori e si caratterizza per l’assoluta centralità dell’artista del corpo (acrobata e clown, spesso riuniti nella stessa persona), l’artiste en saltimbanque esaltato da scrittori e pittori già nell’Ottocento.
Se Stanislavskij si confessava ammirato dall’acrobata, Mejerchol’d le tecniche circensi le introduce nella sua scuola e alcune di esse si ritroveranno nei famosi Studi di biomeccanica. La fascinazione teatrale per il clown meriterebbe poi un discorso a parte, che qui non è possibile fare. Basterà ricordare un solo episodio. Quando Jacques Copeau, padre del nuovo teatro francese, apre la sua scuola nel 1920, decide che i giovani allievi non possono fare a meno degli insegnamenti dei celebri clown Fratellini e li inserisce nel corpo docente. In realtà essi non misero mai piede nella scuola e furono gli allievi a spostarsi spesso sotto il tendone del circo Medrano.
Nel 1970, a ideale chiusura di oltre un secolo di fascinazione, due grandi spettacoli resero omaggio alla clownerie e all’acrobazia circensi: A midsummer Night’s Dream, di Shakespeare, regia di Peter Brook, e Les Clowns, del Théâtre du Soleil di Ariane Mnouchkine. Nello stesso anno, con I Clowns, Federico Fellini celebra da par suo uno struggente De profundis del circo, a cui partecipa l’ultima grande famiglia di clowns italiani, i Colombaioni. “Che sia questo l’avvio simbolico del Nouveau Cirque?”, si chiede Vimercati.
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