Prima il Covid, ora Gaza e il riarmo: urge una riforma radicale della pubblica informazione

  • Postato il 11 luglio 2025
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di Sara Gandini e Paolo Bartolini

Chi, come noi, ha seguito con grande attenzione le dinamiche comunicative durante gli anni del caos pandemico, sa bene che i media (stampa, tv, testate di informazione online) non hanno svolto il compito di favorire una reale democrazia dell’informazione, per appiattirsi quasi totalmente sulle esigenze di controllo e propaganda dei decisori economici e politici. La criminalizzazione del dissenso, la retorica bellicista, l’invito a “ubbidire e combattere”, e ovviamente a fare “sacrifici” per il bene comune, hanno invaso e condizionato la percezione dei cittadini.

Oggi, in piena ascesa del sistema guerra, con grande danno per i popoli europei e super profitti per i mercanti di morte, possiamo solo confermare quella che era già una nostra convinzione: senza una riforma radicale dell’informazione pubblica non è possibile parlare di democrazia in Occidente. I doppi standard a cui assistiamo da anni, con l’incredibile sostegno alle politiche di espulsione forzata e violenza sistematica che lo Stato di Israele sta realizzando a Gaza e in Cisgiordania, rendono totalmente inaffidabili i sacerdoti della comunicazione contemporanea.

Si pensi, per fare un esempio, a come il report di Francesca Albanese sull’economia del genocidio sia stato ampiamente trascurato da quasi tutti gli organi di stampa. L’insistenza degli opinionisti filo-Nato su un’immaginaria invasione russa di là da venire è un altro esempio di macro-corruzione intellettuale nel nostro sistema radio-televisivo. Ce ne sarebbero migliaia ancora da ricordare, ma ci soffermiamo sulla questione cruciale del nostro tempo: la corsa al riarmo (necessaria per rilanciare economie esauste e settori dell’industria in crisi permanente) su cui puntano governi incapaci e subalterni agli interessi americani. Ovunque sia possibile disertare la narrazione del nemico alle porte, è necessario farlo, come lo era – ai tempi dell’evento Covid-19 – esercitare la ragione critica nonostante la marea montante di emozioni che stavano travolgendo la collettività.

Rimanere lucidi è un dovere etico, ma anche una forma di igiene mentale, perché sappiamo quanto il panico coltivato da chi orienta l’opinione pubblica possa indebolire le nostre capacità di riflessione e di azione. Oltre alle benemerite iniziative online che vedono nascere piccoli e appassionati poli di controinformazione, dovremmo pensare tutti insieme a una revisione radicale del sistema informativo italiano (e non solo). Certo partendo dal servizio pubblico, ma con attenzione anche all’uso tossico delle reti private. L’immaginario viene costruito ogni giorno, tra una pubblicità e l’altra, colonizzando i cuori e le anime di persone sempre più spaesate, sfiduciate e bisognose di una stella polare da seguire per uscire dal senso di catastrofe incombente che ci minaccia.

Qualsiasi partito e/o coalizione intenda presentarsi agli elettori e ricevere consenso, dovrà includere una proposta di riforma che tuteli la libera espressione, il diritto di critica e l’approfondimento di qualità. È vero che i social hanno contribuito a diffondere odio e notizie false. Ma pensiamo che i primi a spargere odio, confusione e bugie siano proprio i grandi mezzi di comunicazione. Neutralizzarli e restituire ai cittadini il diritto a una buona informazione ci sembra una priorità assoluta. Come riuscirci è una questione difficile che richiederà l’impegno coordinato di tanti soggetti, inclusi i giornalisti che ancora resistono alla tentazione di ripetere pedissequamente gli ordini ricevuti dall’alto.

Avere qualche buon esempio aiuta per cui ci teniamo a nominare Il Fatto Quotidiano, che ha mostrato coraggio e apertura, dalla pandemia alle emergenze attuali (sempre più di moda), ma anche la Fionda, ovviamente con proporzioni differenti. E poi dovremmo assumerci anche la responsabilità di prenderci in mano la comunicazione ma soprattutto la lettura critica delle notizie e della realtà, sui social e attraverso i blog ad esempio, come ci permette di fare ilfattoquotidiano.it.

In tempi di guerra, non possiamo semplicemente accettare senza discutere le nuove priorità militari imposte dalle élite politico-economiche, come vorrebbe l’Unione Europea. Riprendiamoci gli spazi di discussione, ognuno nel contesto in cui è. Quella che una volta si chiamava politica dal basso, politica partendo da sé e dalle relazioni, l’unica su cui si può sperare e in cui il desiderio ha potenzialità rivoluzionarie. L’abbiamo visto anche durante la pandemia, da Pillole di ottimismo a Goccia a Goccia, due spazi virtuali su Facebook che hanno avuto ripercussioni concrete e significative sulla vita delle persone, da una comunicazione meno allarmistica alla riapertura delle scuole nel 2021. Non si tratta quindi di utopia ma di possibilità concrete, qui e ora.

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Il Fatto Quotidiano

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