Perché il recente stop al famigerato progetto del Ponte sullo Stretto è facilmente aggirabile
- Postato il 3 novembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Che un progetto tanto sbrigativo non ottenesse l’avallo della magistratura contabile era perfino ovvio. Ma che non sarà la Corte dei Conti ad affossare un’opera ormai identitaria (per la Lega, meno per il governo) lo è altrettanto. Il recente stop al famigerato progetto Ponte sullo Stretto è facilmente aggirabile, o per via ordinaria – integrando le valutazioni mancanti – o ricorrendo al consueto “interesse pubblico superiore”, che obbligherebbe la Corte a registrare “con riserva” la delibera governativa e a sottoporla al voto parlamentare. Certo sarebbe una forzatura di cui il governo si assumerebbe la responsabilità qualora i conti non quadrassero, cosa assai probabile con le attuali stime di traffico, benché le conseguenze di un eventuale danno erariale ricadrebbero sulle prossime generazioni. Comunque sia, per quanto tortuose, le strade sono ancora tutte aperte.
Le motivazioni della Corte – disponibili tra un mese – ricalcheranno probabilmente i rilievi contenuti nella delibera del 24 settembre scorso, alle quali si presume che il governo sia stato inottemperante. In essa si contesta, tra l’altro, l’aumento di oltre il 50% del costo rispetto all’appalto del 2006, che imporrebbe una nuova gara internazionale; gli “imperativi motivi di interesse pubblico” che avevano velocizzato le procedure bypassando anche i vincoli ambientali imposti dalle normative europee e la mancata ottemperanza a svariate prescrizioni tecniche della delibera Cipe 66/2003.
Ci sono poi le richieste di chiarimenti in materia economica, a partire dal piano tariffario e dalle stime di traffico, per i quali avrebbero giovato i pareri (mancanti) dell’Autorità dei trasporti, del Consiglio superiore dei trasporti pubblici e del Nars-Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida sulla regolazione dei servizi pubblici, quest’ultimo previsto dalla legge 35/2003.
Le sei pagine fitte della Corte mettono in luce un pressapochismo (sul fronte governativo) che lascia interdetti e confermano tutti i dubbi di esperti e ambientalisti. Detto questo è presto, molto presto per trarre conclusioni. Non è la prima volta che viene negata la bollinatura in prima battuta, concessa invece per altri progetti non meno impattanti. Le stime di traffico e il piano tariffario del Ponte sono evidentemente fuori dalla realtà, almeno sulla base delle cifre disponibili (si veda l’ottimo articolo di Domenico Marino e Leonzio Rizzo su lavoce.info del 30 ottobre scorso), ma ciò nel nostro paese non è mai stato un problema. La Corte ha avallato infrastrutture con sovrastime anche maggiori (Tav Torino-Lione, Brebemi, Pedemontana) e dall’impatto ambientale decisamente comparabile se non superiore, una volta adempiuti tutti i passaggi tecnici e istituzionali.
Non dimentichiamo che la Corte dei Conti non entra nel merito dell’opera, ma ne controlla in via preventiva la conformità alla legge e la corretta gestione finanziaria. Qui ha fatto il suo lavoro e lo ha fatto bene, ma l’ultima parola spetta alla politica, sempre che non intervengano altre magistrature.
Può sembrare strano, ma il lungo iter decisionale di una grande opera non contempla organismi realmente indipendenti e vincolanti. La Corte dei Conti è indipendente, ma non vincolante sul destino del progetto. Le stesse analisi costi-benefici, inclusa quella del Ponte, mancano spesso dei requisiti di indipendenza, trasparenza e comparabilità (valutazione di possibili alternative, requisito previsto dalle linee guida del ministero). Per questo proliferano opere inutili.
Al di là delle stime di traffico e dell’impatto ambientale, che in omaggio alla tradizione nazionale passeranno senza drammi, guai maggiori potrebbero venire sul fronte ingegneristico e geologico. E qui mancano dati univoci, al di fuori degli esperti di Stretto di Messina Spa. Sempre che sia fattibile un’opera di quella portata (in mancanza di precedenti restano incognite sulla tenuta di alcune componenti, che andranno testate), è noto che sotto il ponte campeggiano faglie attive, già responsabili del devastante terremoto del 1908.
Sia l’Ispra che geologi di fama ed esperienza come Domenico Angelone e Carlo Doglioni hanno messo in guardia sui rischi sismici di quella zona, che potrebbero avere conseguenze molto superiori a quanto preventivato in sede progettuale. Mentre il dibattito scientifico è quantomeno aperto, la società risponde che il Ponte resterebbe in piedi in ogni caso. Magari collegando macerie, ma resterebbe in piedi. Anche qui urgono valutazioni indipendenti, trasparenti e comparabili.
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