Ora che la pace è tornata di moda, eccoli tutti in fila per un posto sul carro dei pacifisti
- Postato il 15 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Angelo Palazzolo
Dopo che i rappresentanti del nostro governo hanno ripetutamente offeso e dileggiato il carro dei pacifisti, ora che la pace è tornata di moda, eccoli tutti in fila a reclamare un posto d’onore su quel carro.
Se quella di Gaza è una vera pace (e non una semplice tregua) ce lo dirà il tempo, al momento ha il sapore di una pace ingiusta e temporanea, tuttavia – a mio modesto avviso – la “pace giusta e duratura” è un’astrazione mentale astorica e spesso irrealistica, un’utopia che può indicare una meta ideale, ma che non dovrebbe determinare il concreto agire politico, quest’ultimo dovrebbe invece tendere al raggiungimento di risultati possibili e concreti.
L’attuale pantano in cui è precipitato il conflitto russo-ucraino dovrebbe farci riflettere: gli spiragli di pace che si erano aperti nella prima fase della guerra sono stati sabotati da coloro per cui “non si negozia con il nemico” affermazione avventata e del tutto opinabile (ma addirittura trasformata in legge da Zelensky) e dai “puristi” della pace: “pace sì, ma solo se giusta e duratura”. In ultima analisi, almeno nel conflitto russo-ucraino, questo integralismo si è rivelato un ostacolo tout court alla pace.
Conclusa questa divagazione, vorrei chiedere alla premier Meloni di chiarire in che modo il governo abbia contribuito a questa tregua. Al momento, la nostra Presidente del Consiglio si è limitata a dichiarare di aver dato “un contributo silenzioso e costante”. Affermazione quanto mai veritiera! Chi può negare infatti che sia stata in silenzio costante, quasi religioso, durante due anni di massacri?
Tornando seri, se vogliamo trovare un contribuito dato dal nostro Paese (non dal governo) a questa auspicata tregua, questo lo troviamo nella risonanza mediatica sollevata dall’iniziativa della Global Sumud Flotilla, dalle voci di dissenso dei manifestanti che hanno riempito le piazze europee, nonché dalla mossa politica di alcuni governi (purtroppo non il nostro) che hanno formalizzato all’assemblea Onu il riconoscimento dello Stato di Palestina, azione più simbolica che altro, ma che comunque è da leggere come una dichiarazione di intenti rispetto al progetto coloniale sionista.
Trump si è mosso (anche) perché ha capito che il popolo è capace di iniziative eclatanti, che non ha il controllo delle piazze, che non tutti i governi occidentali sono al servizio di Washington e, nello specifico, che non tutti i capi di governo (si legga, in primis, Pedro Sánchez) si genuflettono davanti al bullo di turno. Se Meloni ha prove per dimostrare che il suo governo ha avuto un ruolo rilevante per il raggiungimento del cessate il fuoco a Gaza le presenti, magari all’interno di una cornice a lei del tutto sconosciuta: una conferenza stampa.
Altrimenti, a chi voglia formarsi un’opinione del reale contributo che il nostro governo ha dato a questa tregua non rimane altro che considerare alcuni elementi concreti, ne indico due (piuttosto emblematici):
1) le foto alla cerimonia della firma del Piano di pace a Sharm el-Sheikh, dove la nostra Premier, in un’immagine, occupa l’ultima fila, in un’altra, è la più defilata sulla destra, sempre lontanissima dal centro della scena;
2) la gaffe – tanto comica quanto eloquente – del nostro ministro degli esteri Tajani che posta un video in cui due palestinesi gioiscono sventolando la bandiera italiana, facendo intendere che quei palestinesi stessero ringraziando il GOVERNO italiano, mentre stavano ringraziando il POPOLO italiano che manifestava CONTRO il governo italiano, così come rivendicato direttamente da chi ha divulgato quel video.
Presidente Meloni, ministro Tajani, fate la cortesia, scendete dal carro della pace che tanto avete disprezzato e salite sul carro che invece state contribuendo a costruire: il carro armato.
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